Attrezzatura

Delineo Design: Montebelluna, dove nasce il design dello sport

Montebelluna non è solo una città. È una fucina. Una mente collettiva che da più di un secolo modella il passo dell’uomo sulla montagna. Qui si producono scarponi, calzature, attrezzature che hanno ridefinito il modo di stare all’aperto. Qui il design non è un vestito, ma una visione: nasce da una necessità, diventa materia, e poi gesto, equilibrio, emozione.

A spiegarlo è Giampaolo Allocco, fondatore di Delineo Design, che nel 2025 ha festeggiato i venticinque anni del suo studio con una mostra dedicata non agli oggetti, ma alla loro anima. “Abbiamo voluto raccontare cosa c’è dietro a un progetto,” dice. “Mostrare i prototipi, gli schizzi, perfino gli errori. Perché anche il fallimento fa parte del design.” Una mostra viva, aperta per mesi, pensata per la comunità, per le scuole, per chi voleva capire che dietro a ogni oggetto c’è sempre un pensiero.

In venticinque anni Allocco ha attraversato mondi: dalla Formula 1 agli oggetti per l’outdoor, fino al design d’arredo. “Il bello di questo mestiere sono gli incontri — atleti, artigiani, industriali, filosofi. Ognuno lascia un segno. E in ognuno ritrovi un pezzo di te.”
Per lui il design è un’attitudine, non un vezzo stilistico. È la stessa che anima gli sportivi di montagna: la volontà di migliorarsi sempre, di spingersi un passo più in là. “Abbiamo imparato molto dagli alpinisti,” dice. “Da Hervé Barmasse, Simone Moro, Tamara Lunger. Hanno una disciplina che diventa etica. E noi designer cerchiamo la stessa cosa: raggiungere il massimo, rinunciando a ciò che distrae. Anche questo è allenamento.

 

Il distretto di Montebelluna è il suo terreno di gioco.

Un luogo dove storia, tecnologia e artigianato si fondono. Qui nacquero, nell’Ottocento, i primi scarponi da montagna. Poi arrivò il dopoguerra, la trasformazione industriale, il Compasso d’Oro alla Dolomite nel 1957 e nel 1969, l’invenzione del Moon Boot nel 1970. Ma la vera rivoluzione fu tecnica: il passaggio dal cuoio alla plastica e l’introduzione dell’iniezione dei polimeri, che fece della calzatura un oggetto di ingegneria. Oggi molte multinazionali mantengono qui i loro centri di ricerca: perché questo territorio ha conservato un sapere unico — quello dei designer, dei modellisti, dei tecnici del 3D, degli artigiani del montaggio. Una cultura del lavoro che non ha perso la propria identità.

“Quando disegniamo uno scarpone,” racconta Allocco, “partiamo da un briefing tecnico, poi passiamo al disegno e ai rendering tridimensionali. Ogni componente — suola, scafo, scarpetta interna — è un microcosmo di materiali e geometrie. I nostri atleti ambassador testano grip, rigidità, comfort termico. I loro feedback tornano in studio e ridisegnano il prodotto. È un ciclo continuo di perfezionamento.”
La fase successiva è quella dei prototipi, poi degli stampati, realizzati attraverso l’iniezione dei polimeri plastici. Solo allora nasce l’oggetto definitivo, un equilibrio tra tecnologia e sensibilità artigianale. “Ogni scarpone è un piccolo miracolo,” sorride. “Quando lo tieni in mano senti la storia e la scienza, la fatica e la bellezza.”

In tutto questo processo, il ruolo del designer è di traduttore: trasforma le esigenze dell’atleta in linee, materiali, spessori, colori. “Il design è anche un linguaggio,” spiega Allocco. “Non disegniamo per noi, ma per chi userà quel prodotto. Se sbagli una curva o un’inclinazione, comprometti una sensazione. Per questo studiamo ogni dettaglio, anche invisibile.
E nel suo lavoro, il contatto con le università è diventato fondamentale. Da alcuni mesi insegna Design Industriale e, come dice lui, “trasmettere conoscenza ai ragazzi è un po’ come rimettersi in pista. Ti costringe a ripensare ogni gesto. Ti riportano entusiasmo, ti costringono a guardare più lontano.

Oggi il design sportivo guarda oltre la performance.

La vera sostenibilità è la durabilità,” spiega Allocco. “Un prodotto deve poter essere riparato, risuolato, continuare a vivere. La longevità è rispetto, non nostalgia.” Così lo scarpone diventa racconto: di materiali, di mani, di montagne. È un oggetto che evolve, ma non dimentica le origini.

E le origini, per Allocco, si chiamano Alpini. Ad Aosta, dove fece la scuola militare alpina, imparò cosa significa disciplina, appartenenza, rigore. “È un mondo che ti forma. E forse proprio da lì nasce la mia idea di design: sobrio, funzionale, essenziale.” Un filo che lo ha portato a disegnare perfino la torcia delle Alpiniadi, simbolo di una tradizione che unisce spirito e territorio.

E di territorio parla anche il Museo della Fondazione Sport System, la memoria viva di Montebelluna. Nelle sue sale ci sono gli scarponi di Tony Sailer, vincitore a Cortina ’56, quelli della spedizione italiana al K2 del 1954, le scarpe autografate da Björn Borg, Baggio, Biaggi, Tomba, Paris. È la storia di un Paese che ha saputo trasformare la fatica in forma e la tecnica in poesia.

Montebelluna continua a disegnare il futuro camminando nel proprio passato. Un passo dopo l’altro. Come si fa in montagna.

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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