Attrezzatura

Viaggio nel mondo degli sci artigianali di Filippo Carpani

A Lizzano in Belvedere, sotto a Corno alle Scale, dove l’Appennino si stringe in una piega di bosco e officina, c’è un capannone che sembra niente e invece è tutto. Dentro, il rumore è un alfabeto: sega, resina, pressa, risate, imprecazioni, idee. È il dialetto di una piccola azienda artigiana che da venticinque anni si ostina a costruire sci come se ogni paio fosse un figlio: sbagliabile, migliorabile, irripetibile. Carpani non è un marchio. È un carattere. E il carattere, qui, ha un nome preciso: Filippo Carpani.

Filippo assieme al socio Angelo Lugrini

Uno che parla come lavora: a spirale. Parte da un’anima in frassino e finisce a raccontarti i bagni al mare mai comprati; parte dall’impronta e ti porta da Luciano Panatti; parte da un decimo di millimetro e ti apre un romanzo di vita. Ma poi, sempre, torna al punto. Sempre. È un artigiano che non sarebbe mai dovuto diventare artigiano. Avrebbe potuto diventare allenatore come Sentieri e Boselli, suoi compagni di «slalom» dell’eccellenza dello sci emiliano degli Anni ’90. E invece eccolo, a metà tra un inventore di bottega e un filosofo della resistenza.
«Io sono un privilegiato», dice, e si capisce che non è una posa. Lui nel laboratorio ci sta come a casa: a volte ruggisce, a volte canta, spesso spiega. Sempre costruisce.

L’ingreesso dell’Azienda a Lizzano in Belvedere

La storia è semplice e impossibile insieme. Figlio di un fabbro e maestro di sci, Filippo non poteva che nascere con la neve nel sangue e il ferro tra le mani. Le prime idee arrivano da una stranezza: lui e l’amico Antonio Guidi volevano comprare uno stabilimento balneare. Rimini, ma non avevano tutti quei soldi. Occorreva poco meno di un miliardo di vecchie lire! Siamo nell’epoca in cui il Carving iniziava a cesellare le sciancrature degli sci, modelli che avevano bisogno di rialzi importanti, per poter disegnare curve così radicali. Così il mercato fu inondato di piastre che finora avevano solo la funzione di ammortizzare le vibrazioni.

Gli capitò in mano un modello della Bonni Modular: «Ma io un oggetto del genere te lo faccio in un secondo. E anche meglio» disse a Guidi, certo di poter mettere in pratica ciò che suo papà gli aveva insegnato. È così che nacque la GuiCar, Guidi e Carpani, subito adottata da diverse aziende dello sci.

La nuova mappa dell’azienda impostata da Angelo Lugrini

Poi arriva una pagina di romanzo. Prima c’è Luciano Panatti, compianto tecnico della velocità della Valanga Azzurra, il maestro che costruiva per Spalding – poi diventata Prime – e che gli insegna tutto, il mestiere, la visione, la severità, la precisione. Filippo voleva solo presentargli le sue piastre ma poi in quella fabbrica passa ore a guardare, ad ascoltare, a mangiare polvere e sapere. E una frase che gli resterà addosso per sempre: «Se vuoi costruire sci, prima di tutto controlla il processo». 

Filippo passa giornate intere nel capannone della Valchiavenna, osserva, ascolta, assorbe. Poi arriva l’incendio: la fine di un mondo e l’inizio di un altro. Entra in scena Blossom, realtà più piccola, più vicina alla mano, dove tutto si vede e tutto si impara. È lì che, insieme ad Antonio Guidi, Filippo disegna gli stampi dei Blade, prodotti da Blossom ma progettati da lui: i primi sci che portano davvero la sua firma.

Gli stampi dei vari sci rappresentano uno degli investimenti più importanti

Quando capisce che quella strada è la sua, serve un’officina vera. E il destino gli manda Mario Fidanza, che tanti anni prima aveva creato gli sci Sfida. Gli apre le porte di un capannone enorme che era ancora lì, coperto di polvere. Macchine tedesche abbandonate, una sega del ’48 che ancora canta.

