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Freestyle Azzurro: i tre assi nella manica di Bartolomeo Pala

Freestyle Azzurro: i tre assi nella manica di Bartolomeo Pala.
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artolomeo Pala, valdostano, 43 anni, è il direttore tecnico dell’area freestyle che comprende slopstyle, big air con sci e snowboard e lo skicross che è stato recentemente annesso allo sci alpino.

Un team molto ampio che mai come quest’anno è stato strutturato in maniera scientifica e professionale. Proprio da questo settore ci sono i presupposti per portare a casa qualcosa di interessante a Milano-Cortina 2026. Stava per accadere qualcosa di straordinario già a Pechino anche se i risultati ottenuti hanno comunque sorpreso tutti. Nel big air quinto posto di Emiliano Lauzi sulla tavola e di Leonardo Donaggio sugli sci e quinto posto anche per Simone Deromedis nello skicross.

Bartolomeo Pala è su di giri!
Non esageriamo, sono semplicemente su di giri per il grande lavoro che siamo riusciti a fare queta estate. Mi riferisco all’allenamento portato avanti sul big air bag in Austria, sulla parte atletica e sulla neve a inizio settembre.

Filato via tutto liscio?
Qualcuno ha preso qualche botta, specie nella parte snowboard. Loris Framarin ora sta bene ma quando è caduto a Saas Fee provando nuovi tricks si è procurato una commozione celebrale. Niente di grave ma è stato fermato per un mese. Nicola Liviero ha patito uno stiramento al collaterale. Morale: primo appuntamento di Chur saltato.

Con il freeski è andata meglio mi sembra…
Meglio sì, i nuovi ragazzi giovani hanno partecipato alla prima gara di Coppa rompendo l’emozione della prima volta. Donaggio ha conquistato la sua prima finale finendo ottavo, ma ha rischiato di finire tra i primi quattro. Ha sporcato l’atterraggio nel secondo salto, peccato perché bastava imitare il terzo o quello fatto in qualifica dove i giudici l’hanno premiato con un 87,50. D’altra parte, bisogna alzare sempre di più l’asticella perché da un anno all’altro il livello è cresciuto in maniera incredibile, e non sto parlando soltanto dei soliti best ten! Si stanno facendo vedere anche spagnoli e sloveni. Ci sarà da divertirsi insomma!

Per quanto riguarda lo skicross?
Dopo le prime due settimane di giugno sulla neve, quest’anno abbiamo intensificato la parte di preparazione atletica. Quando ha riaperto lo Stelvio a fine agosto abbiamo fatto una tirata unica di cinque settimane con un solo giorno di brutto tempo, sul percorso allestito al Cristallo, in condivisione con lo snowboard cross. Proprio un bel percorso con punte da 90, 95 km/h. Non si va mai a queste velocità, ma serve per imparare a controllare bene l’azione. Abbiamo fatto molto lavoro anche in pista dedicandoci a gigante e superG.

I ragazzi come sono arrivati in squadra?
Nel freestyle sia sci che snowboard c’è un po’ più di struttura: circuito di Coppa Italia che richiamano l’interesse di alcuni sci club, non tantissimi, ma un po’ ce ne sono. Il bacino è questo. Nello Skicross, invece, si fa ancora fatica perché manca l’appoggio di molti Comitati. Non a caso gli atleti arrivano principalmente dal Trentino Comitato che ci ha creduto investendo parecchio. Quest’anno partirà anche il sodalizio Veneto, mentre per l’Alto Adige ti dico “ni”. Ce ne fossero altri tre o quattro si potrebbe dar vita a un serbatoio di giovani con una crescita automatica del livello. Eppure, l’interesse c’è dal momento che mi contattano direttamente i ragazzi. Noi li facciamo provare e qualcuno valido c’è anche. È il caso di Daniel Moroder che veniva dal salto con gli sci, quindi disciplina che nulla ha a che fare con lo sci alpino, tantomeno con lo skicross. È arrivato che era uno stecco, ora ha messo su massa, 10 kg in più, e devi vedere che iena! Spinge, salta, combatte! Come lui ce ne sono tanti, ma è tutto un po’ così, senza un sistema codificato e organizzato. Una squadra nazionale non dovrebbe fare scouting a questi livelli. 

