Negli anni Settanta, prima ancora che lo sci diventasse industria globale, tre mondi lontani si toccarono. Head, Tyrolia e Mares.
Un marchio americano, un’azienda austriaca pioniera negli attacchi, un brand italiano nato sott’acqua, nel 1949.
Da quell’incrocio inatteso nacque HTM. Tre iniziali, tre visioni, un’unica ossessione: innovare.
Gli anni ’80 furono il primo banco di prova.
Head tira fuori dal cilindro il nucleo in legno Radiale, poi cavalca la stagione degli sci corti (gli Hot), quindi sorprende tutti con il Traction System, la piastra ammortizzante integrata che – a distanza di quarant’anni – resiste ancora sulle piste di Coppa del Mondo.
Non moda, ma metodo.

Nel 1991 il gruppo allarga la visuale.
HTM acquisisce il calzaturificio Brixia, proprietario dei marchi SanMarco e Munari. L’obiettivo è chiaro: completare il cerchio. Sci, attacchi, scarponi. Perché gli anni Novanta stanno già bussando alla porta con una domanda nuova: integrazione. Il mercato vuole pacchetti completi, soluzioni chiavi in mano. HTM non reagisce: anticipa.
Nel frattempo Head resta dove dev’essere: in pista.
Nel 1992 arriva la medaglia d’oro di Patrick Ortlieb in discesa ad Albertville. Una firma pesante sul decennio che cambierà lo sci per sempre.
La rivoluzione si chiama carving.
Gli sci sciancrati ridisegnano equilibrio, appoggio, velocità. Head è tra i primi ad abbandonare il passato e guardare di lato, non più dritto. Curve più facili, più pulite, più naturali. Il pubblico ringrazia. Gli esperti si esaltano. Lo sci entra in un’era nuova.
Eppure non è un periodo semplice.
Tra un passaggio di proprietà e una strategia da ripensare, HTM tiene la barra dritta: innovazione e Coppa del Mondo. Semplice a dirsi, difficilissimo da fare. Eppure ogni prodotto lanciato sembra non rincorrere il mercato, ma precederlo. Un passo avanti, sempre.

Poi arriva il nome che cambierà la storia del marchio: Johan Eliasch.
Nel 1995 acquisisce l’azienda, capisce il valore del brand, e decide che va ripulito, riorganizzato, rilanciato.
Tre settori su cui puntare: sport invernali, tennis, immersioni. Poi una quarta divisione, quella delle licenze, a dare ossigeno e prospettiva. Nel 1997, HTM torna all’utile. È il segnale: la direzione è quella giusta.
SanMarco lascia il posto al logo Head.
La tecnologia Intelligence, nata nel tennis, passa sugli sci: controllo delle vibrazioni, risposta elastica più intelligente, sensazione di conduzione mai vista prima. Un innesto tecnologico che fa rumore nel mercato e fuori. Nel 2005 parte un nuovo viaggio: riposizionare il marchio, uniformarlo, dargli una voce sola.
Nel 2007 il nuovo branding esce allo scoperto, accompagnato da un altro tassello: gli attacchi Head, accanto ai Tyrolia, per completare l’offerta e rafforzare l’identità.

Ma il vero salto è in pista.
Il reparto racing viene riorganizzato, raffinato, reso chirurgico.
Arrivano atleti che diventeranno leggende: Cuche, Miller, Ligety, Vonn, Svindal, Jansrud, Fenninger, Riesch, Görgl, Gut, Pinturault, Mayer, Feuz. Una squadra che sembra una collezione da museo. E invece sono risultati, Coppe, medaglie. Sono prove che il materiale non è solo buono: è dominante.
Il resto è storia recente.
Head continua a investire, a sperimentare, a immaginare ciò che ancora non c’è. Non ha mai smesso. Non ha mai dormito sugli allori. Ogni mutamento del mercato è diventato opportunità. Ogni sfida tecnica è stata trasformata in un prototipo, poi in un prodotto, poi in un nuovo standard.
Oggi, guardando indietro, si vede un filo preciso:
innovazione come identità, atleti come specchio, visione come carburante. Head non ha solo seguito l’evoluzione dello sci. L’ha disegnata. E continua a farlo, un modello alla volta, un’idea avanti alla concorrenza.






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