A fine stagione 2010/2011 Matteo Guadagnini aveva dato una svolta alla sua carriera professionale, lasciando la guida del gruppo dei gigantisti dove non si respirava più quell’aria di sinergia, entusiasmo e voglia di mordere. Il gruppo si era sfaldato e i risultati non arrivavano, quindi, dopo 15 anni vissuti nei quadri tecnici maschili della Fisi, Matteo aveva deciso che bisognava cambiare per il bene di tutti. Sono passati cinque anni e in primavera a Guadagnini è stata proposta la guida del settore tecnico delle squadre femminili. «Non potevo non accettare, il mio mondo è questo, mi piace viverlo con serietà ed impegno e credo di aver ancora tanto da dare». Bentornato.
2011-2016. Come e dove?
Fuori squadra, ma non lontano dalla neve! Sono stato coordinatore del Comitato Trentino, uomini e donne, e devo dire che mi sono trovato piuttosto bene: la formazione dei giovani è un ruolo importante e appagante, ho ricevuto molte gratificazioni.
Poi però…
Il richiamo della Fisi è stato irresistibile, avere la responsabilità tecnica di una squadra reduce dal secondo posto nella classifica di Coppa del Mondo è un progetto ambizioso.
Il suo ruolo in pratica?
Capo allenatori di tutti i gruppi, anche delle giovani dunque. Ho trovato una buona situazione, staff che lavorano con metodo e organizzazione, la qualità degli allenatori è ottima. Ho totale fiducia nei responsabili delle varie squadre: con molti di loro avevo già lavorato in passato. Io curo solo la parte tecnica, per la logistica e la gestione dei programmi c’è Max Rinaldi.
Se tutto funzionava già bene, lei cosa ha portato di nuovo?
Cambiare le cose che funzionano sarebbe un errore di presunzione, per di più avendo la massima fiducia negli staff. Io quindi ho solo collaborato per migliorare ancora la qualità del lavoro, senza rovinare il buono che c’era già. Ho cercato di portare più attenzione sulle sensazioni, sulle percezioni delle atlete. Abbiamo lavorato sulla capacità di “gestione dell’errore”, sull’approccio e sull’atteggiamento, sullo “stato di necessità”. Ho sicuramente portato fiducia, esperienza e serenità, tre cose a mio avviso importanti soprattutto per le donne, che a volte si perdono un po’ e hanno sempre bisogno di un mix di calma e durezza, ma soprattutto di persone con un certo carisma. Non si finisce mai di migliorare, in questo sport chi si ferma è perduto.
Com’è andato il lavoro?
Molto bene, non è mancato niente, i raduni sono stati intensi, c’è stato solo qualche problema climatico la prima settimana a Ushuaia, ma dai primi giorni di settembre, la situazione si è ottimizzata e le ragazze hanno fatto un ottimo lavoro.
Ecco, le ragazze… Lei finora nelle squadre nazionali aveva seguito solo gli uomini. Che differenze ha notato?
Diciamo che il blocco grosso della squadra lo conoscevo, spesso collaboravamo ai tempi dei gigantisti specialmente in Sud America, mentre le più giovani non le conoscevo, tranne la Pirovano che usciva dal Comitato Trentino. Sono molto contento, perché ho trovato persone serie, atlete serie, organizzate nel lavoro, ordinate e capaci di una buona convivenza fra loro. Anche se lo sci è sport di singoli, credo che un buon ambiente di squadra faccia bene a tutti, stare bene assieme fa passare i raduni più in fretta, fa lavorare tutti meglio, con più buon umore.
Un buon ambiente dipende spesso dal comportamento dei leader…
Esatto, e le nostre leader sono davvero brave: nelle Polivalenti Federica (Brignone ndr) ama il gruppo, ama vivere con le altre, allenarsi e confrontarsi con loro. Non la vedo proprio da team privato. Quanto a Nadia (Fanchini, ndr) è una leader semplice e spiritosa, a causa dei suoi problemi fisici spesso è costretta a dimezzare il lavoro, ma per il resto è un ottimo esempio, dà sempre tutto. Marsaglia, Goggia, Elena Curtoni e Bassino sono inserite perfettamente nel team e pronte a puntare al podio in più discipline. Nel gruppo discesa ci sono Schnarf ed Elena Fanchini che portano esperienza alle più giovani Delago e Gasslitter, in attesa che Stuffer riprenda a pieno ritmo dopo l’infortunio. Nella squadra GS e SL ci sono Moelgg, Irene Curtoni e Costazza che con la loro tenacia portano esperienza a Pirovano e Pichler che purtroppo in Val Senales si è di nuovo infortunata a 48 ore dall’opening di Sölden (stagione finita). Davvero non ci voleva. Comunque tra Pirovano e Mölgg c’è una differenza di ben 14 anni. Credo sia la prima volta che in Federazione c’è una situazione del genere fra atlete della stessa squadra.
