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Quel giorno con Pierino

Dopo i Mondiali di Garmisch del ‘78, il presidente Fisi Arrigo Gattai non andava più d’accordo con Mario Cotelli e mi aveva pregato di prendere in mano la direzione delle squadre. Gli dissi subito che occorreva almeno un biennio per rimettere un po’ di ordine. Perché devo dire, e chi ricorda quel periodo lo sa bene a cominciare da Paolo De Chiesa che era presente (cito lui perché oggi appartiene all’attualità dello sci), nelle squadre regnava l’anarchia più assoluta. Mi riferisco a quella situazione che lo stesso Cotelli volle far vedere nel film «Per un centesimo di secondo». C’era maretta anche nel settore femminile anche perché, che io sappia, Mario raramente si era presentato a una gara di Coppa del Mondo femminile.

Erich Demetz assieme all'ex Presidente Fisi Arrigo Gattai
Erich Demetz assieme all’ex Presidente Fisi Arrigo Gattai

Ricordo quel giorno di dicembre, quando ero delegato Fis a una gara di Coppa del Mondo in Val d’Isère. Il mio albergo era vicino a quello degli azzurri, così sono andato a cenare con i ragazzi. Mi ero messo al tavolo con loro. Poi vidi Mario intento a riempire il piatto degli antipasti e avvicinarsi a noi, visto che c’era ancora un posto libero. Bene, appena prese posto, gli atleti, uno a uno, si alzarono per cambiare tavolo. Pierino Gros calcò anche la mano, ma non posso dire ciò che disse in quel momento. La rottura era totale. I risultati non arrivavano più. Poi Mario, al quale voglio un bene dell’anima, in quel periodo amava mettersi abbastanza in mostra. Era più intento a tenere accesa la luce sulla squadra più che occuparsi della sua gestione. Insomma, aveva perduto ogni tipo di influenza sulla squadra. Non c’erano interessi diversi, solo umani, comportamentali. L’unico che manteneva un equilibrio, diciamo di stabilità, era Gustavo Thöni. Mi rendevo conto che qualcosa bisognava pur fare, perché la situazione stava prendendo davvero una brutta piega. Allora tornai da Gattai e accettai la sua proposta nominando come vice Sepp Messner per gli uomini e Daniele Cimini per le donne. Non c’era tempo da perdere così radunai la squadra maschile allo Stelvio.

Erich assieme a Seppe Messner
Erich assieme a Seppe Messner

Sostanzialmente dissi ai ragazzi che da quel momento si ricominciava tutto da capo, con la massima serietà. Insomma, un vero e proprio predicozzo! In tutta risposta uno del gruppo – ma mi guardo bene dal fare nomi – disse: «Ma non potremmo depositare i soldi che vinciamo su un conto svizzero?». Mi sono detto, ah… andiamo bene, se questa è la prima osservazione sollevata dopo le mie parole…
Ricordo come fosse ieri che erano seduti tutti a semicerchio. A un certo punto entra Gustavo, prende una sedia e interrompe quel disegno, mettendosi un po’ in disparte. Questo per me era un segnale. Mi aveva fatto capire «Non con me, Io non c’entro!». Continuo con il mio sermone, lascio spazio a un paio di domande e poi comunico il programma del giorno dopo: «Domani colazione alle otto e alle nove e mezza tutti allo skilift della Geister per fare slalom».

Erich e uno dei suoi celebri "predicozzi"
Erich e uno dei suoi celebri “predicozzi”

Pierino si alza e fa per uscire dalla stanza. Ma poi si ferma e fa in tempo a rivolgersi ad Arrigoni, allenatore degli slalomisti, per dire: «Io domani non vengo su perché ho male a un ginocchio». Allora mi alzo e lo fermo: «Pierino, se tu hai male a un ginocchio, non lo dici ad Arrigoni, ma ti rivolgi al medico, ti fai visitare e vediamo qual è il responso, se ti puoi allenare o se devi stare a riposo. Se ti va bene è così, altrimenti domattina prendi la tua macchina e vai a casa a curarti». Naturalmente, col temperamento che aveva,

