Gare

Operatori Rai, come atleti nelle ricognizioni

Filippo Pitscheider, Giorgio Viana, Willy Tachager, Paolo Tomasini, nessuno li vede mai perché sono sempre nascosti dalla telecamera. Quella che portano sulle spalle sulle piste di coppa del mondo per mostrarci tutti i segreti dei tracciati durante le ricognizioni che Ivana Vaccari, vice direttore rai sport, ha voluto inserire prima del via delle gare. Vogliamo presentarveli perché abbiamo il sospetto che siano per certi versi bravi quanto gli atleti: provate voi ad affrontare quei pendii spesso ghiacciati, ripidi e trafficati da atleti, allenatori e addetti pista con un peso di 10 kg sulle spalle dal valore minimo di 40 mila euro!

FILIPPO PITSCHEIDER

Filippo Pitscheider

Ma sei proprio sicuro di voler scrivere di me e non di Paolo De Chiesa o di Daniela Ceccarelli?
Di Paolino e della cecca Sciare ha già scritto tanto, sei proprio tu che vogliamo conoscere. Dicono tutti che sei un mito, lo sapevi?
Veramente no!
Il cognome rivela la tua provenienza
Si, sono di San Vigilio di Marebbe anche se ora vivo in un paesino nella provincia di Bolzano.
Sei maestro di sci?
Veramente no. Ho provato da ragazzo a fare la selezione. Stavo andando bene ma poi in gigante sono uscito come un pollo! Non ci ho più provato anche perché sinceramente non ho tempo di fare 90 giorni di corso. Dovrei usare tutte le mie ferie ma ho famiglia… Mi è rimasta un po’ qui, comunque, per una scommessa con un mio amico. Lui nel frattempo ha aperto una scuola di sci!

Ski World Cup 2016-2017 Courchevel, France, 20/12/2016 , Ladies ‘ Giant Slalom, racers on the slope during the inspection round, photo by: Pier Marco Tacca/ Pentaphoto/Mateimage

