Ambra Pomarè non entra mai in scena facendo rumore.
Arriva di taglio, a testa bassa, con quella timidezza che sembra un freno e invece è solo concentrazione pura.
La guardi e pensi che passi di lì per caso. Poi parte. Chiude la maschera. E capisci che il caso, con lei, non ha mai avuto diritto di parola.
Zinal era una storia aperta.
Una pagina rimasta storta: la squalifica assurda, il bip sbagliato, la falsa partenza che le aveva portato via una Coppa Europa già scritta. Oggi quella pagina l’ha rimessa dritta. Il tempo l’ha sentito bene. La montagna anche.
Ambra è così: prende, incassa, cresce.
Due anni fa raccontava di sentirsi “piccola”, di guardare le altre come giganti.
Oggi quella frase suona come un vecchio pensiero rimasto nei cassetti: non più negato, semplicemente superato.

Viene dai campetti di Cortina, dalle linee dei fratelli, da mamma e papà che lo sport vero non l’avevano mai respirato e si sono ritrovati una figlia che correva più veloce dei loro timori.
Poi la C, la maturità, le valigie sempre aperte, le notti corte, la B affrontata con più domande che certezze.
E però una cosa non l’ha mai persa: la spinta. Quella vera. La grinta che non alza la voce, ma la cambia.
E quella sincerità che spiazza: “Mi fido dei consigli. Metto testa e cuore. Il resto lo faccio andare.”
Detto così, come viene. Come fanno gli onesti. Forse sta lì il suo segreto.
Non finge durezza. Non veste corazze. Non si racconta invincibile. Lavora.
Accetta che crescere bruci. E intanto avanza. Una porta alla volta.
La vittoria di oggi lo dice chiaro: non è più l’Ambra di ieri. È più piena, più dentro, più capace di tenere il peso e farlo diventare ordine. La timidezza resta, certo. Ma è una timidezza che affila, non che frena.
Le sue montagne la stanno aspettando. Lei ci sale in silenzio, ma lascia impronte profonde. Oggi si è presa ciò che le spettava. Con maturità. Con sostanza. Da atleta che non deve più dimostrare di essere cresciuta: lo sta facendo, ogni giorno, senza dire nulla.






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