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Anche l’industria dello sport lancia l’allarme rosso per il caro energia: l’analisi di Assosport

Anche l’industria dello sport lancia l’allarme rosso per il caro energia: l’analisi di Assosport.
Costi quintuplicati e filiere al collasso che pesano come macigni sull’andamento dell’export. L’Italia del nuoto trionfa agli Europei di Roma con il bilancio record di 67 medaglie conquistate e l’Italvolley torna sul tetto del mondo dopo 24 anni. Ma se da una parte non accenna a spegnersi l’entusiasmo per i recentissimi successi dei nostri atleti, dall’altra lo sportsystem è chiamato a fronteggiare nuove sfidanti incognite e proprio piscine e palestre rischiano di dover pagare il tributo più alto alla tempesta perfetta che si sta abbattendo sul nostro sistema economico.

A rilanciare l’allarme oggi è l’Associazione Nazionale fra i Produttori di Articoli Sportivi (oltre 120 aziende in Italia, 300 brand, 9.300 addetti e un fatturato aggregato pari a 12,2 miliardi di euro) facendosi portavoce, per mezzo delle sue associate, delle tante aziende del settore che nei prossimi mesi rischiano di ritrovarsi in ginocchio per colpa del caro-energia e delle problematiche a esso connesse.

Tanti i nodi sul piatto della bilancia, pronti a scatenare un pericoloso effetto domino. L’export, da sempre fiore all’occhiello dell’industria sportiva italiana, ha chiuso in ripresa il 2021 con un significativo +18,5%, ma ora è minacciato dalle criticità in essere e dalle ulteriori nuvole che si addensano all’orizzonte.

Stando al rapporto relativo all’Italia nell’economia internazionale che ICE ha appena reso noto, l’export genera il 32% del Pil nazionale, laddove il nostro paese è il secondo in Ue per produzione manufatturiera e l’ottavo esportatore nel mondo.

Entrando nel dettaglio delle categorie merceologiche, il ramo tessile e più in generale abbigliamento, pelletteria e accessori, si posizionano al terzo posto tra i principali settori dell’export sia nel 2021 che nel primo semestre del 2022 dietro macchinari e prodotti metallici.

Facile immaginare come la difficile situazione legata ai rincari possa ripercuotersi sulla Sport Industry e, in particolare, sui produttori di articoli sportivi con l’indice generale dei prezzi al consumo che proprio per abbigliamento e calzature è già balzato dallo 0,03 dello scorso anno allo 0,06% attuale.

A impensierire lo Sportsystem è soprattutto la difficoltà di reperimento delle materie prime, unitamente agli eccessivi costi dei noli e a quelli di gestione, con lo spettro del fermo produttivo sempre in agguato.

Per alcuni comparti l’effetto sarà contenuto, ma per altri, tradizionalmente più energivori, l’impatto potrebbe rivelarsi molto più serio e questo proprio quando, accantonato l’incubo dell’emergenza sanitaria, si sperava di poter ripartire a ritmo serrato.

Le sospirate riaperture, al contrario, avranno con ogni probabilità un sapore decisamente diverso e più amaro rispetto agli iniziali auspici.

Secondo i calcoli di Anif sono almeno 500 le strutture che si vedranno costrette a interrompere l’attività,

laddove il covid nel biennio nero 2020-2022 ne aveva già falciate più di 200. Le stime, del resto, parlano chiaro e, a fronte dei già citati rincari ormai viaggiano sull’onda del 500%, la paura delle imprese è quella che tali aumenti non vengano compensati da altrettanti introiti, giacché gli italiani saranno indotti a rivedere le proprie spese, con conseguenze facilmente intuibili anche e soprattutto per il mondo della sport industry.

«Quello dei rincari legati alla crisi energetica è ovviamente un problema generalizzato che interessa tutte le filiere produttive e, più in generale, riguarda l’intera collettività – commenta la Presidente di Assosport, Anna FerrinoDiminuisce il potere di acquisto delle famiglie che si vedono costrette a tagliare quelle voci di spesa ritenute non necessarie. Tra queste, purtroppo, anche l’attività sportiva. Così, se da un lato gli impianti pagheranno caro il prezzo del razionamento del gas, dall’altro il timore è di assistere a una nuova flessione nelle presenze. In questo senso l’intervento del Governo sarà fondamentale per supportare un settore che non va considerato solo in occasione dei grandi eventi, ma che deve diventare parte imprescindibile del quotidiano e dell’agenda politica».

Se fino a poco tempo fa il rinnovato interesse per il benessere psicofisico lasciava intravedere incoraggianti spiragli di ripresa, adesso l’ombra del caro-bolletta delinea scenari assai più incerti. «Allo stato attuale è difficile fare previsioni positive – conclude la Presidente Ferrino – In questo senso ci uniamo agli appelli di Anif (organizzazione che promuove i valori associativi tra i centri sportivi) e della Federazione Italiana Nuoto e sposiamo le istanze lanciate da Confindustria per il contenimento dei prezzi del gas e la riforma del mercato elettrico. Chiediamo, insomma, che non vengano dimenticate le esigenze del mondo sportivo che rimane un asset fondamentale della nostra economia e della società e il cui valore in Italia sfiora i 79 miliardi di euro pari al 3% del PIL nazionale». Anche l’industria dello sport Anche l’industria dello sport

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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