Gare?
Solo un paio di garette di paese. Non mi univo con i miei coetanei che sciavano assieme a Klaus Kastlunger. L’ultima gara l’ho fatta da giornalista ai campionati del Gis.
Quindi , mentre i tuoi compagni si allenavano, tu riprendevi…
Mi sono diplomato come perito elettrotecnico, poi ho fatto un concorso in Rai per diventare tecnico del suono, ma non mi piaceva. Così ho superato un altro concorso per diventare primo operatore, quindi ho dato nel ’93 l’esame di Stato per diventare giornalista e da lì ho cominciato a lavorare per le redazione, tra le quali Rai Sport. La prima gara di Coppa del mondo, nel 1996.
Ti hanno chiamato per caso?
Cercavano gente che sapesse muoversi sugli sci e, siccome operatori che sanno sciare sono davvero pochi, hanno scelto me. Poi Ivana Vaccari si è inventata questi servizi sulle ricognizioni e allora la cosa si è fatta più spessa. In quei frangenti cambia proprio tutto. Ci sono piste molto difficili. L’Alta Badia di qualche anno fa era una lastra di ghiaccio unica, sembrava una pista di pattinaggio.
E poi la macchina da presa non è proprio leggera…
Una decina di chili, ma d’altra parte ci vuole quella. Ci sono apparecchi più leggeri e facili da usare, ma non danno i risultati di quelle che usiamo noi.
Insomma, è complicato muoversi in pista…
Accidenti se lo è. Se cado posso finire addosso a qualche atleta e magari spaccargli una gamba. Chi gliela paga poi? Bisogna stare davvero molto attenti. Senza contare poi che la telecamera costa 40 mila euro.
Chi te lo fa fare?
È un lavoro che faccio molto volentieri, ti dico la verità. Soprattutto quando sono con Paolo che ritengo molto bravo. Oddio, tutti per la verità sono bravi, ma con Paolo penso di avere istaurato un’intesa perfetta.
Come funziona?
Io gli chiedo di cosa parlerà e che cosa vuole che si noti. Chessò, un dosso, quanto è ghiacciato quel passaggio o la pendenza che è molto difficile da rendere nelle immagini. Dunque, costruiamo una strategia, lui mi dice cosa ed io individuo il come.
Apparentemente sembra semplice
Ma non lo è. Bisogna tenere presente che se la descrizione di un passaggio non viene bene non è che puoi tornare su e rifarla. Agli inizi ne abbiamo buttate tante, devo dire la verità, poi però abbiamo preso la mano. è complicato anche unire tutte le sequenze per creare un film godibile, ma qui per fortuna abbiamo dei montatori bravissimi, abili anche a interpretare quello che vuol far vedere Paolo e quello che ho ripreso io. Ripeto, sono bravissimi!
La pista più bella?
Wengen, senza alcun dubbio. Si possono fare inquadrature da sogno con quelle montagne là dietro. Un posto pazzesco. Poi va beh, quella che fa più impressione, dove dici ‘Qui sono veramente matti a scendere’, è Kitz.
Già, l’Hundschopf, la Mausefalle…
Passaggi impressionanti, veramente difficili da fare. Scendere da lì, posso assicurare, devi quasi incrociare le dita…
Non sei mai caduto durante una ricognizione?
Per ora no, però aspetta un attimino ora che devo cercare un pezzo di ferro da toccare… Scherzi a parte, cerco di affrontare quei pendii con sci sempre a posto. Uso un modello da slalom gigante, da gara, quelli veri. Non che io sia un manico a sciare, ma quei modelli tengono davvero bene.
Credevo usassi quelli da slalom, più gestibili in mezzo al traffico che incontri in pista
Questione di abitudine, in effetti capita di riprendere anche scendendo all’indietro. Ma cerco di tenere sempre una certa distanza dagli atleti. So che in quel frangente vogliono essere lasciati in pace. Le prime volte non ci avevo fatto tanto caso, ma col tempo ho capito che in quei momenti sono molto concentrati, meglio stargli alla larga.
Hai fatto amicizia con qualcuno di loro?
Amicizia, amicizia proprio no, ma ormai mi riconoscono e qualche saluto di circostanza scappa sempre. Ecco, magari mi fermo un istante di più quando incrocio Manfred Moelgg, siamo compaesani!
A proposito, la Coppa passerà anche da San Vigilio quest’anno…
Sì, bellissimo, questa non me la voglio proprio perdere. Vado a Wengen, poi a Garmisch, quindi qui! Vado molto fiero dei miei compaesani e poi vedrai, quella pista è proprio tosta. Rischia di essere il gigante più bello di tutto il circuito femminile.
Speriamo ci sia anche un bel colore
Ma sai, all’inizio mi dicevano di stare molto stretto con le riprese quando c’era solo il serpentone bianco della pista. Ora invece, le cose sono cambiate, mi chiedono di far vedere come sono bravi a far neve quando non c’è quella naturale!
Sarai vicino a casa, chissà quanti tifosi per te!
Ci sarà tanta gente ma non certo per me. Forse una sì, quella santa donna mamma dei miei figli (16 e 20 anni) che ha tirato avanti da sola la carretta per tanti anni mentre io girovagavo il mondo tra lo sci, il Giro d’Italia (ben 12), il Tour de France (4) e poi la Formula uno, l’atletica, Olimpiadi, Mondiali…

