Bill e Glen aspettano solo che si apra la porta. Bill, pastore tedesco arrivato nel 2018, resta vigile con quel suo modo serio di guardare il mondo; Glen, arrivata due anni più tardi prendendo il posto della prima Glen che l’ha lasciata quando era in trasferta a Sochi, si sistema sul divano come un peluche che prende vita solo quando entra lei. A loro non importa se Laura Pirovano abbia vinto o perso, se la giornata sia stata leggera o complicata. Per loro l’unica cosa che conta è rivedere quel sorriso da bambolina – luminoso, gentile, autentico – che lei porta sempre addosso, nello sport come nella vita.
Sono loro, assieme alla famiglia a cui Laura è visceralmente legata, a custodire la parte più semplice e più vera della sua esistenza: una vita senza fronzoli, fatta di normalità, di riti piccoli, di affetti stabili.
Eppure basta guardarla un attimo sulla neve per capire che quella dolcezza è solo una metà della storia.
Perché quando indossa gli sci, quando tocca il cancelletto, quando la discesa la chiama, quello stesso sorriso si trasforma. Non sparisce: cambia significato. Da grazia diventa determinazione. Da morbidezza diventa acciaio. È questo contrasto – la leggerezza con cui entra nelle stanze e la durezza con cui affronta i pendii – a rendere Laura Pirovano un personaggio unico della velocità mondiale.
Una donna che sembra nata per la semplicità, ma che sulla neve si fa interprete di qualcosa di più profondo, più netto, più maturo. Una ragazza che cresce ogni anno senza perdere mai quella luce negli occhi che la fa sembrare sempre un po’ bambina.

Lolli, allora partiamo da loro, Bill e Glen!
«Patati! Loro per me sono casa. Bill è con noi dal 2018: serio, buonissimo, sembra capire come sto ancora prima che parlo. Se sono agitata si avvicina piano, come per dirmi “respira”. Glen, arrivata nel 2020, è l’opposto: non ha l’istinto del gatto, è un bambolotto. Ti si butta addosso e basta. Loro non chiedono niente e non giudicano nulla. Per me è una cosa fondamentale».
E questo «rifugio» quanto incide sul tuo modo di entrare nella stagione?
«Tantissimo. Mi riporta alla normalità. La famiglia, il cane, il gatto… mi ricordano che non sono solo un’atleta. Ho la tendenza a farmi travolgere dal ritmo del circuito. A casa invece si resettano le cose. E poi il mare… quello è proprio il mio posto. Soprattutto d’inverno: mi stacca, mi svuota la testa, mi rimette nelle misure giuste».
Fisicamente stai molto bene. È la prima cosa che hai detto. Com’è lavorare con questa sensazione?
«È bello perché senti che il corpo non ti rema contro. Ho fatto un lavoro utile, non pesante. Più acrobatica, più coordinazione. Mi fa piacere sentire che il mio fisico è diventato uno strumento, non un limite. Quando mi alleno e sento che il corpo funziona, cambia tutto».
Chi è Laura quando toglie gli sci?
«Una persona molto semplice. Casa, lettura, famiglia. Mi piace stare nel mio. Non mi servono grandi cose. Gli animali, il mare, un po’ di silenzio, non mi ammazzo per niente di social! Sono seguita da DMTC e da Giulia Mancini, perché da sola non sarei capace: mi aiutano a gestire la parte professionale, le foto, i contenuti, le richieste. Ma io cerco di farne il meno possibile: non voglio diventare un’influencer, non è proprio il mio modo.
E poi, sinceramente, non faccio questo sport per i soldi. Se avessi voluto farli avrei scelto un altro sport. Io voglio solo restare coerente con me stessa. E forse è proprio per questo che, quando torno sugli sci, cambio completamente registro. È come se accendessi un interruttore diverso, un pezzo di me che fuori non si vede.»

