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Dorothea Wierer, grinta e charme

Abbiamo un’ospite d’eccezione in questo numero di Sciare, è un’atleta che ama la neve, ama la fatica e sa mirare con determinazione ai suoi obiettivi. No, non è una sciatrice, non almeno nel senso che siamo soliti intendere su queste pagine, anche se lei sa sciare e ama scendere, oltre che salire. La protagonista di queste pagine è Dorothea Wierer, biathleta, ma soprattutto donna che sa godersi la vita e, con la sua bellezza e la sua simpatia, sa farla godere anche a chi le sta vicino. Cominciamo l’intervista proprio da qui.

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Come si fa a restare belle facendo uno sport faticoso e da un certo punto di vista molto maschile come il biathlon?
«Per me è importante sentirsi bene anche come donna, non solo come atleta, per questo un po’ di mascara e di trucco non mancano mai, soprattutto sugli occhi con prodotti specifici idrorepellenti, perché se no quando piove o nevica crolla giù tutto e non vedo più niente! Ho anche l’eyeliner tatuato».
Quando sparate al poligono certi primi piani possono essere impietosi, con te però non lo sono mai.

Olympics Winter Games PyeongChang 2018.
Italy’s Dorothea Wierer during Ladies 7,5 Km Sprint, Alpensia Biathlon Centre (KOR), 10/02/2018
Photo: Pentaphoto/Giovanni Auletta

«A me piace anche combinare orecchino con occhiale, cerco di far star bene i colori fra loro e di sicuro in gara non lascio nulla al caso. Mi viene naturale anche quando esco di casa, amo molto curare il mio aspetto».
Come concili la vita privata di donna e moglie con allenamenti e trasferte?
«Ammetto che mi pesa stare via tanto da casa, dove lascio mio marito (il trentino Stefano Corradini, ndr). Quando le cose vanno bene tutto è più facile, nei periodi no invece patisco un po’ di più. Per fortuna lui era uno sportivo e ora fa l’allenatore, quindi capisce benissimo la mia vita e mi aiuta psicologicamente ad affrontare ogni situazione: sa sempre se ho bisogno di più tempo per me o se ho bisogno di lui».


Riesce a seguirti ogni tanto?
«Pochissimo, non più di un paio di gare a stagione, perché allena il Comitato trentino di fondo e gira tutto l’inverno con i suoi ragazzi. In ogni caso preferisco che non interferisca con la mia carriera di atleta, quando sono a casa voglio staccare completamente e con lui voglio vivere una vita da coppia normale, senza parlare di gare e di allenamenti. Lui in ogni caso non ha bisogno di parlarmi per capire come sto».
Sui social vai fortissimo, hai molto successo, soprattutto in Germania e Russia.
«Il biathlon in Germania è paragonato al calcio, in Russia all’hockey su ghiaccio, questo per dire il livello di popolarità che ha raggiunto. Anche in Francia sta crescendo un sacco, aspettiamo che faccia altrettanto in Italia, dove noto un po’ più di seguito rispetto al passato, ma molto dipende dalla televisione, dovrebbero farne vedere di più. Certo, i nostri risultati non possono che aiutare. Credo in ogni caso che resterà sempre uno sport di nicchia, non mi immagino la gente del sud che si appassiona al biathlon! La mancanza di popolarità ha vantaggi e svantaggi: di sicuro non essere tanto famosi regala più tempo libero, ma a volte è davvero frustrante vincere una gara importante, essere esaltati all’estero, ma non essere cagati nel tuo Paese».

Sport a tutta Wierer!

Divertente, emozionante, imprevedibile. Così alla fiera di Skipass un giovane biathleta ha definito il vostro sport. Cosa ne pensi?
«Condivido. Imprevedibile lo è sicuramente, divertente anche, ma non sempre, perché puoi essere in forma sugli sci ma magari poi spari agli uccelli e vi assicuro che sbagliare tre tiri di fila al poligono e arrivare trentesimi non è per niente divertente! Quanto alle emozioni sì, ne dà tante, proprio per la sua imprevedibilità».
Imprevedibile ok, ma i valori in campo sono abbastanza consolidati, i forti sono forti e anzi, proprio nel biathlon ci sono molti serial winner che hanno fatto la storia, vedi Bjoerndalen o Fourcade.
«Quando fai un buon risultato acquisisci la consapevolezza di poterlo fare e quindi ti aspetti di arrivare davanti in ogni gara. Non riuscire a farlo diventa molto frustrante. Di certo nel biathlon devi mettere assieme tanti fattori fisici e mentali, tutto deve essere a posto, perché se sei stanco tiri male e se tiri male ti stanchi di più a fare fondo. Serve anche fortuna, si è visto benissimo all’Olimpiade, una folata di vento poteva decidere l’esito di una gara. Ma capita, si sa, è uno sport outdoor».


Cosa diresti a un giovane per promuovere il biathlon?
«Gli direi che facendolo non si stuferebbe mai, perché combina due sport completamente diversi che richiedono capacità diverse, questa è la sua bellezza. Dà molto anche a livello umano. Non dimentichiamo che per fare biathlon devi avere il porto d’armi, ciò che comporta una grossa responsabilità anche civile. Una carabina non è un giocattolo, se la usi male puoi fare disastri».


