La sostenibilità non è più uno slogan stampato su un roll-up d’ingresso. È diventata una domanda urgente: “chi vogliamo essere tra dieci anni, quando l’inverno non assomiglierà più a quello che ricordiamo?”
A Bolzano, dal 13 al 15 gennaio 2026, questo interrogativo smette di essere retorica e diventa un tavolo di lavoro. La terza edizione dello Ski Industry Climate Summit, ospitata a Prowinter, mette insieme marchi, resort, federazioni, tecnici, attivisti, ingegneri. Non più mondi paralleli, ma un’unica stanza che deve trovare soluzioni comuni.
Perché il clima non aspetta la prossima stagione.
Il Summit, nato nel 2023 e cresciuto a velocità impressionante, è ormai il vero barometro della coscienza collettiva degli sport invernali. Atomic, Protect Our Winters Europe e la Winter Sports Sustainability Network lo guidano come un nocchiere che conosce la tempesta e sa che non si esce da soli. Le parole d’ordine sono tre: cooperazione, misurabilità, coraggio.
«La sostenibilità è uno dei nostri pilastri strategici», ricorda Luca Tavian di Atomic. Tradotto: non è marketing, è sopravvivenza. Lo stesso concetto lo ribadisce Jonas Schneider di POW: “Dobbiamo usare lo spirito collettivo dei marchi per generare progresso reale”.
In altre parole: o cambiamo insieme, o non cambiamo.
La conferenza entra nel vivo il 14 e 15 gennaio con un’agenda che non lascia spazio ai giri di parole: regolamentazione europea e statunitense, ecodesign, riciclo, LCA, decarbonizzazione, tracciabilità, advocacy. Sono temi che suonano tecnici, ma qui diventano molto più concreti: quanta CO₂ emette un paio di sci? Quanto dura davvero un materiale? Che cosa significa “economia circolare” per un resort alpino che vive di energia, neve, trasporti e turismo?
E poi ci sono i casi virtuosi: aziende che reinventano il ciclo dei materiali, stazioni che riducono consumi e sprechi, federazioni che trasformano i protocolli in cultura. Non esempi isolati: binari su cui far correre il futuro.
La verità è che gli sport invernali hanno un privilegio fragile: vivono grazie a un ambiente che si sta trasformando davanti ai nostri occhi. Questo Summit serve a ricordare che la montagna non è un fondale, ma un organismo che va protetto. È l’occasione per misurare dove siamo e quanto siamo disposti a cambiare per non tradire ciò che amiamo.
A Prowinter 2026, per tre giorni, lo sci parlerà una lingua nuova: concreta, condivisa, necessaria. E forse è proprio questo il punto: smettere di chiedere alla montagna di adattarsi a noi e iniziare ad adattarci noi a lei. Perché il clima non fa sconti. E l’inverno non aspetta






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