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Lo Skicross entrerà quasi certamente a far parte dello Sci Alpino

Lo Skicross entrerà a far parte dello Sci Alpino, uscendo dal Freestyle, ma per scaramanzia è bene aggiungere un “quasi certamente”. La questione è sotto esame (ma ha già superato quelli più ostici) e pare proprio che la commissione Fis dello sci alpino sia favorevole a questa trasmigrazione. Quando? La decisione avverrà nel corso dell’inverno e la probabile attuazione già a partire dalla prossima stagione.

Forse non tutti sapevano che vivesse in questa disciplina. Chi ha spinto perché potesse nascere sotto l’egida della Fis trovò questa scappatoia. Poteva anche starci dal momento che il gesto è in parte acrobatico e non privo di spettacolarità. Gli attori però sono sciatori dello sci alpino al 100 per 100. Il freestyle, insomma, è proprio un’altra cosa!

Tanto è vero, esempio emblematico, che lo snowboard cross, identico nella sostanza allo Skicross (la tavola al posto degli sci), non appartiene al Freestyle, ma logicamente allo snowboard. Perché dunque questa differenza?

Presto detto. Perché lo sci alpino ha radici antiche e chi lo governa è sempre rimasto gelosissimo della tradizione. Una sorta di difesa banalmente archiviabile con questa affermazione: “Attenzione perché questi ruberanno atleti allo sci alpino”.

Acqua passata. L’evoluzione e la diffusione della specialità e mettiamoci pure lo svecchiamento di qualche cambio di sedia della commissione, ha portato la questione a essere rivista.

Si tratta di un cambiamento epocale per lo skicross che, confinato in una disciplina meno esposta ai media, ora può crescere sensibilmente. Intendiamoci, il percorso non sarà breve. Quella sensazione di “furto” non si è ancora dissolta del tutto nella testa di chi possiede le chiavi del motore organizzativo.

Come sempre tutto parte dalle attività degli sci club, chiamati a organizzare gli eventi agonistici. Poi si passa ai Comitati regionali e quindi alle compagini nazionali. Finora i calendari non sono straricchi di gare. Mettere in piedi una gara di skicross non è la fine del mondo ma nemmeno uno scherzo.

Così come trovare la disponibilità delle località nella preparazione della pista. Diciamo che ci si avvale della buona volontà di chi apprezza la specialità, ma di corse per accaparrarsene una, non ce ne sono ancora.

A livello internazionale in Italia si è sempre esposto il comprensorio Tre Cime Dolomiti con San Candido che da anni firma una tappa della Coppa del Mondo. Se però lo skicross entrerà a far parte dello sci alpino la situazione cambierà. Con i dovuti tempi, ma, dai, è il  normale ordine delle cose.

Bene è precisare che lo Skicross non entrerebbe nella coppa del mondo di sci alpino come specialità a fianco di slalom, gigante, etc, Avrebbe vita a sé.

Per saperne comunque di più, abbiamo chiesto lumi a Bartolomeo Pala, cittì della squadra Azzurra, in viaggio verso Pitztal con i suoi ragazzi per un periodo di ben tre settimane di allenamento.

Bart ha quarantun’anni, di Courmayeur, discreto gigantista, compagno di squadra nelle giovanili di Blardone e Simoncelli. Ma evidentemente meno abile dei due ex Azzurri per cui scema la speranza di proseguire il cammino verso la Coppa.

Per di più, quando sta per entrare in un copro militare viene riformato per un soffio al cuore. Carriera sfumata. È però bastato vedere un pezzettino di una gara di skicross in Tv perché si accendesse la lampadina. Nel 2003 è in pista! E ci rimane per tre stagioni. Poi molla il colpo per costruire la sua vita professionale.

Fin quando, otto anni fa, squilla il telefono. In Fisi sta partendo un progetto Giovani dedicato alla specialità. Occasione che Bartolomeo non si lascia scappare. Dopo un anno con gli atleti più in erba viene affiancato a Max Iezza che da lì a poco (nel 2017) gli cede il testimone alla guida della squadra Nazionale.

Prima di tutto una presentazione degli Azzurri.

Siegmar Klotz il veterano del gruppo. Come sappiamo, ex discesista Azzurro, da parecchi anni convertito allo Skicross. Sempre veloce soprattutto nelle qualifiche, fa un po’ fatica nelle batterie Hit. Con la sua esperienza e le sue capacità è il punto di riferimento per tutti. Un vero traino per i ragazzi più giovani. Dominik Zuegg, classe ’96, sci club Druscié Cortina, arriva dalla velocità.

