Emma Aicher vince la seconda discesa di St. Moritz. La tedesca, 22 anni, ferma il cronometro in 1’30”50, davanti a Lindsey Vonn, 41 anni, staccata di 24 centesimi, e a Sofia Goggia, terza a 29 centesimi. Laura Pirovano chiude sesta, ancora una volta nel cuore della gara.
Questa è la notizia.Il resto è ciò che vale la pena raccontare.
Perché oggi, sulla Corviglia, il tempo non ha scelto da che parte stare. Ha semplicemente messo due generazioni una accanto all’altra, senza sconti né indulgenze. Diciannove anni di differenza tra la prima e la seconda, e una pista che non concede vantaggi anagrafici: chiede presenza, lettura, precisione.
Aicher vince con una discesa che colpisce più per maturità che per irruenza. Non parte a tutta, non cerca di dominare la pista nei primi metri. Sta alta, prepara i dossi, entra nei salti con anticipo. Dove molte si fanno portare sotto, lei resta sopra la linea, senza rigidità. Il suo punto chiave è il quarto settore: lì è la più veloce di tutte, non perché rischi di più, ma perché spreca meno. Sci sempre presenti, mai piantati, mai scomposti. È una vittoria costruita centimetro dopo centimetro, non metro dopo metro.
Vonn, dietro, fa qualcosa che va oltre la classifica. Non replica la discesa di ieri – sarebbe stato chiedere troppo anche alla storia – ma dimostra che il ritorno non è una parentesi romantica. Qualche atterraggio è più difensivo, qualche correzione costa velocità, ma nel tratto centrale Lindsey scorre come poche. Sa dove la pista restituisce e dove, invece, pretende. A quarantuno anni, con un ginocchio ricostruito e una carriera già consegnata ai libri, non scia per resistere: scia per competere.
Sofia Goggia è terza con una discesa più completa rispetto al giorno precedente. Parte meglio, entra più convinta nei primi salti, attacca. Gli errori ci sono, soprattutto negli atterraggi quando l’esterno scappa e l’azione si apre, ma la velocità resta altissima. Sofia non è mai in gestione: è sempre in pressione, sempre in spinta. Il podio arriva perché, anche sbagliando, resta una delle poche capaci di trasformare l’errore in velocità residua.
E poi c’è Laura Pirovano, sesta, dietro a Breezy johnson e a Mjrian Puchner e forse la più “narrativa” delle azzurre. La sua discesa è aggressiva, a tratti persino eccessiva, con un grande collegamento nella parte centrale che la riporta in quota quando sembra destinata a perdere. Nella diagonale finale paga uno squilibrio evidente, perde appoggio e scorrevolezza, ma il dato resta: Laura è stabilmente dentro il gruppo che conta, su una pista che non fa sconti a nessuno.
Piò inndietro le altre Azzurre: Roberta Melesi, 22esima, Nicol Delago 25esima poco più inndietro la sorella Nadia
La Corviglia, oggi, ha premiato chi ha saputo stare sopra la pista, non chi ha cercato di piegarla. Ha premiato chi ha letto i dossi come frasi da interpretare, non come ostacoli da superare. È una discesa che ti toglie fiato, energia, lucidità. E proprio lì misura davvero le atlete.
Così succede che una 22enne batta una 41enne, e che nessuna delle due sembri fuori posto.
Il futuro vince. Il passato non arretra. E St. Moritz, ancora una volta, ricorda perché certe piste non raccontano solo classifiche, ma epoche che si sfiorano sulla stessa linea.
In aggiornamento






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