La Face de Bellevarde, quando la luce si spegne e la pista comincia a segnarsi, non perdona. Chiede compromessi, lettura, pazienza. E alla fine consegna un verdetto netto: tripletta svizzera.
Vince Loïc Meillard in 2’10”07, davanti a Luca Aerni (+0”18) e a Marco Odermatt (+0”33). Un podio tutto elvetico costruito nella seconda manche, quando il gigante smette di essere un esercizio di potenza e diventa una prova di intelligenza. La seconda discesa cambia completamente la gara. Il tracciato gira di più, le porte si spostano lateralmente, la velocità cala, ma aumenta la difficoltà. L’ombra scende sul muro, la neve diventa più aggressiva, il materiale risponde meno sinceramente. Qui non vince chi forza: vince chi spreca meno energia.
Meillard lo fa meglio di tutti. Dopo una prima manche solida ma non appariscente, trova nella seconda una sciata continua, fluida, sempre sopra lo sci esterno. Nessun settore dominato in modo clamoroso, ma nessun errore vero. È una vittoria di equilibrio, che lo riporta con forza tra i top player della specialità. Alle sue spalle cresce Luca Aerni, protagonista di una rimonta pulita e matura. Sciata rotonda, grande lettura dei dossi, capacità di aggrapparsi allo sci interno nei passaggi più scomodi per ritrovare linea e velocità. Il secondo posto è il premio a una seconda manche interpretata con lucidità.
Terzo Marco Odermatt, che oggi non è dominante. Commette un errore, perde il ritmo in un passaggio chiave e interrompe la striscia di quattro vittorie consecutive a Val d’Isère. Ma resta sul podio perché anche quando sbaglia sa limitare i danni. Su una pista che punisce chi esagera, la sua gestione vale ancora un piazzamento pesante.
Ai piedi del podio si fermano Timon Haugan e Stefan Brennsteiner. L’austriaco non riesce a difendere il comando della prima manche: la seconda chiede una sciata diversa, più paziente, meno diretta. Sesto River Radamus, grande interprete del tracciato angolato e della neve più lenta, che esalta la tecnica americana.
Per l’Italia, la gara racconta più storie intrecciate.
Alex Vinatzer non replica la brillantezza della prima manche, ma chiude ottavo, restando stabilmente nel gruppo dei migliori. Qualche errore nella seconda, un paio di passaggi fuori tempo quando la pista toglie velocità, ma una gara complessivamente solida, da atleta ormai strutturato in gigante.
La notizia più forte, però, è Filippo Della Vite. Partito 25°, firma una seconda manche generosa, in spinta, recupera dieci posizioni e chiude 15°. Non è una manche perfetta – c’è una piccola incertezza nella lunga e un passaggio frenato – ma è una prova di fiducia ritrovata. Su una pista così, vale molto.
Poi c’è Luca De Aliprandini. Il cronometro lo colloca 26°, ma oggi il risultato è secondario. Luca arriva al traguardo in lacrime. Le sue parole bastano a spiegare tutto:
«È Michelle che ha voluto che io venissi qui. L’operazione è andata bene, ci vorrà tempo, ma sta andando tutto bene».
Una gara affrontata con il peso dei nervi, dell’emozione, della paura. In una giornata così, restare in piedi, portare a casa punti e dignità agonistica è già una vittoria.
Si ferma invece Giovanni Borsotti, fuori nella seconda manche dopo una sciata coraggiosa, forse troppo. L’errore arriva nel punto più angolato, dove la pista nasconde un avvallamento che non perdona chi arriva in ritardo.
Val d’Isère chiude così: con una Svizzera dominante, capace di leggere la gara quando cambia volto; con un Odermatt meno scintillante ma sempre sul podio; con Meillard che ritrova il comando; e con un’Italia che, tra conferme e segnali, esce con risposte importanti.





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