Fidanza gliele affida con una frase che sembra una benedizione: «Un assegno quest’anno, uno l’anno prossimo, uno quello dopo». È una botta emotiva, più che finanziaria: quegli strumenti, quegli stampi, quelle presse sono un’eredità. Fidanza gli passa il testimone come si passa una fiamma olimpica. «Ma una cosa sola: queste macchine devono continuare a lavorare anche quando io non ci sarò più». È da quel passaggio che nasce la bottega Carpani: un pezzo alla volta, una macchina alla volta, un debito d’onore alla volta. Tra slitte di legno, telefonate senza orologio, prototipi spariti nei cassetti e notti col sapore di ferro caldo, la Carpani che conosciamo prende vita.

I vari tipi di legno utilizzati

Poi arriva Angelo. Non dalla neve, ma dall’industria medicale. Un altro mondo. All’inizio è solo un cliente: compra gli sci, prima i Blade, poi i Carpani nel negozietto storico che Filippo conduce a Vidiciatico sotto al Corno. Filippo lo chiama per stilare il contratto che lo avrebbe legato alla slovacca Jelinkova. «Io di ste cose non ne capisco nulla. Io so fare gli sci!». Infatti, ad Angelo Lugrini arriva un pezzo di carta un po’ sporco di resina e scritto con un inglese maccheronico.

Poi si scopre che Angelo ha un passato da manager formato in Giappone, in Toyota. Flussi, isole di lavoro, sprechi, standardizzazione. La lingua opposta rispetto a Filippo. È lì che tra i due scatta qualcosa: una fiducia artigiana, spontanea, fatta più di stima che di parole. Angelo inizia a dare una mano, poi un’altra, poi un’altra ancora. E senza quasi accorgersene, entra nella vita dell’azienda. La prima cosa che fa è misurare i passi. Per capire dove si perde tempo. Risultato: 16 chilometri al giorno camminati dagli operatori. Sedici. Ridisegna tutto e appende a una parete la mappa della fabbrica: postazioni avvicinate, spazi compattati, materiali pronti in «alveari», passaggi obbligati. Una lisca di pesce, come dicono in Toyota. Oggi si cammina un terzo. E si produce di più, meglio, con meno errori.

Tra i due nasce un piccolo teatro quotidiano. Filippo ogni tanto «sperimenta di nascosto»: cambia uno spessore, prova una campana nuova, prepara un prototipo che «non era previsto». Angelo controlla il gestionale e puntualmente scopre un modello fantasma.

«Questo chi l’ha deciso?»
«Io… non lo venderemo mai, però è strategico» risponde Filippo, serissimo.

Un teatrino irresistibile: Filippo inventa, Angelo governa. Filippo apre cento porte, Angelo ne chiude novanta. Filippo si perde, Angelo lo riporta al punto. Si punzecchiano, si contendono ogni centimetro tra follia e logica. Ma è proprio in quell’attrito che si accende la scintilla della nuova Carpani. In pratica, la persona che ci voleva. Angelo non spegne niente: ordina. Dà un metodo alla follia e una rotta alla passione. Fa sì che un’azienda da 130 paia l’anno arrivi a 800 e punti a 1500.

La sostanza qui, è l’anima. Letteralmente. Il legno arriva da una segheria in Friuli. Faggio e frassino, soprattutto. Ma non un frassino qualsiasi: frassino tagliato fino a 80 anni fa, essiccato lentamente, naturalmente, vicino ai corsi d’acqua. Nessun forno industriale che chiude i pori. Un materiale che respira come un organismo vivo, con un’umidità stabile fra il 4% e il 6%. 

E qui sta l’equivoco più bello: molte delle tecnologie nate per l’agonismo – legni selezionati, stratificazioni da laboratorio, pressa lenta, impronte su misura – vengono poi tradotte in una forma più accessibile, più “guidabile”, pensata anche per lo sciatore esperto che non cerca una manche da gara ma pretende comunque prestazioni alte e una precisione sincera sotto i piedi.

Ogni anima richiede cinque passaggi: massello, taglio, incollaggio, fianchi, forno, calibratura. L’anima da gara costa dieci volte quella industriale. Ma Filippo la prende, la sente, la batte con le dita come si farebbe con una tavola da liutaio. Capisce il tono. La seleziona.

