Gare

Annie cuore di Lillehammer

 Aveva appena due anni quando la fiaccola olimpica illuminava il cielo di Lillehammer dove Annie Winquist è nata il 2 giugno 1993 e dove ancora oggi vive con mamma Hannie e papà Dag. Ma oggi i suoi famigliari l’hanno raggiunta al traguardo pur senza cullare sogni di gloria. Ed ora che il superG le ha regalato la medaglia d’oro poco o nulla sembra stravolgere le sue emozioni che rimangono forse strozzate dall’incredulità: “Certo che sono felice perché non mi aspettavo di vincere e poter andare alle finali di Schladming rappresenta un’opportunità bellissima”. Non salta, non sorride, non si abbandona all’euforia come dovrebbe essere per un’outsider che col 45 rompe un podio già scritto. E non sventola nemmeno le lunghe trecce bionde che chiunque al suo posto userebbe come le pale di un elicottero per volare in alto. E’ persino più felice l’elvetica Joana Haelen, classe ’92, che invece avrebbe ogni comprensione per maledire quei tre centesimi di ritardo che l’hanno separata dal successo. “Non fa niente, le gare sono così, Annie è stata bravissima e io potrò rifarmi in discesa libera che è la mia specialità preferita”. Mamma Monika e Papà Peat la consolano, ma senza esagerare, perché sanno bene che la carriera di Joana è appena agli inizi e che avrà tante altre occasioni per vincere. In superG poi non ha mai combinato nulla di speciale, perché lei va forte in discesa (3a in Coppa Europa a Sella Nevea). Annie invece, non ha nulla a che fare con la velocità: “Ma visto come sono andata oggi in superG, che pure è uno dei primi che faccio quest’anno, un pensierino alla libera sono obbligata a farlo. Noi norvegesi in queste occasioni riusciamo spesso a ottenere il massimo risultato”. E’ quello che sostiene anche Ragnhild Mowinckel che rischia di essere incoronata reginetta del Mondiale: “Sarebbe l’ennesima sorpresa, com’è avvenuto in slalom gigante, incredibile e come è capitato anche oggi, perché non mi aspettavo di salire sul podio”. C’è una magia nell’aria che l’avvolge e il freddo carattere del nord non le appartiene di certo: “Quasi, quasi prendo casa a Roccaraso perché la mia carriera, posso dire, è decollata proprio qui”. Sotto braccio c’è la sua amica Joanna. Una norvegese e una svizzera, come mai? “Ci siamo conosciute in una gara due anni fa e da allora siamo diventate amiche. Ma amiche vere, non solo sulle piste, ci incontriamo spesso nella vita comune e sono felicissima di salire sul podio assieme a lei”. I suoi occhi tanto simili a quelli stilizzati del lupo sul logo dei Mondiali la dicono lunga su ciò che ancora potrà accadere: “Per ora sono in testa anche alla combinata (somma del risultato di gara di discesa, gigante e slalom) e nell’ultima gara cercherò di non perdere quest’altra occasione”.

Ne è rimasta una anche per le ragazze di Heini Pfitscher che oggi, com’è stato nei giorni precedenti per la squadra maschile, hanno forse perduto un’occasione: “Eh sì, è un peccato, perché ne abbiamo 4 nelle trenta – ha detto l’allenatore responsabile delle nostre – e siamo a meno di un secondo dalla medaglia. Peccato perché oggi hanno sciato bene, quindi ottima cosa per il passo in avanti fatto rispetto al gigante e allo slalom”. Stefano Dalmasso annuisce e allarga un po’ le braccia, ma il suo gesto non è di sconforto, più che altro sottolinea l’ennesima chance perduta, poiché oltre a sciare bene “bisognava rischiare un po’ di più e mollare dove si poteva”. Damiano Scolari, preparatore atletico, spiega ancora meglio: “E’ nella parte centrale che dovevano lasciare andare di più gli sci, invece hanno tenuto troppo temendo che il tracciato girasse troppo”. Karoline Pichler, dodicesima al traguardo, conferma. “Non è andata male, però se ripenso alla mia discesa mi vengono un po’ i nervi. In alto, dove girava di più, ho mollato troppo, mentre nella seconda parte dove bisognava fare velocità, ho messo gli sci eccessivamente sullo spigolo”. Alessia Medetti è ancora più contrariata: “Certo che sono delusa. Mi hanno detto che ho sciato bene, ma quando scii troppo bene poi il risultato è pessimo”. In un angolino c’è Jessica Mazzocco disperata. Arrivata a Roccaraso in sostituzione della nostra fuoriclasse Sofia Goggia, infortunatasi a 3 giorni dal Mondiale, non ha concluso la gara. Il suo allenatore aspetta che le lacrime terminino e poi le spiega le  pecche tecniche patite sulla Direttissima. Quella pista che forse alla vigilia tecnici e atleti hanno sottovalutato, ma che in realtà si è rivelata bellissima, tecnica e completa. Ideale per un Campionato del Mondo!

 

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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