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DH Beaver Creek: Svizzera in festa

Nessuno ha saputo superare la Birds of Prey senza errori seppur accorciata (partenza abbassata e una trentina di secondi in meno). Chi ha sbagliato di meno ha vinto e i più regolari sono avvolti da una bandiera rossocrociata: primo, per l’undicesima volta in carriera (la settima in discesa)  Beat Feuz, per soli 7 centesimi migliore del connazionale Mauro Caviezel che a questo punto diventa la sopresa di questo inizio di stagione ma probabilmente protagonista dell’anno. Un solo centesimo dopo c’è Aksel Lund Svindal che è stato autore di una gara abbastanza strana: prima perde mezzo secondo, poi nel tratto meno impegnativo lo recupera per sfruttare al massimo la parte conclusiva dove quasi sempre sa fare la differenza rispetto a tutti. Ricordiamo quel tutore che ancora è costretto a tenere per un’operazione patita al pollice.
Tutti vicini gli altri: Adrien Theaux perde solo 21/100 da Feuz, Johan Clarey 26/100 esattamente come Vincent Kriechmayr che ha preceduto di poco il capitano Hannes Reichelt.
Dominik Paris non ha sciato male ma ha fatto scelte di linea probabilmente sbagliate. Ma queste cose le scopri solo dopo. E’ rimasto in gara (2 decimi) fino a metà gara, poi il gap è salito fino a +77/100.
Si accomoda così tra i delusi assieme a Kjetil Jansrud che pur è transitato a metà pista con un vantaggio di 3 decimi. Poi, qualcosa lo ha frenato (la visibilità?) e il piedino felpato non è riuscito a premere l’acceleratore fino in fondo: +0.92, peggio della coppia austriaca Mayer-Franz, entrambi rimasti alle spalle di Domme.
Ancora peggio è andato Christof Innerhofer che ha portato a casa un ritardo superiore al secondo. Quando è riuscito a tenere linee strette, da condurre tutte sulla lamina ha fatto il miglior tempo, poi è andato a perdere sempre di più. Gara fotocopia quella di Peter Fill fino a metà percorso, quando una gobba male assorbita l’ha mandato sci all’aria. Una gran botta ma il pollice verso l’alto ci ha dato  la certezza che ossa e legamenti sono integri. Emanuele Buzzi ci ha fatto sperare in una grande performance perché fino a metà gara perdeva da Feuz soltanto 23/100. Poi si è alzato troppo per tenere le linee più corrette prendendo aria. Con 1″01 di ritardo, in una classifica molto corta, si trova attorno alla ventesima posizione.

Un erroraccio ha fermato  Aleksander Aamodt Kilde che è riuscito a rimanere in pista per miracolo, ma la frenata è stata netta. Senza quella sciagurata curva passata col sedere sulle code, avrebbe potuto raccogliere qualcosa di più. Poi anche lui come Matthias Mayer, è partito scivolando con il bastoncino che ha perduto la base d’appoggio nel momento di maggior spinta.
La notizia peggiore è però un’altra: il tedesco Thomas Dressen è finito nelle reti e non è stato capace di rimettersi in piedi. Lo ha accompagnato al traguardo il toboga. Incrociamo le dita.
Tra gli atleti partiti nelle retrovie, soltanto l’americano Steven Nyman ha lasciato il segno con un discreto ottavo posto ottenuto con il pettorale 26.
L’ultimo colpo poteva metterlo a segno l’austriaco Otmar Striedinger, vincitore dell’unica prova effettuata, ma non ha saputo ripetersi finendo ben lontano dai migliori.

Do,ani il superG, domenica il gigante

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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