WILLY TACHAGER

Willy Tachager

Mia mamma dice sempre che il mio parto è stato molto difficile perché gli sci non volevano uscire. Detto questo… D’altra parte sono nato e cresciuto a Nova Levante, una ridente località sul Passo Carezza, il paese di Karen Putzer. In inverno non è che si potesse fare molto, sciare, slittare, pattinare… Ricordo da ragazzino, al giovedì pomeriggio c’era lezione, così invece di andare in palestra a giocare a palla avvelenata ci portavano a sciare perché proprio a fianco della scuola c’era uno skiliffino, oggi in disuso. I miei primi sci erano ancora di legno, ricordo bene, dei Fischer rosso fuoco con l’attacco a molla. Andavo giù dritto, senza fare una curva e nel momento in cui mi fermavo, cadevo! Ma non ho mai fatto gare, i paletti non mi sono mai piaciuti. Non vedevo perché avrei dovuto girare laddove qualcun’altro desiderava che io facessi le curve!
Come hai iniziato a fare l’operatore?
D’inverno da noi è normale gironzolare sulle piste con la telecamera, è molto più divertente che stare sotto col carretto! Pian piano la cosa mi ha appassionato anche se devo ammettere che portarsi dietro tutto l’armamentario, telecamere, cavalletto, etc, è un po’ rognoso, non sai mai dove mettere tutte le cose che devi portarti dietro. Dopo le superiori ho lavorato due anni per un’azienda privata poi ho saputo che la Rai faceva un concorso. Passato! Contratto di formazione, sono entrato lì e lì sono rimasto.
E’ il tuo primo anno questo?
Sì, il primo anno in Coppa del Mondo. Mi ha chiamato Filippo Pitscheider per avere un sostituto in zona quando lui non può intervenire.
Il debutto?
Sulla Kandahar di Sestriere, gigante e slalom. Devo ammetterlo, all’inizio ho avuto un po’ di paura, sai non avevo mai fatto una cosa del genere e mi sono chiesto, ohi, ohi, come faccio… Poi in realtà, una volta messi gli sci, è stato tutto automatico. Improvvisamente sono venute fuori tutte le esperienze accumulate nel corso della mia vita professionale.

Inspection – Slalom Val d’Isere, France (photo/Gio Auletta/Pentaphoto)

L’aspetto più difficile?
Più che altro bisogna stare attenti a non mettere sotto gli atleti e gli allenatori quando scendi. Devi scansare anche qualche palo, ma per il resto cosa vuoi, quello che devi riprendere è davanti a te, la pista non è che sia larga 500 metri. Poi con la Cecca mi sono trovato molto bene, ho cercato di ascoltare ciò che diceva, riprendendo i passaggi che indicava. La difficoltà di quei momenti è capire all’istante se è meglio riprendere dall’alto, dal basso o lateralmente. E poi trovare degli stacchi gradevoli, quando intuisco che sta finendo il commento di quel determinato passaggio. Devi già mettere il montatore nelle condizioni di tagliare e ripartire senza fare chissà che, perché poi il tempo che avrà a disposizione per mettere insieme quei 3, 4 minuti di ricognizione sarà pochissimo. Insomma devi sommare un po’ di cose, il suo movimento, il mio, la gente in pista, i pali, il pendio, il terreno spesso ghiacciato… Diciamo che non è routine ma è proprio questo l’aspetto interessante e che mi piace di più.
Prossimo appuntamento?
La Streif di Kitzbühel. L’ho già vista in realtà, sia l’anno scorso che due anni fa per la Rai di Bolzano. La partenza è, eh…wow, una bella storia! Darò retta a Paris. Mi ha detto: «Quando ti butti fuori da quel cancelletto di partenza non devi assolutamente aver paura ma devi avere molto rispetto». Questa sarà la filosofia giusta che adotterò anch’io.

GIORGIO VIANA

Giorgio Viana

È il più esperto dei quattro. Entrato in Rai nel 1980, è diventato operatore dal 1987 e lavora in Coppa del Mondo dal 1993, quando Ivana Vaccari lo chiamò per intensificare l’attenzione su Deborah Compagnoni. Io seguivo il femminile, poi sono subentrati anche Filippo e Paolo.
Ma all’inizio non c’erano le ricognizioni
Ivana ci mandava in pista ma per fare delle soggettive o riprese particolari, poi le interviste magari alla fine della ricognizioni, tra le due manche e nel dopo gara. Le prime riprese in pista per far vedere il tracciato le abbiamo fatte con l’arrivo di Luciano Zanier e De Chiesa.
Ora questo servizio dura molto di più
Sì, prima le immagini del tracciato duravano circa un minuto, era tutto molto compresso e si faceva così, giusto per dare un piccolo anticipo su ciò che il telespettatore avrebbe visto di lì a poco. Ora il servizio è molto più particolareggiato e decisamente più tecnico. Da quando c’è lo studio che interviene nel prima e dopo gara, sicuramente la parte ricognizione è stata messa molto più in evidenza.
Tra gli operatori sei il più esperto sugli sci
Sono maestro di sci!
Allora per te riprendere in pista è un gioco da ragazzi
Calma. Un gioco da ragazzi direi proprio di no. Sei in mezzo agli atleti ed oltre a pensare al tuo lavoro devi stare attento a non danneggiare o toccare le persone che sono vicine a te. Poi hai una sola chance, perché quando riprendi ciò che ti chiedono Paolo e la Cecca non è che hai la possibilità di modificarlo. Quello che hai fatto hai fatto. Se tra noi e il commentatore non c’è feeling il risultato è scadente.

