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Sabrina Zunino, la guida che “Balla coi lupi”

Sabrina Zunino, la guida che “Balla coi lupi”
C’è Niai, Hannie e Sabrina Zunino. Due lupi cecoslovacchi e una ragazza di 38 anni di Savona che vivono assieme in simbiosi con la neve e la montagna. Niai e Hannie si adeguerebbero anche alle Maldive, probabilmente, invece il destino gli ha offerto una situazione totalmente bianca. Comunque sia, la loro non è di sicuro quella che si dice una vita da cani.

Niai, la mamma dieci anni e Hannie, la figlia sei anni, non sono cani come tanti altri. Sabrina è chiamata a instaurare un rapporto simile a quello che esiste all’interno di un branco di lupi. Il tempo da dedicargli è assoluto, come fossero figli. Per una professionista che passa le giornate a scalare, arrampicare e sciare non ci sono alternative, deve portarseli dietro.

Aveva pochi mesi Niai quando arrivò a casa mia. È nato immediatamente un amore sviscerale. Al punto che quando è stato il momento di partorire l’ho aiutata io. Ho aperto il sacco e hanno visto la luce tre lupacchiotti. La primogenita è Hannie, i due maschietti hanno trovato altri padroni”.

Vivono sulla neve?
Sulla neve? Nel letto con me! Fanno la stessa mia vita di famiglia. Aveva appena 4 mesi Niai quando ha fatto la sua prima escursione. Era la prima volta anche per me, dunque abbiamo iniziato assieme questa magnifica avventura.

Un passo indietro. Sabrina Zunino è un’aspirante Guida. Da ragazzina faceva gare fino a livello Fis, slalom gigante e discesa. Non è riuscita a sfondare con l’agonismo perché il fuoripista la distraeva più dei pali. Tanto è vero che le discese in powder hanno raggiunto un grado di difficoltà sempre maggiore, fin quando si è trovata a dover imparare a gestire l’equilibrio in volo. Salti di un certo tipo che l’hanno portata ad avvicinarsi gradualmente al freestyle. Così eccola entrare in squadra, impegnata in competizioni di Coppa Europa per tre anni. Nel frattempo a 18 anni diventa maestra e i seguito allenatrice federale. Ma sempre con lo sguardo rivolto verso quei pendii illibati, visti come oggetto di conquista e di sfida. Capisce che per arrivare in cima e goderne poi la discesa avrebbe dovuto imparare a scalare. Così entra anche in questo mondo, quello delle Guide. Il percorso è lungo. Presenta il suo curriculum alla commissione tecnica che le concede di presentarsi alle selezioni. Le passa e inizia il corso di Aspirante Guida che dura due anni. Supera gli esami e ora può insegnare in Italia. Dopo altri due anni il Collegio delle Guide Alpine la nominerà Guida a tutti gli effetti e sarà abilitata a insegnare in tutto il mondo.

Anche Niai e Hannie sono aspiranti guide?
Hem… non ancora, ma sono già in grado di cavarsela benissimo in ogni situazione. La mia palestra è il Monviso. Quel giorno avevo deciso di affrontare una parete con la corda. Niai era con me e l’avevo lasciata ai piedi di quella roccia verticale, a curare zaino e altro equipaggiamento che non mi serviva. Raggiunta la cima vedo spuntare il suo muso dall’alto. Mi aveva preceduto. Come avesse fatto e da dove fosse passata rimane ancora oggi un mistero. Diciamo che ha aperto una sua via in totale solitaria!

Perché hai scelto una razza così complicata?
Più che complicata direi complessa. Non saprei, le cose accadono. Ma devo dire che ci siamo proprio trovate. Alla fin fine loro sono come me ed io un po’ come loro.

Che tipo di cani sono?
È una razza nata nell’esercito dell’ex Cecoslovacchia, veniva impiegata come cane da difesa di confine, quindi si è evoluta proprio in ambito militare. Diciamo che è un incrocio tra il pastore tedesco e il lupo selvatico.

