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VALANGA AZZURRA: Formidabile quel giorno…

Berchtesgaden, il «Nido delle aquile» caro a Adolf Hitler. È una giornata di cielo coperto, il 7 gennaio 1974. La pista su cui si disputa il terzo gigante della 8a edizione della Coppa del Mondo di sci alpino è completamente in ombra. La neve nuova, non ghiacciata. Il percorso appare fin troppo corto anche se molto ripido, velocissimo, impegnativo. Pierino Gros si scatena subito: irruenza, potenza atletica, grande sicurezza, uno stile fatto di violenza e precisione lo portano in testa alla gara con distacchi decisivi. Dietro di lui, a conclusione della prima manche, Thöni, Schmalzl e, a 1”53, l’austriaco Hauser che però commetterà un errore determinante nella seconda manche e uscirà dalle zone alte della classifica. Il rivale austriaco più accreditato degli azzurri, Hans Hinterseer, «salta» tra le prime porte, ancor prima del rilevamento intermedio, e se ne va imbronciato e nervoso. Tra una manche e l’altra tiene banco alla sua maniera Erwin Stricker, il «cavallo pazzo» della squadra che dice «Vado sul podio lo stesso? Scommettiamo?». Nella prima frazione di gara, commesso un errore, non aveva abbandonato ma aveva risalito una porta per riprendere l’azione e concludere in 12a posizione a 2”54 da Gros.  

La sua sfida sembra la solita spacconata, buona per sciogliere in allegria la tensione dell’attesa. La seconda manche, tracciata da un allenatore tedesco, presenta sul tratto più ripido della pista una serie di porte molto angolate che determinano un tempo di percorrenza più lungo oltre, naturalmente, ad un superiore tasso tecnico. Cambia il tracciato ma non cambia la superiorità di Pierino Gros: pur senza rischiare al massimo visto il vantaggio di cui godeva, ottiene nuovamente il miglior tempo. Gustavo Thöni non è al top della forma ma la sua classe gli consente di controllare la situazione con autorevolezza. Helmuth Schmalzl commette un errore, riesce a restare in pista ma deve cedere il terzo posto proprio ad Erwin Stricker, incendiato da una rabbia agonistica furibonda, autore di una prova da kamikaze ma capace di portarlo incredibilmente sul podio e di vincere quella scommessa che evidentemente temeraria non era. Già si scattano le foto sul prodigioso poker azzurro. Toni Sailer, il gran capo degli austriaci, ha già le mani nei capelli e giura che da domani gli austriaci si alleneranno giorno e notte per lavare una simile onta, nella speranza di poter cancellare una disfatta che li tocca nel vivo, li ferisce nell’orgoglio. Ma non è ancora finita. Partito nella prima manche con un pettorale altissimo (il 43), Tino Pietrogiovanna aveva già fatto qualche miracolo. Nella seconda manche, galvanizzato dal piazzamento dei suoi compagni, si ripete. Il «Colonnello» di Santa Caterina Valfurva (per via dei baffoni biondi) sembra proprio un «elicottero» (per via del gesticolare delle braccia). Rema controcorrente e riesce a scavalcare un bel po’ di posizioni fin lassù, fino a piazzarsi proprio al 5° posto alle spalle di Pierino Gros, Gustavo Thöni, Erwin Stricker ed Helmuth Schmalzl: tutti i italiani, un trionfo azzurro, una… Valanga Azzurra. E le foto del podio sono da rifare. L’unico fotografo rimasto sul posto è… Sperotti: la sua foto dei «5 di Berchtesgaden» entra nella leggenda dello sci alpino.

 

 

CHE BOTTINO!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La foto lanciata dall’agenzia Associated Press con i primi quattro italiani al traguardo. Tutti pensavano che la gara fosse veramente finita con quel poker italiano già eccezionale. Ma doveva scendere ancora l’«elicottero» Tino Pietrogiovanna… e tutti i fotografi se n’erano andati. Tutti Tranne uno: Massimo Sperotti (a destra), l’unico a restare e a scattare la foto dei cinque insieme, la foto storica dei «cinque di Berchtesgaden» (a sinistra). I giornalisti presenti sul posto erano due, Piero Ratti e Giorgio Viglino, inviati rispettivamente della «Gazzetta dello Sport» e de «La Stampa». Ma fu un altro inviato della Gazzetta, Massimo Di Marco, che nel 1966 aveva già fondato Sciare, a scrivere nei giorni seguenti sulla «rosea» della «Valanga Azzurra»

 

 

 

 

