Notizie

Roberto Manni e il Rifugio Graffer, la sua “casa”

Roberto Manni e il rifufio Graffer, la sua “casa”.
Il rifugio Graffer a Madonna di Campiglio accoglie sciatori e escursionisti 365 l’anno grazie alla passione e all’amore per le Dolomiti del Brenta di Roberto Manni che lo gestisce dal 2009.

Sci d’alpinismo ai piedi, ci siamo arrampicati fino lassù per farci raccontare la sua storia. Nonostante sia primavera inoltrata c’è ancora tanta neve, ma, ovviamente gli impianti sono chiusi, così come lo sono stati per tutto l’inverno.

Un inverno che anche qui a Campiglio ha regalato, beffa nella beffa, tantissima neve, ma anche splendide giornate che avrebbero fatto la gioia di molti, turisti sciatori e addetti ai lavori.

Il nume tutelare del Graffer e Roberto, 58 anni, bresciano di Salò. Ha iniziato ad andare in montagna da bambino con papà Cristino, camionista di  professione, ma grande amante e della montagna e validissimo alpinista.

Roberto Manni intervistato dal nostro Geremia Vannetti (qui assieme a Giovanni Migliardi)

È lui che ha trasmesso questa sua passione a Roberto che, una volta diventato grande, decide di fare della montagna il suo lavoro. E si sa che quando di mezzo c’è la passione qualsiasi lavoro è anche un divertimento.

Poiché una cosa tira l’altra, Roberto diventa maestro di sci e Guida Alpina, iniziando la sua «avventura» tra le montagne di Madonna di Campiglio. Prima lavora come aiutante proprio al Rifugio Graffer al Grosté, Poi, nel 2009, ne diviene gestore.

Intanto affronta numerose avventure sulle montagne più alte e insidiose del globo. Entra negli annali delle scalate patagoniche. Affronta la via Infinito Sud, tracciata nel 1995 con Ermanno Salvaterra e Piergiorgio Vidi, sulla parete Sud del Cerro Torre.

24 giorni vissuti sulla parete dell’Urlo di Pietra, come viene anche chiamato il Torre, senza mai scendere, grazie a un box in alluminio di 200 chili che i tre issano a forza di braccia lungo la via.

I muri del Graffer raccontano quell’indimenticabile avventura con una serie di quadri che a guardarli mettono i brividi! Sono le fotografie delle cime Himalayane, dal Broad Peack all’Everest che Roberto ha salito nel corso degli anni. Compreso anche il mitico K2 che Manni ha affrontato, senza però arrivare in cima, ad agosto e del 2008 quando tra  l’1 e 2 agosto ben 11 alpinisti persero la vita sulla «montagna degli italiani».

Ma dire Roberto Manni è come dire Rifugio Graffer. Ed è qui, sui pendii del Grostè  che Roberto vive 365 giorni all’anno, gestendo con il fratello Luis e la sua compagna Lucia il rifugio della SAT di Trento.

Lo storico rifugio Graffer è stato costruito alla fine del secondo conflitto mondiale da 12 amici di Giorgio Graffer, forte alpinista di Trento e pilota di caccia che perse la vita nei cieli albanesi nel 1940. Inaugurato nel 1947 venne donato alla SAT di Trento che da allora ne è la proprietaria.

Un’immagine del rifugio Graffer del 1957 (Biblioteca Comunale di Trento)

«Il Graffer è la mia casa” dice Roberto. “Rifatto nel 1987 ogni anno cerco di migliorarlo sempre di più in modo da renderlo sempre ospitale e per far assaporare agli escursionisti e agli sciatori il vero sapore della montagna, in ogni stagione».

Ma non chiudi proprio mai? 
«In effetti  siamo aperti 365 giorni  l’anno. Un grande impegno che viene mitigato dalla passione che i miei collaboratori ed io abbiamo per questa attività. In questi anni siamo diventati il punto di riferimento sicuro per chi vuole fare un’escursione in montagna in qualsiasi giorno della settimana.

Oltre alla stagione invernale, che nelle stagioni pre Covid era molto importante, essendo il rifugio posto direttamente sulle piste, anche in estate e autunno il rifugio è molto frequentato.  Tra l’altro l’APT con la collaborazione delle guide Alpine ha creato dei segnapiste, ovvero punti illuminati che due sere alla settimana permettono agli escursionisti di raggiungere i rifugi, rientrando a orari prestabiliti.

In questo anno di pandemia com’è cambiato il vostro mondo?
«Lo scorso anno fino a marzo abbiamo lavorato benissimo e anche con il lockdown di marzo è stata una stagione eccezionale. È andata bene anche nei mesi estivi, periodo in cui gli italiani hanno preso il posto dei tedeschi che sono sempre stati il nocciolo duro delle vacanze in quota.

Tutto l’inverno da soli pero…
Quest’inverno è andata come tutti sanno. Anche noi purtroppo abbiamo dovuto rinunciare ai nostri collaboratori e ridurre all’osso il personale. Ma questa chiusura ha portato a un modo diverso di frequentare queste montagne. La gente che è arrivata al rifugio con gli sci da alpinismo o con le ciaspole lo ha fatto con uno spirito più rilassato. Come dire, in modo più sereno. Grazie anche forse al fatto che si vivono queste giornate all’aria aperta con meno frenesia. Speriamo proprio che finita questa emergenza si continui a vivere la montagna con questo spirito.  Noi siamo qui pronti ad accogliere sciatori, escursionisti e tutti  gli amanti delle nostre bellissime montagne». Roberto Manni e il Roberto Manni e il Roberto Manni e il

About the author

Geremia Vannetti

Capo redattore di Sciare, lavora per la testata dal 1986. Maestro di sci di fondo, è nato a Varese dove tuttora risiede. È responsabile di tutto il comparto attrezzatura e moda e gestisce la Guida Tecnica all’Acquisto oltre a organizzare tutte le prove materiali. Per la testata Sciare si occupa anche dell’Agonismo Giovanile