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Azzurri allo Stelvio, e tutti gli altri? Risponde Umberto Capitani

La notizia che gli Azzurri si alleneranno allo Stelvio dal 1° al 30 giugno ha fatto scattare una domanda spontanea: e tutti gli altri? Risponde Umberto Capitani, direttore degli impianti Sifas che abbiamo raggiunto poco fa. Tra l’altro Umberto quest’anno compie il suo ventesimo anno di direzione sul ghiacciaio. Una posizione non propriamente comoda la sua, per lo meno non così invidiabile.

Subisce da diverse settimane pressioni specialmente dal settore agonistico di mezza Europa per dare informazioni, sapendo che dagli impianti dipendono tante cose. L’ultima è quella del divertimento, la prima, probabilmente è quella di consentire a una certa economia di rimettersi in moto. Alberghi, allenatori, sci club, aziende del nostro mondo. Dunque la sussistenza di tantissime famiglie dipende dall’apertura dello Stelvio.

Dall’altra parte esiste il fattore sicurezza e tutela sanitaria che presuppone un carico di responsabilità non indifferente. E non ultima la totale incertezza su ciò che si può e non si può fare. Rischio d’impresa, reputazione e coscienza si mischiano complicando ogni cosa. Così abbiamo messo tutto assieme rivolgendo a Capitani una serie di domande utili per comprendere qual è la reale situazione.

Per gli appassionati sei lo sciatore più invidiato d’Italia: hai messo piede sulla neve come Armstrong toccò la luna il 20 luglio del ’69!
Sotto questo punto di vista è probabile. Devo dire che è stato proprio un bel momento. Prima il sorvolo in elicottero, poi la discesa sul gatto dalla cima fino alla fine della stradina. Infine 8, 9 chilometri a piedi fino alle Jeep. Per tutto il resto, invece, ho qualche dubbio.

Sei salito pochi giorni fa e dalle immagini che abbiamo visto non sembra ci sia tantissima neve…
Varia tra i due e i tre metri. Sicuramente è stato un inverno molto ventoso. Lo abbiamo notato da diversi accumuli in alcune zone del ghiacciaio. La cosa positiva è che si tratta di una neve di ottima qualità. È molto dura, come cemento armato. È così grazie alle abbondanti nevicate di inizio novembre. Ha fatto a tempo a trasformarsi e oggi è davvero molto buona. Poi, naturalmente bisognerà vedere come saranno le temperature nei mesi estivi.

Invece quanta neve c’è sulla strada versante Bormio e Val Venosta?
Ce n’è, ce n’è, ma le stanno liberando entrambe. Gli diamo una mano anche noi. Portiamo lo strato di neve fino a un metro, per consentire agli addetti della manutenzione stradale di completare il lavoro con la fresa.

Ora spegniamo i motori e veniamo al nocciolo della questione. Tra quanto potresti aprire?
Considerando i primi giorni di lavoro, considera 4/5 settimane. Avremmo voluto dare il via appena dopo Pasqua per aprire il 30 maggio, anche perché il 28 era prevista una tappa del Giro d’Italia. E devo dire che c’era molta attesa dopo quella splendida tappa del 2017… Quindi diciamo per metà giugno noi saremmo anche pronti. Rimaniamo in attesa di sapere qualcosa dal Governo.

Considerando il distanziamento, di quante persone stiamo parlando?
In tempi normali la media giornaliera è tra le 550 e le 650 persone. Significa che possono essercene 1.000 o 300. Naturalmente parlo di utenti che usufruiscono degli impianti. È capitato anche di aver visto salire solo una decina di persone, perché sai, quando sei un servizio pubblico apri e basta.

Si chiama rischio d’impresa…
Esattamente, fattore che io ora non calcolo perché voglio aprire! Pur sapendo che certamente non sarà una delle migliori stagioni dello Stelvio. Insomma, se ce lo consentono, ci proviamo. Credo sia più rischioso tenere chiuso.

Potrebbe essere una soluzione pensare a un numero chiuso? Ad esempio, 300 sciatori al giorno e non di più?
Non lo escludo, ma è una cosa molto difficile da ipotizzare. Lato economico: se sale una persona o mille è un nostro rischio d’impresa, come dicevamo prima. Se esiste un numero chiuso i costi cambiano e allora si fa dura. Lato professionale: il numero chiuso non mi piace perché mi dà l’idea di poter dare un servizio a solo pochi eletti. Ma dico anche questo, sempre che ci diano il permesso di aprire: credo che ci sarebbe una selezione naturale. Se non altro perché la funivia non potrebbe assicurare la capienza normale. Si fa presto, se la funivia la paragoniamo a un autobus, se non sbaglio il provvedimento parla di una capienza del 50% della portata.