  

UN MITO AZZURRO
 È ancora il caso di ricordare e celebrare??Sì, è ancora il caso! Lo facciamo ogni dieci anni, perché i più anziani rivivano e i più giovani sappiano; perché nessuno dimentichi uno dei momenti più belli del nostro sci, un risultato agonistico che ancora oggi è un record imbattuto nella specialità del gigante e un evento che fu il cuore del periodo indimenticabile in cui lo sci alpino diventò uno sport di massa.?Perché nella storia dello sport italiano la «Valanga Azzurra» resta una stella polare, splendente come poche altre, da mettere nella bacheca degli eventi più memorabili e più importanti per definire tradizione, identità, appartenenza. La Nazionale di calcio di Vittorio Pozzo degli anni ‘30, quelle di Bearzot del 1982 e di Lippi del 2006; la squadra ciclistica di Binda, Coppi e Bartali al Tour di France; il «Settebello» della pallanuoto; i «moschettieri» italiani guidati da Nick Pietrangeli alla conquista della Coppa Davis 1976; la nazionale di basket di Sandro Gamba e Dino Meneghin; il meglio dell’atletica da Luigi Beccali ad Abdom Pamich, da Pietro Mennea a Sara Simeoni, da Gelindo Bordin a Stefano Baldini; la pallavolo di Julio Velasco, negli anni Novanta. E, sulla neve, la «Valanga Azzurra», appunto. Nata dalla spinta di un genio assoluto dello sci (Gustavo Thöni) è cresciuta e si è imposta alla storia come «fenomeno» unico (e forse irripetibile) indovinando quelle magiche alchimie che qualche volta, nello sport, mischiano alla perfezione tecniche e uomini, menti e cuori, volontà e sentimenti per produrre le squadre miracolo. Il «miracolo Valanga» ha il suo fulcro, tecnico e metaforico (il copyright dell’invenzione lessicale appartiene al fondatore di questa rivista), nel trionfo di Berchtesgaden del 7 gennaio 1974, quarant’anni fa, esattamente. Una data, una ricorrenza, un fenomeno, un periodo che Sciare vuole ricordare con questo servizio. Dall’archivio sono saltate fuori le situazioni che hanno dato coscienza e consapevolezza all’Italia dello sci alpino, le facce giovani e sorridenti di un gruppo di persone che ha scritto sulla neve una vera epopea sportiva con le sue strepitose vittorie ma anche con lo spirito che l’animava, dove l’amicizia e l’allegria si sposavano all’emulazione, al piacere di stare insieme e di battersi lealmente per superarsi. Sono passati quarant’anni ma noi vogliamo sperare che queste pagine servano ancora. Non solo per ricordare i grandi risultati, le medaglie, le Coppe del Mondo ma anche qualche valore, di sport e di vita.   

Berchtesgaden (Germania Ovest), 7 gennaio 1974 – SLALOM GIGANTE COPPA DEL MONDO

Pista: lunghezza 1500 mt.; dislivello 320 mt. 1 prima manche: 43 porte 1 tracciatore Oreste Peccedi (Italia) 1 seconda manche: 43 porte 1 tracciatore Messmann (Germania Ovest)

                                                            PRIMA MANCHE                    SECONDA MANCHE

              PS.       ATLETA                      NAZ       TEMPO        Ps            DISTACCO         TEMPO               PS     DISTACCO   T.TOTALE     DISTACCO          