Sono più cani o lupi?
Nelle cucciolate i cani non si amalgamano, nascono cioè più lupi o più cagnotti. Rispetto però al classico lupo selvatico, la selezione li ha portati a essere cani. Ma non sono tutti uguali. La mamma ad esempio è più molto lupo. Se vede un coniglio lo insegue, lo prende e lo mangia. Ha l’istinto della predazione completa, così come quella del territorio. Sono cani gerarchici e cercano un ruolo nella loro famiglia. Se ci sono cinque individui loro si bilanciano per cercare le loro caratteristiche. Così Niai è schiva e timida, mai rissosa, non abbaia, ma se è attaccata, morde. Hannie è una casinista, abbaia, vocalizza, se vede un altro cane borbotta, ma dopo pochi istanti trova subito un accordo e non finisce più di giocare.

L’essere umano non ha una grande confidenza con i lupi. Vogliamo parlare di cappuccetto rosso?
Parlerei di più di Balla coi lupi. Dove si svela la fedeltà al gruppo, la comunicazione con la natura, perspicacia. Dove si capisce che il lupo uccide per fame ma non uccide gratuitamente per istinto omicida. Quella è la nostra parte nascosta inconscia non ascoltata, quindi il falso lupo su cui si sono cimentati tanti, da Freud a Jung!

Insomma, ti senti un po’ Kevin Kostner?
Non esageriamo, però non ti nascondo che l’intensità di emozioni che provo. un po’ si riscontrano in quel film capolavoro. Lo sci alpinismo è fatto di ritmi lenti e ragionati. Mi ritrovo spesso solitaria in mezzo al nulla. Quel nulla che poi si trasforma in un tutto con la natura piena di piccole immense cose. E allora, solcando la neve cristallina nel silenzio con Niai e Hannie al mio fianco vivo vere e proprie scene da antologia. Ecco ci sono momenti in cui metaforicamente ballo con loro.

Nelle tue escursioni ti seguono sempre?
Sempre! Niai è una disgraziata. Mai una volta che batta traccia! Si mette sempre dietro. È come se volesse dire: “Hai voluto venire qui, adesso sono cavoli tuoi”. Hannie invece ha capito il concetto della traccia e ogni tanto mi dà il cambio.

Non si stancano mai?
Non lo so, ma non credo. In realtà non le ho ancora viste con la lingua di fuori stremate. In salita non mi sono mai dovuta fermare. Cosa che ovviamente capita in discesa perché con gli sci sono decisamente più veloce di loro.

Hanno dei loro percorsi preferiti?
Va bene qualsiasi posto, ma a loro importa solo una cosa, rimanere tutti e tre assieme.

Ma quanto state fuori? Una, due ore?
Un’ora, due o anche più giorni!

Più giorni?
Ci fermiamo nei rifugi o nei bivacchi. A seconda di dove vado mi organizzo per portarmi dietro il cibo anche per loro. Ci sono poi tour dove accettano anche i cani, sia per dormire che per il cibo. Bisogna informarsi se nel posto dove vuoi dormire, i cani sono ben accetti, come fosse un hotel normale. Poi bisogna anche verificare se il percorso che decidi di seguire non ha regole che vietano il passaggio dei cani. In molti parchi è così.

Ti sei mai trovata in condizioni difficili o di pericolo?
Una volta. Ero finita in un canale molto ripido e soprattutto ghiacciato quando mi aspettavo di trovare polvere. Ho risolto infilando i ramponi e portandole giù una volta. Non c’era in realtà pericolo, ma che fatica! Questa però te la racconto. Stavo scendendo da uno dei canali sul versante Nord del Monte Mondolè con le mie compagne pelose. Verso la fine della parete nella sua parte più ripida, l’itinerario diventava tortuoso fra salti di roccia e arbusti, prima di aprirsi nuovamente e ricongiungersi al comprensorio.

In quel tratto, ormai visibile dagli impianti, iniziai a rallentare per aspettare Niai e Hannie e, appena sbucate anche loro nel canalino giusto, ripresi la corsa dritta al fine di prendere il giusto abbrivio per non piantarmi nel tratto pianeggiante una cinquantina di metri più sotto. Arrivata così in prossimità di una seggiovia, ovviamente chiusa, vidi corrermi incontro, trafelato, un ragazzo, con un’espressione preoccupatissima in volto:Stai bene?’ mi chiese, «Ho visto che ti inseguivano due lupi, ti hanno fatto del male?“.