Potresti pensare a uno scaglionamento?
Questo sì, in funzione di logiche. Ipotizzo: le squadre nazionali salgono alle 6.30. Comitati, corso maestri, alle 7.30 e poi con un ordine da stabilire, gli sci club, quindi le scuole sci e i privati. È inutile mettere in coda un bambinetto di 10 anni alle 6 del mattino. Si presenta a una fascia oraria stabilita, ad esempio alle 8.30 o alle 9 e scia fino alle 12.30. In questo modo si evita l’assembramento.

Questo a onore di logica, poi c’è da interpretare la nostra giurisprudenza. Dal momento che un utente acquista uno skipass, che sia un atleta della squadra nazionale o un principiante, ha gli stessi diritti di chiunque altro. Poi è vero, stiamo parlando nella quasi totalità di addetti ai lavori e alcune scelte sono facilmente condivisibili.

Seppur con un programma di risalita organizzato il rischio coda, dunque assembramento, c’è sempre. Hai idee su come regolarizzarla?
Il piazzale è grande e come si fa per interrompere la forza delle acque del torrente, creiamo delle anse, da seguire. Non lasciamo uno spazio aperto che invita a “uno addosso all’altro” per arrivare prima davanti al tornello. Corridoi delimitati da transenne e nel tragitto potrei mettere dei distanziatori con cartelli o segni colorati sul terreno. Ricordiamoci che non siamo in città, ma in un ambiente alpino, ad alta quota e pertanto difficile.

E sulle piste per prendere gli skilift?
Qui ci vuole la totale collaborazione degli allenatori dei club. Se invece il tecnico accompagna all’impianti i suoi e li incolonna rigorosamente a scaletta tenendoli a un metro e mezzo di distanza, il problema non c’è. Non sto dicendo una cosa folle. Quando lo Stelvio era ben più frequentato di adesso, parlo degli Anni 90, si faceva così.

È il modo migliore per non farsi passare davanti e per ottenere una coda ordinata. Se invece l’allenatore rimane fermo a metà e fa girare i suoi, la vedo sinceramente un po’ dura. Li puoi catechizzare finché vuoi, ma da un bambinetto non si può pretendere che ragioni come un adulto responsabile. Come misuratore di distanza gli sciatori hanno anche i bastoncini!

Questione hotel…
Non voglio sbilanciarmi perché è ancora tutto molto fumoso. Ho un pensiero, ma potrei essere smentito in qualsiasi momento. E sto parlando come direttore degli impianti e non come albergatore. Mischiare le cose è antipatico. Posso dire quello che è una mia personalissima idea delle cose. Ci sono varie versioni. Una dice che più di una persona per camera non si può mettere. Un’altra permetterebbe ai parenti la condivisione. Un’altra ancora, in doppia ma con le distanze di sicurezza tra un letto e l’altro.

Dobbiamo aspettare le normative. Il problema della ristorazione lo risolvi facendo i turni. Certo è che si devono proprio cambiare le abitudini. Si va a tavola solo per mangiare in un determinato tempo, o meglio, senza perdite di tempo. E il turno potrebbe agganciarsi al programma legato alla risalita o dal momento in cui ti sei presentato in pista. Non potrà essere così matematico o scientifico, ma con l’aiuto di tutti il sistema potrebbe funzionare.

Qualora si potesse aprire a luglio, lo stato della neve sarebbe migliore per il fatto di non essere stata – passami il termine – “sciata” per un mese, rispetto alla normalità?
Detto che spero di aprire prima, sarebbe uguale. La quantità di neve cala sia che si scii o che rimanga tutto fermo. Lo abbiamo notato in passato confrontando le piste con i punti in cui non tocchiamo la neve. La differenza è il colore. Il vento, le piogge e le correnti d’aria portano sabbia e terra che si deposita sul terreno. La battitura delle piste con i gatti riporta la neve nel suo colore naturale.

E se lo Stelvio potesse aprire soltanto a settembre?
Preferisco non pensare a una cosa del genere e alcuni aspetti dipendono anche dalle pieghe che prenderanno le disposizioni in materia economica legate al Coronavirus. Comunque sia pochi giorni fa, come sempre, ho firmato i contratti di lavoro che scadranno a novembre. Se non ci lasceranno aprire vorrà dire che impiegherò il personale per dedicarmi a una manutenzione straordinaria delle strutture e alle revisioni. E arriveremo a settembre pronti con il vestito della festa.

Magari tenendo aperto un po’ di più?
Lo Stelvio è stato concepito come una malga estiva. I primi anni si apriva a giugno e si chiudeva il 15 settembre. Cambiano le abitudini, i metodi, il clima, il mondo… la chiusura si è protratta fino ai primi di novembre. Si potrebbe andare avanti ancora un po’ se rimanesse però aperta la strada. Ma non è l’unico ostacolo.

Bisognerebbe mettere mano ai servizi basici dello Stelvio. Il funzionamento degli alberghi, dell’acquedotto e della fognatura è stato concepito per il periodo estivo. Un conto è tenere aperte le ancore per qualche giorno in più per un pubblico ridotto. Altra faccenda se diventa tutto ufficiale.