        1. Piero Gros         ITA 58”96 1     –        1’08”04       1       –         2’07”00     –

2. Gustavo Thöni ITA 59”86 2 90/100   1’09”37       4       1”33      2’09”22    2”23

3. Erwin Stricker ITA 1’01”50 12 2”54       1’08”33       2       29/100  2’09”83    2”83

4. Helmut Schmalzl ITA 1’00”48 4 1”52       1’10”00       8    1”96      2’10”48    3”48

5. T.Pietrogiovanna ITA 1’01”56 15 2”60       1’09”21       3       1”17      2’10”77    3”77

6. Erik Haker         NOR 1’00”98 5 2”02       1’10”27       11      2”23     2’11”15    4”15

7. Engel. Pargaetzi SUI 1’01”28 8 2”32       1’09”92       7       1”88      2’11”20    4”20

8. Franz Klammer AUT 1’01”52 14 2”56       1’09”71       6       1”67      2’11”23    4”23

9. Josef Pechtl         AUT 1’01”19 7 2”23       1’10”05       9       2”01      2’11”24    4”24

10. Claude Perrot FRA 1’01”69 14 2”73       1’09”70       5       1”66      2’11”39    4”39

11. David Zwilling AUT 1’01”50 11 2”54       1’10”05       9       2”01      2’11”55    4”55

12. Max Rieger         BRD 1’00”59 5 1”63       1’10”97       15     2”93      2’11”56    4”56

13. Leo Gruber         AUT 1’01”29 9 2”34       1’10”36       13     2”32      2’11”65    4”65

14. Wolf. Junginger BRD 1’01”41 12 2”45       1’10”52       14     2”48      2’11”93    4”93

15. Adolf Rösti         SUI 1’01”89 16 2”93       1’10”35       12     2”31      2’12”24    5”24

 

Altri italiani
18. Ilario Pegorari         ITA 1’01”87         1’11”22           2’13”09   6”09

33. Carlo Demetz         ITA 1’04”83         1’13”22           2’18”O5   11”05

Ritirato: Giulio Corradi

Squalificati: Fausto Radici e Tiziano Bieller


 

LA PARABOLA

La cometa della Valanga Azzurra ha lasciato il suo pulviscolo magico sul Grande Sci seguendo una parabola nitida che ha un inizio, uno zenith e una fine. L’inizio, l’embrione della luce, è la vittoria in gigante di Gustavo Thöni nella Coppa dei Paesi Alpini nel marzo del 1969 in Val d’Isère, quando un fenomeno di talento superiore si rivela al mondo e qualche mese dopo, l’11 dicembre 1969, battezza la propria grandezza con la prima vittoria in Coppa del Mondo, ancora in gigante, ancora in Val d’Isère. Lo zenith è un quadrilatero compreso tra le Olimpiadi di Sapporo del 1972, l’exploit di squadra di Berchtesgaden, i Mondiali di St. Moritz del 1974 e il mitico parallelo della Valgardena del 1975. La fine, o meglio l’inizio della fine, è intrappolata nei misteri della seconda manche del gigante olimpico di Innsbruck ’76, quando Gustavo Thöni, improvvisamente, insieme alla medaglia perde il filo del discorso tecnico con cui ha dominato lo sci alpino e lo cede alla «curva rotonda» di Heini Hemmi sullo sfondo della crescita imperiosa e irresistibile di Ingemar Stenmark. Nonostante l’oro (Pierino Gros) e l’argento (lo stesso Thöni) in slalom, è il gesto di stupore e di sconforto di Gustavo con la testa tra le mani al traguardo del gigante di Innsbruck ’76 il segno emblematico più vero della fine della grande Valanga Azzurra. Nel dicembre dello stesso anno un «en plein» (il terzo e l’ultimo di quello squadrone) nello slalom di Madonna di Campiglio (1° Radici, 2° Gros, 3° Thöni) sarà l’isolato canto del cigno, e l’argento di Pierino Gros in slalom ai Mondiali di Garmisch ’78 l’ultimissimo baluginìo di una grandezza ormai perduta.


IL NOSTRO FARO

Per me quello è stato un bel periodo perchè sono riuscito a fare quello che amavo di più: vivere nello sci. Inoltre sono riuscito  a farlo bene, abbiamo ottenuto, insieme alla squadra, dei risultati eccezionali, forse i migliori, fino a quel momento, che lo sci italiano sia riuscito a produrre. È ovvio che forse non tutti hanno dato il massimo delle loro potenzialità, ma non tanto per mancanza di aiuto da parte nostra, di noi allenatori. Io, per esempio, dovevo seguire tutti gli atleti, ed è ovvio che magari si trascurasse qualcuno che con un po’ più di attenzione avrebbe potuto  dare molto di più. Ma questi sono gli inconvenienti di una squadra. Il modo più giusto per descrivere la Valanga Azzurra, a mio parere è questo: abbiamo sfruttato il momento giusto con gli uomini giusti. E tra questi, senza ovviamente sminuire nessuno, Gustavo Thöni è quello che ha giocato il ruolo più importante. Noi gli abbiamo rubato il suo talento, fino a quando abbiamo potuto, spronare gli altri. È stato il punto di riferimento per noi allenatori e per i suoi compagni di squadra. Tutti gli dobbiamo sicuramente molto. Di lui ricordo soprattutto l’umiltà unita alla voglia continua di vincere. Non si accontentava mai: per lui esisteva solo la vittoria. Di tutti i suoi risultati, a mio parere, i migliori rimangono quelli legati alle Olimpiadi di Sapporo e ai Mondiali di St. Moritz. Penso che quelle vittorie gli siano rimaste nel cuore, come lo sono rimaste a me, anche se non bisogna dimenticare il secondo posto in discesa libera a Kitzbuhel. Per quanto riguarda il gigante di Berchtesgaden, era nell’aria un risultato del genere. Una settimana prima, finito lo slalom a Garmisch, ero stato invitato presso la sede della TV Svizzera con Toni Sailer. Anche lì avevamo ottenuto un ottimo risultato anche se nessun italiano era riuscito a vincere. Qualcuno mi chiese se ero soddisfatto, ma io risposi di no. Sailer rimase un pò allibito. Ma io avevo seguito gli allenamenti dei miei ragazzi e avevo visto che andavano veramente forte e che potevano fare molto di più. E quanto fossero forti lo dimostrarono una settimana dopo. A Berchtesgaden, appunto. (Oreste Peccedi)