Comunque, non si vedono più ex atleti dello sci alpino mancati…
Non proprio dall’altissimo livello, come capitato con Max Iezza, Karl Heinz Molling o Siegmar Klotz. C’è però un Davide Cazzaniga, atleta dell’Esercito, 30 anni, che si sta avvicinando, ma si tratta di una eccezione, il nostro obiettivo non è quello di prendere atleti a fine carriera. Puntiamo su ragazzi come Deromedis che tra l’altro non arriva nemmeno dallo sci alpino visto che si è fermato alla categoria allievi e non ha mai fatto una Fis da Giovane. Lui è l’esempio più lampante di come dovrebbe funzionare il sistema. Al Topolino avevano fatto una prova di skicross e se ne innamorò. Il Comitato trentino aveva messo su la squadra e ci è entrato subito. Nel primo periodo non era niente di che, poi è venuto fuori e adesso è l’atleta che è. 

Però Federico Tomasoni (Goggi) ed Edoardo Zorzi (radici) sono Lombardi…
Sono due realtà diverse. La storia di Zorzi assomiglia a quella di Deromedis. Sua passione personale, ma non è mai entrato in Comitato. Sta crescendo, l’anno scorso è stato fuori dalle Olimpiadi per un punto. Tomasoni ha un background un po’ più ampio nello sci alpino ma tre anni è venuto da noi per provare una seconda opportunità. Questa scelta però l’ha fatta a vent’anni. 

Simone Deromedis è diventato un gigante!
È geneticamente portato per la crescita muscolare! È un bell’armadio, alto forte! Da quest’anno inizia a fare l’atleta professionista al 100 per 100, il suo “lavoro” sarà proprio questo.

Cosa gli è mancato per andare a medaglia a Pechino?
Era il più veloce. Partiva sempre davanti a tutti. Ha avuto una piccolissima incertezza in semifinale e da dietro gli hanno toccato alla penultima curva lo sci facendogli perdere un po’ di velocità. E da lì è stato un attimo… Peccato per lui e per la disciplina. Per sport come questi una medaglia olimpica cambia proprio la vita in termini di visibilità mediatica e conseguente popolarità. Comunque, anche il quinto posto è servito per lanciarlo definitivamente e far parlare sicuramene di più dello skicross. 

Può venir fuori bene anche Yanick Gunsch?
Prima o poi deve accadere! È una situazione strana la sua. In Coppa Europa domina e batte anche gli atleti di Coppa del Mondo.

Quando si presenta in pista nel massimo circuito, invece, gli manca sempre quel qualcosa in più per farsi vedere. Non è una questione di tecnica perché da quel lato è molto abile, sarà mezzo secondo più lento dei top player. Credo sia questione di fiducia ed è per questo che stiamo lavorando molto su questo. Noi quella fiducia l’abbiamo in abbondanza perché è un gran lavoratore, abituato alla fatica visto che nella vita passa intere giornate in cantiere. 

Lo sci alpino ha chiuso la porta a Jole Galli ed eccola qua…
L’età glielo ha consentito. L’anno scorso è stata la sua prima stagione completa ed è stata brava perché si è confrontata con atlete esperte che conoscono le piste a menadito. Questo aspetto conta molto perché a volte si è trovata un po’ spaesata proprio per ver potuto studiare il percorso proprio all’ultimo. Prima di Jole, comunque, nessuna era mai riuscita a entrare in una finale di coppa del mondo.

Nel settore femminile ci sono quattro atlete che sono davvero un gradino sopra a tutte, come la svedese Sandra Naeslund (28 vittorie!), l’elvetica Fanny Smith, le canadesi Marielle Thompson e Hannah Schmidt; Jole fa parte delle prime otto e deve giocarsi le sue chance per entrare in finale, dove può accadere di tutto.

Lucrezia invece si è rimessa?
Ha iniziato a sciare a metà ottobre dopo il grave infortunio di Pechino. In fase di riabilitazione sugli sci e lavorerà sodo per rientrare in gara da metà stagione, magari anche per i Mondiali. Vediamo come reagirà il ginocchio.