Cosa ti piace e cosa no del tuo fisico?
«Mi piace essere femminile, con quel po’ di seno che manca a quasi tutte le mie avversarie e in generale alle sportive. No, non mi dà fastidio, esistono ottimi reggiseni per fare sport e ovviamente li uso. Non mi piace invece essere così robusta, con tanti muscoli, che tolgono femminilità. Come tutte le donne poi ho i giorni in cui mi piaccio e quelli in cui mi piaccio di meno, e sì, un’altra cosa che cambierei del mio fisico è l’altezza, sono bassa, 158 cm, 5 in più li prenderei volentieri, è dai tempi della scuola media che non cresco».
Con i tuoi capelli che rapporto hai?
«Non mi creano tanti problemi, li ho da sempre lunghi e lisci, li taglio due volte all’anno e me li asciugo sempre col phon per evitare che mi venga il mal di gola, li piastro quando devo uscire con gli amici».
Cosa fai nel tempo libero?
«Amo lo sport, ma nel tempo libero faccio altro. Shopping, aperitivi con gli amici, feste, ormai poche perché al mio fisico ora serve più tempo per recuperare, ho 28 anni e rispetto a 10 anni fa sento la differenza, ci metto molto più tempo per smaltire una festa ben fatta!»
Ti piace cucinare?
«Cucina meglio mio marito, io ho poco tempo e non vado oltre i piatti basici, quando serve preparare una cenetta buona buona ai fornelli ci sta lui».
E mangiare?
«Mi piace tanto, anche troppo, mangio di tutto e a volte avrei bisogno di controllarmi un po’ di più, impazzisco per i dolci e non riesco a rinunciarci, una bella fregatura. Mentalmente mi fanno stare bene, ma so che se riuscissi a eliminarli potrei migliorare anche le mie prestazioni sportive, devo farci un pensierino».


Torniamo allo sport, alla stagione alle porte che per voi biathleti culminerà con i Mondiali in programma dal 7 al 17 marzo a Ostersund, in Svezia.
«Non è facile programmarsi per il grande evento, qualcuno ci riesce altri no, come detto prima serve anche la fortuna. Ovvio che l’obiettivo è vincere gare e fare medaglie, ma molto dipende anche dagli avversari».
Hai già vinto medaglie importanti a livello individuale e di squadra. Vedi una differenza fra le due cose?
«No, anche se tutto è molto diverso la gioia è la stessa, di sicuro gareggiare per la squadra dà una spinta in più».
Che rapporti hai con le compagne e con le avversarie?
«A me piacerebbe avere buoni rapporti con tutti, molte straniere però non hanno voglia di comunicare anche perché non parlano l’inglese, vero è che abbiamo poco tempo, fra fondo e tiro siamo sempre indaffarate. Con le compagne di squadra invece il rapporto è ottimo, andiamo spesso in vacanza assieme, solo noi senza mariti o compagni. Quest’anno siamo state in Sardegna, in passato anche a Malta e Ibiza».
Tanto mare dunque…
«Amo la montagna, ma anche il mare mi piace molto e a fine stagione sento proprio il bisogno di andarci per rilassarmi e abbronzarmi; è importante per staccare e vedere qualcosa di diverso».
Sei un’atleta di altissimo livello, ma sembri anche una donna normale…
«Sì è così, e il fatto che non viva solo per le gare e l’allenamento forse è un handicap per l’atleta, ma non posso farci niente se non riesco a vivere solo per lo sport. A me piace vedere e conoscere altre cose, sono giovane adesso e questi anni non torneranno più, perché poi arriveranno i bambini… Penso di fare ancora due anni fino ai Mondiali di Anterselva 2020, poi avrò 30 anni e sarà tempo di pensare di più alla mia famiglia».


IL SUO PALMARES
Dorothea Wierer è nata il 3 aprile 1990 a Brunico ed è cresciuta a Rasun di Anterselva, in Val Pusteria. Dal 2015, dopo il matrimonio con Stefano Corradini, vive in Trentino, a Castello di Fiemme. Già fortissima a livello juniores (è stata la prima biathleta italiana a vincere un titolo mondiale giovanile), in carriera ha conquistato una medaglia d’argento nell’inseguimento individuale ai Mondiali di Oslo nel 2016 e due medaglie di bronzo olimpiche (Sochi 2014 e PyeongChang 2018) con la staffetta mista che le ha regalato anche due bronzi mondiali, nel 2013 e 2015. In Coppa del Mondo vanta il terzo posto nella classifica generale 2016 e la vittoria di Individuale, sempre nel 2016. Dei suoi 31 podi in Coppa 10 sono stati ottenuti con la staffetta, mentre il conto delle vittorie è a quota sei, quattro individuali e due a squadre, una con la staffetta mista e una tutta femminile.


PER FARE CENTRO
Ogni biathleta ha una carabina personalizzata, Dorothea usa la stessa da quattro anni («cambio solo il colore!») e raramente ne modifica le regolazioni e le impostazioni, cosa che altri atleti fanno a seconda dei poligoni in cui devono sparare. Il prezzo di una carabina è di circa 5000 euro.

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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