Poi passa alla macchina che ha inventato lui. Un banco pneumatico, un laser, una misura precisissima: la freccia. Come flette l’anima, quanta pressione oppone, come «canta». Ogni coppia di anime deve rispondere allo stesso modo. È la base del lavoro. E tutto deve essere misurato a 20°C, sempre. Per questo stanno allestendo una stanza termicamente controllata: «A 30 gradi l’anima è molle, a 5 gradi è un’altra cosa. Se vuoi precisione, devi togliere il caso».

Il resto è una danza precisa: titanal, kevlar, carbonio, gomma antivibrazione, fenolici, fianco ABS, soletta in sinterizzato. Ogni modello ha il suo alveare di materiali, le sue cassette numerate, e colorate, la sua “ricetta”. «È come un Cubo di Rubik – dice Angelo –  se muovi una faccia, ti cambia tutto il resto. Lo sci è così: tocchi un parametro e ne cambiano altri cinque». Gli strati si posano uno a uno. Si inseriscono le lamine, si chiude lo stampo. Lo sci entra in pressa.

Qui c’è una scelta di filosofia: il ciclo Carpani dura 32 minuti. Con la resina che usano, potrebbero farlo in dieci. Ma dieci non bastano per far maturare la struttura chimica nella forma giusta: tetragonale. Se corri, l’attrezzo è rigido, vibra, “clicca” nelle pieghe importanti. Filippo preferisce il tempo lento. E i test con Adriana Jelinkova lo confermano: dopo centinaia di curve a 4G, lo sci perde appena il 3% di flessione. «Molti attrezzi industriali – dice – calano del 20% nel primo anno». Dopo la pressa, lo sci deve riposare almeno due settimane. «È come il vino», spiega. «La vendemmia la fai tutti i giorni, ma se lo bevi subito, è aceto.».

In fondo al laboratorio c’è la macchina più misteriosa: la preparatrice di impronte. Chi la compra deve accettare una regola: condividere le proprie dieci strutture principali con gli altri costruttori che la utilizzano. In cambio, accede a un database immenso di impronte testate su nevi, umidità, temperature diverse. È come avere la biblioteca mondiale delle piste direttamente sotto il Corno. Filippo ci gioca come un compositore: cambia angoli, profondità, velocità di avanzamento. Sa che basta un grado di inclinazione per trasformare uno sci. La differenza tra uno sci che vola e uno che frena è spesso invisibile.

I rapporti con gli atleti sono costruiti sul rispetto, non sui contratti: quello con con Jelinkova si è interrotto, ma è fortissimo quello con il master Luca Novi che usa sci durissimi che «gli altri non tirano nemmeno una curva». Con questi sci è diventato campione del mondo!  Poi c’è un’ungherese del 2009 che oggi è al vertice mondiale della sua categoria. Ma tanti passano in officina chiedendo «quel flex lì». La personalizzazione è totale: misure, curve, durezze, stratificazioni, variazioni da mezzo decimo. Arrivano, provano, danno feedback, smontano certezze, chiedono modifiche minime ma decisive: un mezzo millimetro, una curva che sale o scende, un’anima più rigida davanti, più morbida dietro. Gli atleti lo cercano perché sanno che Carpani costruisce per passione, non per marketing.

Ma gli sci Carpani dove si trovano?  Non nei negozi. Per scelta. Perché uno sci così va provato, non raccontato. Perché «non esiste lo sci migliore, esiste lo sci migliore per te». Per questo esistono i centri test in Appennino, Dolomiti, Piemonte, Alto Adige, Trentino: laboratori veri, preparatori veri, gente che capisce la neve. Da quattro sono diventati nove, e crescono ancora. Il passaparola spinge all’estero: Svizzera, Olanda, Repubblica Ceca, Stati Uniti. La richiesta supera la produzione. In estate hanno costruito 100 paia per magazzino: a ottobre erano già finiti. La domanda cresce, la produzione va a regime, ma il DNA resta quello di sempre: ogni sci porta la storia di chi l’ha fatto.

Carpani oggi è un’azienda piccola che lavora come un’azienda grande, ma con l’anima di una bottega. Ha macchine da laboratorio e logiche da officina, standard giapponesi e storie emiliane, resine al grado centesimale e legni che profumano d’antico. Il futuro è fissato a quota 1500 paia. Poi si vedrà. Magari un capannone nuovo. Magari no, perché qui dentro c’è una magia difficile da spostare. Alla fine, uno sci Carpani è un paradosso: nasce dal caos creativo di Filippo e dalla geometria di Angelo. Dal legno vecchio di 80 anni e da una macchina al micron. Dalla pressa lenta e dall’impronta a cinque assi. Dalla memoria dei grandi maestri e dal futuro dei giovani ingegneri che ancora non ci sono.