Erich nel giardino di Casa
Erich nel giardino di Casa

Pierino si offese tantissimo e senza dire una parola uscì dalla stanza chiudendo la porta. Il giorno dopo, all’ora della colazione, ci ritroviamo faccia a faccia in un corridoio, ma lui tira via senza salutarmi. Allora lo chiamo e senza mezzi termini gli dico: «Pierino, allora facciamo così, ora tu vai a casa subito e ritorni qui soltanto quando tornerai a salutare. Non prima». Se si era offeso il giorno prima, figuratevi ora! Alla fine anche lui andò ad allenarsi, ma il giorno dopo mi ferma Paolo De Chiesa: «Erich ti posso parlare? Pierino questa notte non ha dormito neanche un minuto. C’è rimasto malissimo perché tu lo hai offeso». Ed io:

Erich Demetz con Sepp Messner che gli successe dopo i Mondiali di Innsbruck
Erich Demetz con Sepp Messner che gli successe dopo i Mondiali di Innsbruck

«Paolo, caro mio, così no, non con me». Insomma, ho dovuto sgomitare un po’, a volte anche contro natura, ma si doveva recuperare una situazione che stava degenerando. L’ago della bilancia era Gustavo che andava a dormire a Trafoi, a pochi chilometri dal Passo, ma alle 8 era lì, davanti allo skilift. Una cosa era comunque certa, i ragazzi non amavano il mio modo di fare! Addirittura alcuni di loro andarono da Gattai per lamentarsi anche se poi il presidente molto democraticamente rispose: «Demetz rimane lì, voi potete decidere se andarvene o stare. Fate voi». Devo dire che Arrigo aveva una grande fiducia nei miei confronti. Insomma, piano piano, la situazione andò migliorando. Ma poi non stiamo mica parlando di naja, ma di semplice disciplina di squadra.
Naturalmente sono andato anche a far visita alla squadra femminile, una gran bella squadra, con Claudia Giordani, Daniela Zini, Paola Magoni, la Ninna, la Macchi… Anche lì non c’era un bel clima. La loro portavoce era Wilma Gatta, e a ragion veduta lamentava la totale assenza di mezzi. In effetti gli allenatori non avevano nemmeno le radioline, tanto che gli prestai quelle che avevo in dotazione dal Comitato di Coppa della Val Gardena! Qui, devo dire, la situazione era sì calda per non dire bollente, ma le ragazze avevano ragione e non si lamentavano per capricci. Nonostante questo stava nascendo la Valanga Rosa. E quel momento me lo sono proprio goduto. Ho mantenuto il ruolo di direttore agonistico per due anni, fino alle Olimpiadi di Lake Placid, dove purtroppo non siamo riusciti a vincere una medaglia. Herberth Plank, che era sempre tra i primi tre, il giorno della discesa si classificò al sesto posto, la Ninna quarta. Comunque avevo già deciso che dopo i Giochi avrei lasciato l’incarico. Così le squadre rimasero nelle mani di Messner e di Cimini. Daniele non era solito andare da Gattai per risolvere i problemi. In genere veniva prima da me anche se io ormai ero fuori. Mi chiamava a casa. Una volta rispose mia figlia Stefania che era ancora piccolina, ma quel giorno la vidi in lacrime. Mi raccontò che Daniele si era indispettito per il fatto che aveva storpiato un po’ il suo nome. Lo aveva chiamato «Scemini!» Ma non era nulla al confronto di quando chiamò Serge Lang, patron della Coppa del Mondo. Lei aveva capito «sehr schlank» che in tedesco significa «molto magro» ma foneticamente è simile a Serge Lang. «Insomma – le chiesi con un tono da padre un po’ spazientito – vuoi dirmi chi mi ha cercato?». E la Stefi: «Non me l’ha voluto dire. Ha solo ripetuto un sacco di volte che era molto magro!»

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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