Negli ultimi anni ha seguito le gare femminili in televisione?
Faccio questa professione per passione, lo sci è la mia vita, prima da atleta poi da allenatore sono sempre stato sulla neve e in pista. Mi piace proprio, come potrei non guardare le gare importanti, donne o uomini che siano?
Fra le straniere c’è qualcuna che la ispira?
Guardo le atlete dal punto di vista tecnico e di atteggiamento mentale/tattico e al momento in Coppa del Mondo ho 16 modelli italiani che mi piacciono e hanno possibilità di fare bene. Alle straniere penserò quando le vedrò da vicino, solo dopo potrò rispondere a questa domanda.
Parliamo di obiettivi.
Sì, lo facciamo spesso anche in squadra, con tutte le ragazze. Che sono pezzi unici, una diversa dall’altra con potenzialità e traguardi diversi. Come ho detto prima, l’obiettivo comune è alzare la qualità del lavoro, dell’impegno, non fermarsi a crogiolarsi sulle cose che vanno bene. Ognuna deve migliorarsi, tirare fuori il meglio che può in ogni occasione. Riuscire in questo sarebbe un successo per tutti.
Lei si sente protagonista nel gruppo?
Io sono a disposizione degli allenatori e delle atlete, il mio ruolo è solo quello di dare tutto per far rendere al meglio il lavoro e far crescere l’ambiente. No, non sono io il protagonista ed è bello vedere che per tutto lo staff le protagoniste sono tutte le atlete, trattate alla stessa maniera.
Veniamo alle note dolenti. Lo slalom…
L’Italia ha un buco generazionale, non chiedetemi il perché. Per quello che ho potuto constatare in questi mesi, posso dire che qualche buona slalomista l’avevamo, ma forse sono state dirottate in altre discipline troppo presto.
Quest’anno è stata fatta la squadra di slalom giovane con lo scopo di lavorare e far crescere soprattutto questa disciplina, sono sicuro che porterà una crescita importante, ma ci sono dei passaggi obbligati da percorrere – abbattimento dei punti Fis, far classifica in Coppa Europa, eccetera – e ci vorranno tre-quattro anni per vedere i risultati. Bisognerà lavorare sulla mentalità e molto sulla tecnica. Al momento quindi abbiamo le “veterane” Irene Curtoni, Chiara Costazza e Manuela Moelgg che, sono certo, possono ancora dare tanto: non mi stupirei di vederle ancora sul podio. Anche Fede Brignone in slalom può fare bene, mancherà a Levi perché il 5 novembre andrà negli Stati Uniti ad allenarsi per la velocità, ma da Killington tornerà in pista anche in questa disciplina. Anche Marta Bassino in slalom ha lavorato bene e fatto progressi.
Marta è sicuramente giovane, aspettiamola con fiducia, ma le altre, dietro?
Il gruppo di Pfitscher (a proposito: vedi intervista nella sezione Giovani, ndr) ha fatto tre raduni di allenamento con il gruppo di Liore e il divario con le migliori c’è ancora. Le giovani devono crescere, anche come atteggiamento. Alcune sono un po’ viziatine dai club…
Vedremo qualche inserimento in Coppa del Mondo?
In slalom sicuramente, abbiamo solo cinque posti, ma a rotazione porteremo le giovani, cominciando da Levi. Nelle altre discipline invece ci sarà meno spazio, ricordo che l’anno scorso in gigante c’erano 8 italiane nelle prime 30… Però non dimentichiamo i posti fissi conquistati dal trio Gasslitter-Agerer-Hofer in superG, con una Nicol Delago che è stata inserita nella squadra di Coppa del Mondo e continuerà a fare esperienza nel massimo circuito.
La situazione in superG però è delicata: tre azzurre hanno conquistato il posto, ma da regolamento solo due potranno usarlo…
Gasslitter sarà fissa, è la più giovane e ha vinto la Coppa Europa, mentre per Lisa Agerer e Anna Hofer stiamo valutando come metterle in condizione di giocarsi entrambe le loro chanches, consapevoli che per loro l’asticella sarà più alta.
La questione Hofer, entrata in squadra con una marca di sci fuori dal Pool?
Si risolverà pensando al bene della ragazza.
Ha qualche rimpianto?
A livello professionale assolutamente no, ce l’ho a livello personale, ed è quello di non aver mai sciato con i miei figli che infatti hanno preso strade diverse, lontane dalla neve, ma con una cultura ed educazione sportiva esemplari.
Hirscher, Gut, Shiffrin e Kristoffersen: vanno per la maggiore gli atleti diventati campioni con il padre (la madre per la Shiffrin) ad allenarli e team privato. Cosa ne pensa?
Credo che queste situazioni siano in continuo aumento, c’è la tendenza da parte dei genitori di portare i figli a diventare “robot”. Non mi piace.
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