È un pezzo di Appennino capace di parlare alla Coppa del Mondo. Una bottega che costruisce strumenti di precisione. Un laboratorio che ha l’odore della neve anche quando fuori è estate. E soprattutto è questo: lo sci che mette insieme un uomo che sogna e un uomo che organizza. Un equilibrio raro, fragile, potentissimo. Un po’ come una curva bella: parte leggera, esplode, ritorna. Come Filippo. Come Carpani.

Filippo assieme al pluri campione del Mondo Luca Novi

Master Lasciamo quel piccolo capannone di Lizzano con un’ultima domanda che sa di saluto: «Filippo, voltati indietro, rifaresti questa vita?». Lui si gira, ci guarda un secondo più del necessario. «» dice. «Anche se…».
La frase rimane sospesa, come una curva che non vuole finire. Poi Filippo tira su il capo, si asciuga la mano sui pantaloni da lavoro, si passa una mano sugli occhi, rapido, come per togliere un granello di segatura e riprende: «Sì. Perché quando vedi uno sciare con uno sci che hai fatto tu… è come vedere un figlio andare dritto».


La voce si ferma lì. Poi sorride, ma è un sorriso corto, come se gli mancasse una parola che non vuole dire…


LE LINEE PRINCIPALI

La gamma Carpani si articola su tre linee principali:

LINEA WCT
Nata dalla collaborazione con istruttori nazionali e atleti, combina know-how agonistico e facilità di gestione. Materiali da competizione e geometrie studiate consentono una sciata fluida e precisa, con stabilità e reattività costanti. Disponibile in quattro misure (171–185), permette di scegliere l’arco ideale: la corta resta efficace anche su curve ampie, la lunga sorprende per agilità negli archi stretti.

LINEA RACING
Include i modelli GS (188,190,5,193 cm), SL (157, 165 cm), SG e DH progettati per atleti di livello assoluto. Le strutture sono calibrate per garantire equilibrio tra stabilità, precisione e reattività in qualsiasi condizione. Materiali ad alte prestazioni e la tecnologia SRP, assicurano scorrevolezza, velocità e controllo totale in tutte le discipline.

LINEA PERFORMANCE
Tre modelli dedicati ai Master e agli sciatori esigenti: AR-S (più dinamico), AR-M (polivalente) e AR-L (stabile e preciso). Derivati direttamente dalle tecnologie da gara, offrono una sciata fluida e reattiva a ogni velocità. L’esclusivo «Titanal Precision Shaped» dona valori di flessione e torsione costanti, garantendo una risposta uniforme su qualsiasi arco.

In tutte le linee permane la filosofia originaria: sci «nati in pista e perfezionati con passione», pensati per portare la performance a un livello superiore.


I nove centri test carpani

FEDE BOOTFITTING – RISCONE DI BRUNICO (BZ)
www.fedebootfitting.comfederico.aina@libero.it – Whatsapp: +39 338 7254109

CENTRO TEST SKI LAB – DESIO (MB)
www.skilabdesio.itinfo@skilabdesio.it
T negozio: +39 0362 621220
Mobile / Whatsapp: +39 333 9445245

CENTRO TEST NOLEGGIO DELBONO – PONTE DI LEGNO (BS)
T +39 0364 91104

CENTRO TEST SKI & BIKE GIULIANI – SORAGA DI FASSA (TN)
T +39 0462 758011

CENTRO TEST YOGHILAB – BARDONECCHIA (TO)
yoghilab@gmail.com – T +39 340 4893572

CENTRO TEST MONTEROSA SKI TOUR – ALAGNA VALSESIA (VC)
www.monterosaskitour.comInstagram: kristiano_ski
Whatsapp: +39 347 2521910

CENTRO TEST CARPANI SCI – LIZZANO IN BELVEDERE (BO)
T +39 0534 688140

CENTRO TEST CST SAVOGNIN – SWITZERLAND
T +41 816371100

CENTRO TEST SNOW & SPORT BASE – THE NETHERLANDS
T +31 681379766

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

Add Comment

Click here to post a comment