Il podio di Siegmar Klotz della Coppa del Mondo di Skicross

Nello sci alpino Si è imposto nelle Fis disputate in Cina l’inverno scorso assieme al suo “nuovo” compagno di squadra Federico Tomasoni, Anno ’97 del Goggi. Bartolomeo dice di loro:
“Sono entrati entrambi in squadra l’anno scorso con buoni risultati. In questo caso non parliamo di ragazzi a fine carriera, ma ancora nel pieno della freschezza atletica.

Zuegg è già andato a podio in Coppa Europa (3° a Reiteralm),  ha vinto una qualifica, insomma, si sta facendo le ossa. Come Tommy.
Yanick Gunsch (’97) dell’Asv Prad Raiffeisen è quello che ha brillato di più nel 2019/20: ottavo in classifica generale di Coppa Europa con la piazza d’onore ottenuta a Reiteralm. Ed è dal 2014 che si diverte con la specialità.

Simone Deromedis, di Cles, sotto a Campiglio (nella foto qui sopra), è il più giovane del gruppo coi suoi vent’anni compiuti ad aprile. È uno dei juniores più forti oggi in circolazione. Completano la squadra maschile Jamie Lee Castello (’99 del Varallo) e i due ’96 Pascal Rizzi (Madonna di Campiglio) ed Edoardo Zorzi (Radici Group).

Quest’ultimo proverà ad affrontare la Coppa del Mondo. Segnalerei anche Lucrezia Fantelli, classe ’96 dell’Esercito,  che ha vinto il circuito di Coppa Europa, motivo per cui ha il posto fisso in Coppa del Mondo”.

Federico Tomasoni

Il nostro livello è mediamente buono nel campionato continentale –  dice Bart – ed è un buon segnale se non altro perché, rispetto al passato, la difficoltà delle piste si avvicina sempre più a quella che si incontra nel massimo campionato.

È bene dirlo, proprio perché fino a qualche anno fa era un po’ criticata per il grande divario che c’era con la CdM. Soprattutto per quanto riguarda la difficoltà tecnica dei tracciati.

Oggi il divario è stato limato, tanto è vero che tutti gli atleti, quando non c’è la Coppa, si presentano alle gare continentali. Vedi coloro che si sono meritati la partecipazione alle finali di Veysonnaz.

Lucrezia Fantelli

Pala, quindi la tua ricerca di atleti si concentra sul mondo dello sci alpino…
Certo che sì. Come si sa, lo skicross appartiene al freestyle anche se non ha nulla a che spartire. E questo è un grosso limite sia a livello nazionale che internazionale per la crescita degli atleti. Tecnica e attrezzatura sono quelle dello sci alpino.

La svolta potrà esserci l’anno prossimo se la specialità cambierà casacca, come ritengo avvenga. I nostri ragazzi arrivano tutti dall’alpino. Chi ha fatto esperienza in Coppa del Mondo, chi in Coppa Europa, quindi con un bagaglio tecnico avanzato.

Ragazzi per lo più che non sono riusciti a fare quel fatidico salto nel gotha dello sci mondiale, ma che hanno ancora qualcosa da dire. Non dimentichiamo il percorso che questi ragazzi fanno fino ad arrivare dinnanzi al portone del palazzo del Grande Sci. Sacrifici notevoli, di qualsiasi tipo, sia fisici che economici da parte delle famiglie. Lo skicross è una seconda chance. Ma intendiamoci, non per vivacchiare.

Perché quasi sempre la seconda opportunità è più difficile della prima. Quindi i ragazzi sanno bene che se non danno l’anima non ce n’è! Per intenderci, non vado a cercare atleti a fine carriera insoddisfatti. Ho bisogno di giovani. Ragazzi ambiziosi desiderosi di dare il massimo, in prima linea per raggiungere l’obiettivo. Che è il risultato e non solo il divertimento.

Yanick Gunsch

Anche perché non è esattamente come nelle specialità dell’alpino…
E il bello è proprio questo, altrimenti che stimolo ci sarebbe? Si presenta qui un discesista, ma non è detto che riesca a cavarsela bene. Così come non è da escludere che inaspettatamente si trovi a meraviglia.