 

 
 
 
LA VALANGA IN NUMERI

Qui sotto diamo la parola alle cifre per definire statisticamente la dimensione del fenomeno Valanga. In sintesi, il bilancio della Valanga Azzurra nel periodo che abbiamo deciso di valutare (stagioni 1969/1970 – 1975/1976) è il seguente:


COPPE DEL MONDO: (4 Gustavo Thöni, 1 Piero Gros)


COPPE DI SPECIALITA’5  2 SL (Gustavo Thöni 1973,1974); 3 GS (Gustavo Thöni 1970, 1972; Piero Gros 1974)


VITTORIE IN COPPA: 42
                23 Gustavo Thöni (8 SL, 11 GS, 3 K, 1 P)

12 Piero Gros (5 SL, 7 GS)

2 Herbert Plank (2 DH)

2 Rolando Thöni (2 SL)

1 Stefano Anzi (1 DH)

1 Fausto Radici (1 SL)

1 Franco Bieler(1 GS)


ALTRI PODI IN COPPA82 
41 secondi posti: 19 SL, 13 GS, 7 DH e 2 K

41 secondi posti: 15 SL, 16 GS, 8 DH e 2 K


Tutte le vittorie in Coppa

Gustavo Thöni
11 GS: 1969/70 Val D’Isère, Madonna di Campiglio 1 e 2; 1970/71 Sugarloaf, Heavenly Valley; 1972/73 Adelboden; 1973/74 Adelboden, Voss; 1975/76 Val D’Isère, Adelboden 
8 SL: 1969/70 Hindelang; 1970/71 Madonna di Campiglio, Heavenly Valley; 1972/73 St. Anton, Quebec; 1973/74 Visoke Tattry; 1974/75: Chamonix, Sun Valley
3 K: 1974/75: Wengen, Kitzbuehel, Chamonix/Megève
1 P: 1974/75 Valgardena

 

Piero Gros

7 GS: 1972/73 Val D’Isère; 1973/74 Berchtesgaden, Morzine, Visoke Tatry;  1974/75 Val D’Isère, Madonna di Campiglio, Adelboden

5 SL: 1972/73: Madonna di Campiglio; 1973/74: Vipiteno, Voss; 1974/75: Garmisch, Kitzbuehel

 

Herbert Plank

2 DH: 1973/74 Val D’Isère; 1975/76 Wengen 1


Rolando Thöni 

2 SL: 1971/72 Madonna di Campiglio, Pra Loup


Stefano Anzi 1 DH (1970/71 Sugarloaf); Fausto Radici 1 SL (1975/76 Garmisch); Franco Bieler 1 GS (1975/76 Morzine)



Le medaglie

OLIMPIADI

1972 SAPPORO (JAP)

1 Oro (Gustavo Thoeni GS)

1 Argento (Gustavo Thöni SL)

1 Bronzo (Rolando Thöni SL)


1976 INNSBRUCK (AUT)

1 Oro (Piero Gros SL)

1 Argento (Gustavo Thöni SL)

1 Bronzo (Herbert Plank DH)

CAMPIONATI DEL MONDO

 1974 ST. MORITZ (SUI)
2 Ori (Gustavo Thöni SL, GS)
1 Bronzo (Piero Gros GS)

 

 


Nella classifica di Coppa

 

 

 

1969/70

3. Gustavo Thöni, 73. P. Clataud, E. Schmalzl, H. Schmalzl, R. Valentini, 86 A. Antonelli

 
1970/71

1. Gustavo Thöni, 19. S. Anzi, 28. M. Stefani, 43. R. Thöni, 53. G. Corradi

 

