Nell’avvicinamento alle prime gare veloci, Dominik Paris ha incrociato uno di quegli imprevisti che non fanno notizia per gravità, ma per tempismo.
Lunedì, durante un allenamento in gigante, l’azzurro della Val d’Ultimo ha impattato una porta in ingresso curva, procurandosi una distorsione alla caviglia sinistra. Niente di drammatico, ma abbastanza da metterlo momentaneamente ai box.
Martedì è stato dedicato al riposo assoluto, come prevedono i protocolli quando si tratta di articolazioni che nel gesto dello sci lavorano a compressione massima. Lo staff medico non ha riscontrato danni strutturali: gli esami — svolti immediatamente — hanno escluso interessamenti ai legamenti e complicazioni aggiuntive. Un segnale rassicurante, ma che non cambia la prudenza del momento.
L’obiettivo è semplice e chiaro: arrivare a Copper Mountain, giovedì, per il primo superG della stagione. Una gara che per Paris non è mai una “prova generale”: è l’ingresso vero nell’inverno, il punto in cui la velocità smette di essere un concetto e torna ad essere un mestiere.
Nei prossimi giorni sarà rivalutato dal team azzurro per capire se potrà essere al cancelletto o se servirà ancora qualche giorno di pazienza. Chi conosce Paris — e la sua capacità di assorbire il dolore e gestire il corpo — sa che non sarà un fastidio alla caviglia a spaventarlo. Ma sa anche che, alla sua età e con la sua storia, non si forza nulla senza un motivo davvero valido.
La stagione è lunga, il calendario pesante, la velocità non perdona mai le scelte affrettate.
Eppure, nel gesto solido e verticale di Paris, questa piccola deviazione sembra già archiviata come una nota laterale. Il cammino resta lì, davanti a lui: diritto, ripido, e con quel rumore familiare che fa vibrare le solette a 130 all’ora.
Un incidente di percorso? Sì. Un problema? No. Un promemoria, semmai: l’inverno vero non ti regala mai nulla.






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