L’area più centrata rimane quella della velocità?
Non è detto, anche se viene da pensare così. Se guardiamo anche agli altri paesi, ogni anno riscontriamo la presenza di atleti con ottimi punteggi Fis in slalom e gigante. Si consideri che la velocità tocca punte di 80, 90 km/h, non di più. E uno degli aspetti più importanti è proprio quello di ricercare la velocità.

A queste andature uno slalomista può essere avvantaggiato perché tra i Rapid Gates spesso si trova a dover fare velocità. Se la deve cercare insomma! Il discesista puro invece da la differenza sopra i 100 km/h. Quindi questa cosa è un po’ da sfatare.

Tra chi ha caratteristiche diciamo, un po’ miste, potrebbe essere Jole Galli?
Ah, domanda sibillina… Come ben sai Jole ha provato questa estate appena ha potuto, perché è atleta del Centro Sportivo Carabinieri e sicuramente le gare di alpino continuerà a farle.

Diciamo che secondo me è assolutamente portata. Poi sai, abbiamo fato semplici allenamenti base, alla scoperta delle strutture, dell’ambiente, adattamenti alle varie situazioni. Diciamo che le basi ci sono, poi bisogna vedere. L’importante però è che ci siano i presupposti. Con Jole ci sono alla grande!

Qual è l’aspetto tecnico più difficile da imparare nello skicross?
Guarda, fanno fatica anche i più forti. Avere la percezione della velocità per affrontare le varie strutture e gli adattamenti che si creano in una gara.

Basta che da un giorno all’altro cambi la neve che sballano tutti i piani. Il problema si riscontra sui salti: rispondono in maniera molto diversa, perché tutto dipende dalla velocità con cui vengo affrontati. Non sai, dunque se conviene schiacciarlo o se farti portare. Chi riesce a trovare la soluzione migliore significa che ha una grandissima dote.

Al secondo posto cosa ci mettiamo?
Quando commetti un errore e ti trovi dinnanzi a una situazione completamente nuova, sia dal punto di vista tecnico che tattico e psicologico. Poi, forse, fuori classifica perché “over”, mettici anche che in pista non sei da solo ma ne hai altri tre! Se sei primo hai una tattica, se sei ultimo ne hai un’altra e se sei in mezzo…

Ecco, cosa fai in queste situazioni?
Dipende, ma generalmente quando ti trovi in testa conviene chiudere le porte. Se ti trovi quarto, vedi tutta la situazione dinnanzi a te e devi preparare il sorpasso, individuando il momento giusto. Tra le componenti impegnative ho ovviamente tralasciato la capacità di saper saltare e di sciare forte!

Torniamo a bomba, lo Skicross nello sci alpino. Come funzionerebbe in Italia?
Per noi sarebbe tutto più agevole. Condividere il lavoro con lo sci alpino significa poter reclutare gli atleti più facilmente. A quel punto sarebbero più interessati anche i Gruppi Sportivi Militari.

Così come il Pool Sci Italia per la fornitura dei materiali. Insomma si entrerebbe in un circolo dove c’è maggior professionalità sotto tutti i punti di vista. Ora non c’è. Per questo è difficile crescere.

Si potrebbe partire in maniera organica a livello giovanile…
Altroché. Qualcosina esiste già a livello regionale. Ma per i ragazzi da Children, passando poi alla categoria Giovani, sarebbe più semplice fare le gare.

Ora come ora devi fare due iscrizioni Fis, avere doppio equipaggiamento sia per l’abbigliamento che per l’attrezzatura. Invece, in virtù di questo passaggio è molto probabile che si adotterà la tuta intera come nello sci alpino.

Lo Skicross in Italia è riuscito a svilupparsi di più in alcune zone?
Assolutamente sì. In primis in Trentino grazie al gran lavoro che ha fatto il Comitato Regionale. L’unico ad avere istituito da due anni una squadra. Deromedis viene fuori da lì, più altri che appartengono al gruppo giovani.

Il Comitato ci dà una grossissima mano a livello di organizzazione perché, come si può ben immaginare, le risorse a disposizione della specialità sono proprio poche.

Mi riferisco anche a livello di staff per seguire le competizioni in stagione e per portare in giro i ragazzi. C’è anche un bel gruppo di ragazzi seguito da Luigi Tacchini, ma è una sua iniziativa. Non c’è un sistema organico nazionale di club. Qualcosa in Lombardia, Veneto e Alto Adige.