Usi parole particolare per farti capire?
I normali comandi che si danno ai cani, tipo “Terra, resta, vieni…”. A volta mi metto a fare veri e proprio discorsi, tipo, “accidenti a te, cane stai buono!”. Dipende dal tono di voce che si usa. Se vedo che si girano dall’altra parte, divento un po’ più perentoria. Diciamo che in una situazione di pseudo emergenza, obbediscono subito perché capiscono il contesto. Se c’è pieno relax allora se la prendono un po’ più comoda.

Ne trovi altri di cani nelle tue escursioni?
Una volta stavamo facendo il tour del Monviso e abbiamo dormito in un rifugio e lì ne abbiamo trovato uno. Ma anche in qualche tour scialpinistico. Pochi ma si incontrano, specie nelle gite facili. In quelle più impegnative, mai incontrato uno.

Quando ti arrampichi, loro ti aspettano sotto?
Sì dove lascio gli zaini. Mi porto via le cose essenziali e loro rimangono lì.

Sei diventata ambassador di Atomic, lo sono anche loro?
Eh prima devono fare il mio stesso percorso però. Sai come ci sono arrivata vero? Proprio in occasione dei Test di Sciare. Avevo fatto amicizia con uno sci da freeride e chiesi informazioni più precise a Mario Vuerich, referente dell’azienda alle prove materiali. Da lì è nato un rapporto sempre più intenso, un interscambio di relazioni di grande qualità tecnica. Ed ecco qui, membra di un team di professionisti che sta elevando la mia vita nel settore che amo.

Cosa significa essere ambassador di un’azienda
Ovviamente trasferisco i miei feedback perché l’attrezzatura diventi sempre più performante. In realtà metto sul tavolo non solo sensazioni sullo sci o lo scarpone. Il progettista deve capire tutto dell’utilizzatore finale. Quindi cerco di trasferire ciò che provo quando affronto un’escursione. E perché lo sci in ogni sua declinazione mi ha donato una prospettiva inusuale ed emozionante della vita. Fatta di volontà e passione. Non nascondo che con questo ruolo provilegiato, mi piacerebbe riuscire a trasmettere il mio sentire ad altre persone”.

Il “sentire” di Atomic Backland?
“Esattamente. Il risultato di tutto per me è uscire di casa, scegliere l’itinerario giusto e utilizzare gli attrezzi con i quali mi trovo meglio. Sci Backland 85 UL, scarpone Backland PRO e zaino Backland 35”.

Già, uscire di casa..
“La domanda sul lockdown non vale! La montagna è da sempre sinonimo di libertà, natura incontaminata ed esplorazione, lontano dalla calca e dagli standard più convenzionali. Chiunque, come me, ne sia stato pienamente assorbito e ne senta dentro lo spirito, difficilmente vede di buon grado imposizioni non sempre coerenti”.

Chiudiamola in positivo, cosa ti senti di consigliare alle ragazze e donne che vogliono cimentarsi nello scialpinismo?
“Abbiate sempre fame di vita e di esperienze che facciano ‘sorridere l’anima’! Lo scialpinismo rispecchia in pieno questo tipo di mentalità.

Dobbiamo però ricordarci che l’alpinismo si pratica in un ambiente non controllato e, di conseguenza, le nozioni di sicurezza sono importantissime! Non posso, perciò, esimermi dal ‘momento pubblicità’: iniziate a praticarlo con una Guida Alpina… e possibilmente con la sottoscritta”.

Sabrina Zunino non è più quella bambina che nel suo primo giorno di sci incontrò coetanei tutti vestiti uguali, i colori dello sci club Prato Nevoso. Da lì è iniziata una storia meravigliosa che si è evoluta fino a raggiungere una simbiosi con la natura assoluta. La complicità di Niai e Hannie rende tutto ancora più affascinante. Sabrina la racconta quotidianamente sul suo sito web www.sabrinamountainguide.com. Seguitela se volete “ballare coi lupi” assieme a lei e prendere nota dei servizi che organizza come A. Guida alpina.


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About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).