Se però a una determinata data le due strade chiudono ci sarà pur un motivo.
Non è solo per le valanghe. Quelle le tieni d’occhio, le gestisci. Il vero problema è il vento e il ghiaccio. Nevica, passa lo spalaneve e pulisce la strada, ma quando c’è aria, da queste parti, dopo 10 minuti sei al punto di prima, se non peggio.

Ora, se mi blocco io non accade nulla, mi fermo e aspetto, perché sinceramente avrei più timore di rimanere in panne alle tre del mattino in una zona periferica di Milano. Ma se capita a qualcuno meno abituato possono verificarsi situazioni di panico. E mi fermo qui. Dunque, per rispondere alla tua considerazione, si potrebbe anche ma con la consapevolezza che la strada potrebbe rimanere chiusa per qualche giorno senza preavviso.

Hai pensato a quali misure potresti adottare per garantire la massima sicurezza, distanze a parte?
Prima cosa, ognuno deve pensare a se stesso con piena responsabilità. Senza questo non si va da nessuna parte. Intendo dire, nei punti di raccolta, sempre i guanti indossati, casco, maschera e mascherina o similari.

Per la sanificazione degli ambienti attendiamo le disposizioni. Si consideri che siamo sotto gli otto minuti di risalita e le cabine sono sempre molto arieggiate. Ma questo è proprio l’ultimo dei problemi.

Per noi la sicurezza è sempre arrivata prima di qualsiasi altra necessità. Il principio è semplice. Quando guidavo i pullman mi chiedevano se non avessi timore di portarmi dietro il peso della responsabilità di tante persone. C’è un piccolo particolare, assieme a quelle persone c’ero anch’io! Quindi se sanifichiamo è anche per salvaguardare tutti, noi compresi.

Considerando una limitazione di pubblico potrebbero variare gli orari di apertura degli impianti?
Ritengo di sì, anche perché è proprio riducendo l’apertura che si può essere più sicuri. Ad esempio chiudendo gli impianti al pomeriggio. E allo stesso modo riorganizzando gli orari della funivia per il rientro. Tutto però dipende dalla gente che c’è e da eventuali regole che saranno imposte. E non dimentichiamo un fattore determinante: sempre che ci facciano aprire!

Ne hai discusso con gli albergatori del passo?

Certamente sì, ma parliamo del nulla. Sappiamo che dal 18 maggio gli hotel potranno aprire, ma per quanto riguarda gli impianti non si ha alcuna notizia. Credo che nessuna struttura ricettiva aprirà se la funivia sarà costretta a rimanere chiusa. Ma allo stesso modo anche gli impianti non aprirebbero dinnanzi alle porte sbarrate degli hotel.

Una decisione in merito sarà presa tra il 18 maggio e il 10 giugno. Non dimentichiamoci poi che anche gli stessi sci club dovranno fare i loro conti. Perché non è detto che i prezzi delle camere stabiliti non varieranno. Un conto è ospitare tre o quattro ragazzini in una stanza, altra faccenda se ce ne può stare uno solo. I costi fissi per un albergo non cambiano.

Un hotel che ha la capacità di ospitare 100 persone, ma ne può accogliere 50, offre sempre un servizio per 100. Come fa? È chiaro che se è prevista un’integrazione anche parziale per colmare quel buco, allora il problema è in parte risolto. Detto questo si tratta solo di un mio pensiero. Sai che sono un pratico e che non mi piace fare giri di parole, ma lungi da me l’idea di fare i conti nelle tasche altrui.

A proposito, aumenterai il costo dello skipass?
Io il listino l’ho preparato a novembre ed è sul sito da allora. Poi, sinceramente, non l’ho sbandierato ai quattro venti se vuoi anche per delicatezza nei confronti di tutti, non solo dei club. Mi sembra che in questo momento ci siano questioni ben più importanti dello sci estivo cui pensare. Ad ogni modo a chi ce lo chiedo noi forniamo ogni informazione.

Quindi non credo proprio aumenteranno, anche se dovessimo affrontare sacrifici. Anzi, già lo sappiamo… Se tutto va per il verso che auspichiamo, non sarà certo un grande affare, ma ci può anche stare una stagione un po’ così.

Ma quali sono i tuoi interlocutori politici e istituzionali?
Non è che abbia interlocutori personali. Dipendiamo dal Governo come tutti gli altri. Ho sentito recentemente Lara Magoni che penso sia l’autorità politica più tifosa dello sci, anche se si occupa specificatamente del turismo per la Regione Lombardia. Ma non è stata una telefonata istituzionale. Ci conosciamo da tempo.

E porca miseria, mi dava due secondi quando entrambi eravamo nelle giovanili! Ad ogni buon conto sappiamo però che tipo è Lara. Non molla mai. Se avrà la possibilità di dire la sua, la sentiremo tutti, stai tranquillo!

Se avessi dinnanzi a te il Premier Conte, cosa gli chiederesti?
Una cosa su tutte: chiarezza! È la cosa più importante.

Si ringrazia Alberto Guru Salvaterra per le immagini video fornite

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).