Il debutto in Coppa: gigante di Lienz (AUT) 28 dicembre 2015. (Pentaphoto/Pier Marco Tacca)
Eppure in gara sembri un’altra. Da dove viene questa trasformazione?
«Mi scatta qualcosa. In prova sono più ragionata, in gara divento molto istintiva. È come se la neve avesse un linguaggio che io capisco all’improvviso. Da fuori non sembra, perché sono calma, ma quando abbasso la maschera mi accendo».
L’istinto è la sua firma sottile. Lo dice con sincerità assoluta. È una risposta che appartiene solo a chi ha imparato ad ascoltare.
Il passaggio a Head è stato uno snodo fondamentale. Che cosa ha rappresentato?
«Un cambio d’identità avvenuto dopo il primo anno Aspiranti. Fischer era una casa, una storia lunga. Head è stata una scelta tecnica ma anche personale. Una lingua nuova. La sciancratura, la risposta, la coda… tutto diverso. Ma quando li ho provati ho sentito subito che potevano fare parte di me. E poi c’è Tuti, Thomas Tuti, il mio skiman. Con lui è un lavoro a due. Non è uno che ti dà gli sci e basta. Ti ascolta. Mi conosce. Se non siamo allineati non funziona nulla».
Assieme al tecnico di Campiglio Guido Paci che la segue da dempre!
Il tuo corpo, invece, come dialoga con questa nuova te stessa?
«Ho imparato a rispettarlo. È parte della mia tecnica. Non posso pretendere di sciare forte se non so come sto fisicamente. E sì, non amo ammazzarmi di palestra, ma so che serve. Adesso lo ascolto di più: se è stanco lo lascio stare, se è pronto spingo. Il mio corpo non deve essere più forte degli altri: deve essere più forte per me».
Sei una velocista tecnica. Da dove nasce questo equilibrio?
«Dal gigante, sempre. Sono una gigantista mancata. Mi piaceva troppo sentire la curva. Poi gli infortuni mi hanno spostata sulla velocità, ma quella sensibilità è rimasta. Io non voglio spaccare la neve: voglio attraversarla».
E la paura? Come vive dentro una discesista?
«La sento e non me ne vergogno. La paura ti dice dove sei. Non la tengo lontana: la guardo. Ci convivo bene. Non è inimicizia, è un limite utile.
E poi ci sono cose che, paradossalmente, mi mettono più tensione della velocità pura: le nevi aggressive. Quelle che ti strappano se sbagli anche di poco. I piani ormai li so gestire, ma certe nevi che “mordono”… ecco, quelle mi fanno davvero lavorare di più. Devi essere perfetta: se anticipi male una curva, se perdi un appoggio, ti puniscono subito».
Il suo skiman (Head) Thomas Tuti
Hai avuto compagne di squadra enormi: Goggia, Brignone, Curtoni, Delago. Cosa ti hanno insegnato?
«Tutto. Sofia la cattiveria, Federica l’ordine, Curtoni la pazienza, le Delago la determinazione. Le ho osservate, ho preso quello che serviva. Poi ho capito chi volevo essere io».
E prima ancora di loro? Chi ti ha messo in mano la sciata che hai oggi?
«Guido Paci. Da quando ero bambina è sempre stato un punto di riferimento: per come spiegava, per come sapeva leggermi, per come mi riportava dentro la mia sciata quando ero confusa. Non è solo un allenatore: è una parte delle mie basi. Molto di quello che sono oggi nasce da lì».
La bambina, l’adolescente e la donna: qual’è la laura più autentica?
«La bambina. Era leggera. L’adolescente era tostissima, forse troppo. L’atleta di oggi è un mix giusto: più stabile, più consapevole».

Con i colori delle Fiamme Gialle Laura ha conquistato al Passo San Pellegrino il Titolo 2025 Italiano sia di superG che di discesa
Le olimpiadi, l’Olimpia delle Tofane: Che cos’è per te quella pista?
«È la pista che più mi somiglia. Tecnica, difficile, elegante e dura. Ci ho fatto il primo infortunio importante, quindi ho un conto aperto. Ma è anche una delle piste dove mi sento davvero nel mio, quando il terreno è duro. Anzi, più è ghiacciato meglio è!»
Il gigante è un capitolo chiuso o è ancora lì che aspetta?
«Non è chiuso. Mi diverte e mi fa bene. Il problema è il numero di partenza: le ginocchia non me lo perdonerebbero in certe condizioni. Però ho una cosa in testa: se arrivo a 500 punti, il gigante lo faccio. Anche se mi ci presento da sola».
Il mare di Lolli!
Il quarto posto… è un fastidio o una promessa?
«Una promessa. Brucia un attimo, ma poi guardo chi ho davanti e chi ho dietro e capisco che sto arrivando. Se sei lì, prima o poi arrivi».
E le Olimpiadi mancate?
«Male. Fa male. Gli infortuni… Però penso anche che non ero pronta. Ci voglio andare da atleta completa, non per fare presenza. Non voglio arrivarci per sbaglio».
Le giovani? Ti senti già un riferimento?
«Non tantissimo, perché non ci alleniamo molto assieme. Ma mi piacerebbe esserlo di più. Ho cose da trasmettere, come è stato fatto con me».
La frase che ti accompagna entrando nella stagione?
«Stai nel presente. Non andare troppo avanti. E ricordati perché lo fai».
Quando Laura si alza e saluta, porta via con sé quella miscela di leggerezza e fermezza che la rende unica. La immagini già sulla porta di casa, Bill che scodinzola senza fare domande, Glen che la guarda dal divano con l’indifferenza adorabile dei gatti che sanno tutto e non dicono niente. Sono loro, insieme alla sua famiglia, a riportarla a terra ogni volta. A ricordarle che la neve è solo una parte – grande, luminosa, impegnativa – di una vita che vuole essere vissuta intera.
Laura Pirovano è una velocista che attacca, ma è soprattutto una donna che sa ascoltarsi. E in un mondo che corre più veloce della neve che scende, questo è il vero talento raro.







Add Comment