Il podio della Gran Risa dice una cosa precisa. Marco Schwarz vince, Lucas Pinheiro Braathen è secondo a 18 centesimi, Stefan Brennsteiner terzo a 22. E subito dopo, appena fuori, c’è Marco Odermatt. Sesto. Fuori dal podio. Ed è questa la notizia che pesa più di tutte.
Schwarz vince perché gestisce. Non perché inventa. Aveva costruito la gara nella prima manche, con un vantaggio importante, e nella seconda fa esattamente quello che questa pista chiede quando il tracciato si fa meno veloce e più disegnato: tiene insieme. Parte tranquillo, lascia qualcosa dove sa di poterlo fare, poi si rimette in linea nel tratto conclusivo, quando la Gran Risa diventa più compatta e chiede precisione. Vince così, tornando al successo in gigante dopo una lunga sequenza di infortuni e di rientri complicati. È una vittoria che pesa anche per questo: perché arriva quando serve dimostrare di saper ancora chiudere una gara vera.
Lucas Pinjeiro Braathen lo segue con una seconda manche di altissimo livello. È lui a mettere pressione vera su chi deve difendere. Recupera dove il pendio gira di più, anticipa, prende la diagonale centrale con decisione e arriva sotto ancora in corsa per vincere. Quei 18 centesimi raccontano una gara interpretata nel modo giusto per questa neve segnata, per questo disegno più lento del solito. Non è un exploit: è continuità.
L’austriaco Stefan Brennsteiner completa il podio con una discesa solida, senza strappi, senza momenti di rottura. Tiene la linea, non cerca l’acuto, resta sempre dentro il tracciato. Su una Gran Risa così, è esattamente quello che serve per stare davanti. E per comandare la classifica di specialità.

E poi c’è Odermatt.
La sua seconda manche è tutta lì, sotto gli occhi di tutti. Parte con l’idea di recuperare, spinge nella parte alta, prova a rimettersi in gioco nel settore centrale, ma il tracciato di oggi non lo asseconda. I due disegni meno veloci del solito, più chiusi, più da ritmo che da potenza, gli chiedono una pazienza che non trova del tutto. Guadagna, sì, ma non abbastanza. Chiude sesto a 82 centesimi, ringraziando quasi il fatto di aver rimesso insieme il finale per non scivolare ancora più indietro.
Ed è qui che la lettura diventa completa.
Affrontare la Gran Risa con nelle gambe la Val Gardena, le prove, tre gare in pochi giorni, pesa. Pesa sulla lucidità, pesa sulla capacità di adattarsi a un gigante che non è “da spinta” ma da costruzione. Odermatt resta leader, resta riferimento, ma oggi la pista gli chiede qualcosa di diverso dal solito. E lui, per una volta, non riesce a darle tutto.
Dietro di lui la gara continua a muoversi con la stessa logica. Atle Lie McGrath resta quarto per lunghi tratti, il tedesco Fabian Gratz firma una rimonta enorme partendo dal pettorale alto, Patrick Feurstein sfrutta una seconda manche pulita per infilarsi nei dieci. Tutti rispondono allo stesso messaggio della pista: qui si vince scegliendo dove stare, non quanto spingere.
Per l’Italia, la giornata vive di segnali misti ma leggibili. Alex Vinatzer chiude 14esimo, con una seconda manche ordinata, senza sbavature, che tiene quando il pendio gira di più. Tobias Kastlunger recupera fino ai punti partendo dal fondo, Filippo Della Vite paga due errori chiave proprio dove la Gran Risa presenta il conto. Anche qui, la pista è coerente.
Il gigante dell’Alta Badia finisce così. Con Schwarz che ritorna a vincere gestendo, con Braathen che conferma di saper leggere ogni disegno, con Odermatt fuori dal podio per la prima volta dopo una lunga sequenza, incapace di piegare a sé due tracciati meno veloci e più tecnici del solito.






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