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Discesa Beaver Creek: Odermatt vola, Paris torna a graffiare la Birds of Prey

La Birds of Prey ha questa caratteristica: non si apre mai davvero, ma quando lo fa è solo per chi sa leggerla. Marco Odermatt oggi l’ha letta meglio di tutti, firmando 1:29.84 con una continuità che non nasce dalla forza, ma da un controllo quasi silenzioso. Non ha mai cercato la rottura, ha semplicemente scelto la linea giusta e l’ha portata con la stessa fermezza con cui si ripete una verità già conosciuta. È la sua quinta vittoria in discesa, e più che un traguardo sembra una conseguenza naturale del modo in cui interpreta questo pendio.

Ryan Cochran-Siegle ha provato a tenere il passo con una discesa di grande maturità. Il suo +0.30 è meno un ritardo che un riconoscimento: l’unico a trovare un ritmo pieno nel tratto finale, l’unico a rosicchiare qualcosa allo svizzero, l’unico capace di riportare un americano sul podio di Beaver Creek a undici anni dall’ultima volta. Adrian Smiseth Sejersted, terzo a +0.69, ha chiuso un podio coerente, costruito su un muro pulito e un ordine di idee che gli è valso il primo podio in discesa della carriera.

Poi c’è Dominik Paris, e qui la lettura cambia tono. Il sesto posto, +0.92, dice quello che deve dire, ma non dice ciò che conta. Paris ha vissuto la Birds of Prey con quella calma che appartiene solo a chi conosce i propri mezzi nelle giornate in cui non c’è spazio per forzare. È stato solido sopra, incisivo nel muro – terzo parziale, un gesto tecnico che torna ad avere peso – e scorrevole nel tratto finale, dove ha mantenuto la progressione senza irrigidirsi. Non ha cercato di risolvere la pista, ma di accompagnarla: è questo che restituisce valore alla sua gara.

«Come debutto può andare bene» ha spiegato Paris. «Qui non ho mai trovato sensazioni semplici e un sesto posto è un punto di partenza. Il distacco è un po’ alto, ma ho sbagliato l’ingresso del muro: senza quell’errore sarei rimasto più vicino. Oggi era soprattutto un confronto, per capire dove siamo. Le gerarchie si sono viste e io non sono lontano. Tra poco si torna in Europa, con piste diverse e un altro tipo di neve: lì vedremo davvero a che punto sono».

Attorno a lui si muove un gruppo compatto che racconta il livello della competizione: Von Allmen e Kriechmayr lì a pochi centesimi, Rogentin e Monney appena dietro, distacchi che si comprimono perché tutti stanno interpretando la stessa traiettoria con sfumature diverse. Il ripido, oggi, è stato un crocevia: chi l’ha affrontato con continuità ha tenuto la classifica alta; chi ci è arrivato in ritardo ha pagato più del previsto. Non è cambiata la pista, è cambiata la qualità della lettura.

Degna di nota è l’undicesima posizione di Aleksander Aamodt Kilde a solo +1″37 da Marco Odermatt. Difficile credere sarebbe stato così competitivo fin da subito dopo due stagioni di fermo.

La visibilità si è fatta più incerta nella seconda metà, ma senza creare fratture. Una luce più piatta, un vento irregolare in alto, variazioni che complicano la percezione ma non riscrivono una gara. I primi distacchi erano già figli del gesto, non delle condizioni. Anche per questo le prove degli atleti scesi più tardi vanno giudicate nella loro logica interna: Brodie Seger ha tenuto un ripido di livello e si è ritagliato un posto nei quindici.

Mattia Casse ha offerto una discesa più solida di quanto dica il suo 1.89 di ritardo, pulito nel muro e penalizzato da un secondo settore che gli ha tolto continuità. Giovanni Franzoni riesce ad andare a punti: 29esimo con una prova disputata senza luce! Guglielmo Bosca, appena fuori dai 30, ha chiuso con ordine una gara che gli ha chiesto più interpretazione che coraggio. Di poco dietro ci sono Molteni (36°)  e Alliod s(37°), Innerhofer 39esimo.

Brutte notizie dalla discesa di Rok Aznoh: il 23enne sloveno è caduto nella parte centrale del tracciato, spigolando e finendo violentemente a terra. Nell’impatto ha perso il casco ed è rimasto immobile sulla neve in attesa dei soccorsi. Non si hanno notizie e non resta che incrociare le dita!

Alla fine resta l’immagine di una Birds of Prey fedele alla sua reputazione: non spettacolare, ma rivelatrice. Odermatt ha imposto una logica vincendo questa discesa per la prima volta, Cochran-Siegle l’ha seguita con rigore, Sejersted l’ha trasformata nel suo miglior risultato. Paris ha dato un segnale che non si misura in posizione ma in traiettoria: il gesto c’è, la continuità sta crescendo, il tempo dei margini si sta restringendo.

Non è stata una discesa che strappa la narrazione: è stata una discesa che la ordina. E in questo ordine, oggi, l’Italia è dentro il quadro, non ai margini.

in aggiornamento

La classifica della discesa

 

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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