1971/72
1. Gustavo Thöni, 7. Rolando Thöni, 20. E. Schmalzl, 43. G. Besson, 52. M. Varallo, H. Plank, E. Stricker

 

 

1972/73 
1. Gustavo Thöni, 10. Piero Gros, 15. M. Varallo, 16. H. Schmalzl, 20. I. Pegorari, 24. E. Stricker, 25. T. Pietrogiovanna, 33. G. Besson, 41. F. Bieler, 43. R. Thöni, 49. E. Schmalzl, 51. H. Plank, 54 R. Zandegiacomo

 

1973/74
1. Piero Gros, 2. Gustavo Thöni, 6. Erwin Stricker, 9. Herbert Plank, 11. H. Schmalzl, 15. F. Radici, 19. G. Besson, 21. S. Anzi, 37. T. Pietrogiovanna, 41. C. Demetz, M. Varallo, 49. I. Pegorari

 

1974/75

1. Gustavo Thöni, 4. Piero Gros, 7. Herbert Plank, 10. Paolo De Chiesa, 15. F. Radici, 24. T. Pietrogiovanna, 29. H. Schmalzl, 36. R. Thöni, 49. G. Besson, 58. I. Pegorari, 65. G. Oberfrank

 
1975/76

2. Piero Gros, 3. Gustavo Thöni, 7. Herbert Plank, 11. F. Bieler, 15. F. Radici, 33. E. Stricker, 35. B. Nöckler, 38. D. Amplatz, 41. P. De Chiesa, 48. A. Senoner, 56. G. Oberfrank 


TUTTI I PROTAGONISTI DELLA "NOSTRA" VALANGA"


 

ANZI Stefano (1)

Nato a Bormio (Sondrio) il 21 maggio 1949. Entra in squadra A nel 1966 e negli anni della sua militanza colleziona tre titoli in discesa libera ai Campionati Italiani Assoluti, una vittoria in Coppa del Mondo, a Sugarloaf (Stati Uniti) nel 1971. Tre anni dopo, a Kitzbühel si classifica al secondo posto, a pari merito con il suo compagno Giuliano Besson. Nel 1975 lascia il Circo Bianco a causa di attriti con la FISI e con Giuliano Besson fonda la «Anzi & Besson», ditta di abbigliamento sportivo, che lascerà qualche anno più tardi. Stefano Anzi è sposato con «Lalla» e ha due figli ai quali non ha trasmesso la sua stessa passione per lo sci. Lavora sempre a Bormio nelle diverse attività della famiglia Anzi 


ARIGONI Franco (2)

Nato a Sestrieres (Torino) il 30 luglio 1943. Dopo un passato come atleta della nazionale, nel 1970 diventa allenatore della squadra A femminile. Prima guida la squadra B, dove rimane per tre anni, poi passa alla squadra A ed infine alla C. Passa un anno, durante il quale si allontana dal mondo agonistico, e poi torna, come allenatore della squadra A maschile nel periodo critico del declino della Valanga. Successivamente diventa direttore di stazione a St. Grèe. Sposato da quarant’anni con l’ex azzurra Cristina Tisot, un figlio di 36 anni, svolge ancora la professione di maestro di sci a Sestrieres.

 


BESSON Giuliano (3)

Nato a Salice d’Ulzio (Torino) il 1° gennaio 1950. Il 1971 è il suo anno d’ingresso in squadra A. Specialista della discesa libera, è proprio in questa disciplina che nel 1974 ottiene un magnifico secondo posto, a pari merito con Stefano Anzi, sulla Streif di Kitzbühel alle spalle di Roland Collombin e un quinto posto ai Mondiali di St. Moritz. Nel 1975 lascia la squadra e l’agonismo per problemi con la FISI e fonda la Casa d’abbigliamento «Anzi & Besson» con il suo compagno di gare Stefano Anzi.



 

BIELER Franco (4)

Nato a Gressoney Saint Jean (Aosta) il 6 dicembre 1950. Inizia come discesista nel 1973 ma dopo una serie di seri incidenti è costretto a dedicarsi esclusivamente agli slalom. Grazie al suo carattere forte e determinato, entra nell’élite del Circo Bianco : il 18 gennaio 1976 vince il gigante di Coppa del Mondo di Morzine Avoriaz. Tra le porte larghe sarà l’ultima vittoria del periodo – Valanga, l’ultima in assoluto dello sci italiano fino al successo di Roberto Erlacher a Puy St. Vincent nel 1984. Abbandona l’attività agonistica sul finire degli Anni Settanta. 



  CONCI Fabio (5) 


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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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