Ci sono resistenze sul nostro territorio per lo sviluppo della specialità?
Resistenza direi di no. Parlerei più di diffidenza. Ecco, quella indubbiamente c’è. Si fa fatica a capire l’importanza di fare skicross in giovane età. Eppure Roberto Manzoni già due anni fa lo aveva inserito al corso allenatori. Il percorso è proseguito l’anno scorso con Max Carca.

Parte del corso di formazione degli allenatori di secondo livello, è dedicata allo Skicross.

I candidati devono addirittura provarlo. Io intervengo per spiegare anche come si costruisce un percorso, come si traccia, come si gestisce una gara una volta che la si affronta. Ovviamente poi, c’è la parte teorica, dove si può comprendere ancora meglio perché lo Skicross è stato inserito anche a livello giovanile.

Cosa si evidenzia?

Viene fuori che a livello propedeutico, è in assoluto la specialità che può aiutarti a sviluppare meglio le altre. Si sviluppano capacità motorie che servono poi all’atleta di alto livello quando sarà più grande.

Con le stazioni come la mettiamo?
Per quanto riguarda la nostra squadra, dobbiamo fare un monumento al Passo San Pellegrino. Ci mettono sempre a disposizione una pista e gatti delle nevi per preparala in base alle nostre esigenze. Il tutto coordinato dall’allenatore della coppa Europa Dario Dellantonio. Credono molto in questa disciplina e si impegnano con convinzione.

Anche questo, comunque, è un punto un po’ problematico. Ovviamente realizzare un percorso di skicross non è come tracciare una pista da gigante. Però è anche vero che in una località ci sono diversi sci club. Basterebbe mettersi d’accordo. Noi arriviamo in loco e disegniamo il percorso, quindi i ragazzi iniziano a girare in alternanza con le altre specialità.

Per loro è fondamentale sviluppare una certa dinamicità motoria. Con lo Skicross si divertano di più piuttosto che affrontare fuori pista spesso problematici o slalomeggiare su piste frequentate dai turisti. Districarsi in situazioni di salti, paraboliche e onde, posso assicurare, che è molto più utile. Ecco, far passare questo messaggio è un po’ faticoso.

Ultimamente registro però un poco più di interesse. Quest’estate, allo Stelvio, ho visto diversi allenatori far girare nelle nostre strutture i loro ragazzini.  Buon segno!

Alla fin fine è una specialità come un’altra…
Con alcune differenze. A parte il gesto tecnico, trovo che lo skicross faciliti l’aggregazione. Ho visto spesso giovanissimi affrontare la fase della partenza e tornare su a piedi per ritentare. Prova a dire a un ragazzino di risalire alla partenza di uno slalom per rifare dieci porte…

Con lo skicross avviene spontaneamente perché poi si genera un concetto di sfida. Forse anche da queste piccole scenette qualcuno teme che la specialità possa portarli via da quelle tradizionali. Questo poterebbe anche accadere, ma da lì a svuotare il serbatoio ce ne vuole! Sarebbe una piccolissima percentuale che però per noi farebbe la differenza.

Sfida gomito a gomito tra il canadese Brady Leman e l’austriaco Andreas Matt (cdm San Candido)

Un atleta di sci alpino, diciamo dai 18 ai 20 anni, quanto deve sudare per poter ritrovarsi in Coppa del Mondo di skicross?
Sei anni fa ti avrei detto: “basta una stagione”. Vedi Iezza, Tanei, lo stesso Klotz. Oggi il livello è cresciuto. Più che altro serve provare e farsi un po’ di esperienza. Diciamo che nella seconda stagione, se l’atleta ha già un buon livello, potrebbe anche farcela. Insomma, non c’è partita con la coppa del Mondo di sci alpino, dove la concorrenza è spietata. Attualmente noi ne abbiamo una trentina, di cui dieci sono in Coppa!

Per rendere bene l’idea, in Canada o in Svizzera, due dei paesi più forti, sono 150 gli atleti dedicati alla specialità, per cui entrare nei dieci della Nazionale è un po’ più complicato. Poi è anche vero che quando mi arriva uno di questi ragazzi, il lavoro duro è già stato fatto. Io devo solo plasmare la tecnica che dev’essere adattata alla specialità.

Quante possibilità ci sono per cui lo skicross passerà allo sci alpino?
Sono fiducioso, mi sbilancio, molto alte!

In piedi, Bartolomeo Pala Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi Lo Skicross entrerà quasi

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).