Gli atleti della B faranno solo Coppa Europa?
L’Italia ha sette posti in Coppa del Mondo per cui avendo in squadra A solo 5 atleti, pettorali liberi ce ne sono sempre. A chi se lo merita e se lo guadagna sarà data questa opportunità, almeno per coloro che hanno già 100 punti Fis necessari per accedervi. Non tanto per fare risultato perché per loro è ancora presto, ma nello skicross l’esperienza recita un ruolo determinante. 

Passiamo al freestyle: nello sci puntiamo tutto su Leonardo Donaggio?
È la punta di diamante della squadra, su questo non ci sono dubbi. Anche lui, come i suoi compagni di squadra, è cresciuto moltissimo a livello fisico. Serve per allenare i tricks nuovi e già a Chur ne ha portati alcuni che l’anno scorso ancora non aveva. Tuttavia è venuto fuori dall’oggi al domani ed è molto giovane per cui, per averli ben saldi nel pacchetto di gara ci vuole un po’ di tempo. Le componenti da considerare sono tante, non è soltanto il salto in sé, ma c’è l’atterraggio, lo stile, il grab. Mettere assieme tutte le componenti non è facile, ci vuole tantissima pratica. 

Elisa Nakab è da sola…
Ora che Silvia Bertagna si è ritirata purtroppo sì. Non è facile trovare atlete, anche se il percorso per raggiungere determinati risultati è più breve e semplice rispetto al maschile. 

Le nuove manovre nascono sulla neve o a secco?
Adesso si lavorano sul Big Air Bag di Scharnik, in Austria. Una rampa in sintetico (Neveplast), bagnata e una zona di atterraggio costituita da una struttura gonfiata ad aria. Azioni che sulla neve non si potrebbero provare. È per questo che il livello si sta alzando tantissimo.

Occorre tanto tempo per avere in mano un trick?
Prima bisogna averlo ben saldo nella mente. Nei primi approcci c’è bisogno di tantissimo coraggio. È vero che se cadi male sul bag sicuramente ti fai meno male rispetto alla neve, ma le botte le prendi comunque, quindi se non hai il pelo, lascia perdere! L’apprendimento poi non ha tempi standard, è un fatto personale. 

Pochi dubbi anche sul nostro numero uno sulla tavola…
Con un quinto posto olimpico, direi di sì! Emiliano Lauzi è davvero un grande. Estremamente estroverso, straripante di passione. A Pechino forse non si aspettava di ottenere un risultato del genere, ma allo stesso tempo ci credeva. Rispetto al movimento freestyle ha una maturità diversa, 28 anni, già padre e una consapevolezza in più che probabilmente ai Giochi lo ha portato a ottenere questo risultato straordinario. È sempre stato molto forte, ma si confronta con ragazzini più simili a Superman! 

In previsione di Milano≠Cortina la Fisi ha aperto un po’ di più i rubinetti?
Assolutamente sì. C’è stato un cambiamento notevole negli ultimi due anni cui e non a caso sono arrivati i primi risultati. In discipline come queste o ci credi e investi, altrimenti se le mantieni giusto per far vedere che le annoveri tra le attività, non porterai a casa mai niente. Dunque, ora non possiamo lamentarci, abbiamo tutto quello che ci serve per portare avanti un buon lavoro. 

Obiettivi principali della stagione?
Banalmente, portare a casa qualcosa in più rispetto a quella passata. Finora è sempre stato così, per cui mi aspetto un’ulteriore crescita, il che significa ottenere qualche podio, meglio ancora la vittoria! A livello caratteriale poi, non mi do mai troppe aspettative se non quella di lavorare sempre al massimo delle possibilità. Il risultato non è controllabile ma la prestazione sì. 

I tecnici Valentino Mori e Filippo Kratter sono lì da una vita, ma per loro sembra sempre il primo giorno!
Hai detto bene e l’unica spiegazione plausibile è riconducibile soltanto alla grande passione che hanno da sempre. Hanno tenuto davvero duro quando le squadre erano tenute un po’ in disparte, adesso possono iniziare a divertirsi! Freestyle Azzurro: i tre Freestyle Azzurro: i tre Freestyle Azzurro: i tre Freestyle Azzurro: i tre Freestyle Azzurro: i tre Freestyle Azzurro: i tre


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About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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