-Racer’s inspection. St. Moritz, (Pentaphoto_Mateimage)

Dopo tante riprese in pista probabilmente puoi anche muoverti d’anticipo immaginando quali siano i passaggi da riprendere
Sia mai! Con me ci sono due commentatori che non sono due persone qualsiasi, e non mi permetterei mai di riprendere qualcosa autonomamente. Rimango esclusivamente sulle mie cose. Il mio compito è di portare al traguardo un prodotto di qualità audio e video e che non impegni eccessivamente il montatore perché di tempo ce n’è davvero poco.
Riprese quindi in condizioni difficili
Soprattutto nella seconda manche perché rispetto alla prima i tempi sono più compressi e capita di passare nelle buche formate dai passaggi della prova d’apertura. Sai quando vai all’indietro e sei girato al contrario per far vedere le linee belle e giuste non è che riprendi in maniera così agevole. Bisogna avere sempre le antenne alzate. Di fatto non vedi cosa capita attorno a te, con un orecchio in cuffia ascolti il tecnico, con l’altro cerchi di capire ciò che avviene in pista.
Anche perché se succede qualcosa di storto…
Sarebbe antipatico, sì. Anche la giuria ti caccerebbe subito dalla pista. Sai anche loro hanno una bella responsabilità. Ti concedono di fare certe cose se vedono che sei tecnicamente capace e che la tua presenza non mette a rischio la sicurezza sia degli atleti che del tracciato, altrimenti, via!
Mai successo nulla?
Sinceramente no, ma accidenti a volte le situazioni sono davvero impegnative. Quando sei su una Face de Bellevarde a Val d’Isère, ogni tanto vedi partire qualche addetto di pista o un fotografo. Se perdi aderenza su quei ripidi sei fritto, arrivi dritto al traguardo, non ce n’è! Quindi cerco sempre la massima concentrazione.

PAOLO TOMASINI

Paolo Tomasini

Scusami, ma ho poco tempo, devo andare al campo, tra poco inizia la partita di calcio e…
Quindi oltre che sciatore giochi anche al pallone?
Per carità, questo è solo lavoro, il mio sport è la neve, sci, sci alpinismo, camminate.
Per questo ti hanno scelto per fare le ricognizioni…
Esattamente. Giorgio Viana ed io siamo i più “vecchietti”. Ho iniziato a metà degli Anni ’90. A quell’epoca non c’erano tanti operatori in grado di stare in piedi su quei tracciati. Indimenticabile il Mondiale del ’97 a Sestriere così come quelli del ’99 a Vail. Ho saltato quello di Åre perché ci era andato Filippo Pitscheider, io in quel frangente ero andato a fare i Mondiali di sci nordico.
Difficile eh?
Beh sì, alcune piste sono terrificanti. Su quel ghiaccio c’è veramente da stare attenti.
Dunque tu sai sciare bene
Direi proprio di sì. Il secondo regalo più importante da ragazzino è arrivato a un Natale quando sotto l’albero ho trovato un paio di sci!

Ski World Cup Bansko (Giant Slalom – Inspection –
(Pentaphoto)

Mai fatto gare?
Da ragazzo, fino al livello dei Giochi della Gioventù, quindi fino ai 14, 15 anni. Poi ho frequentato le superiori a Bolzano e allenarsi regolarmente era diventato più complicato.
È in quel periodo che ti sei avvicinato alla telecamera?
Diciamo che ero appassionato più che altro di fotografia. Sapevo che in Rai a Bolzano c’era un concorso e ci ho provato. Ma prima di approdare allo sci ho fatto una bella gavetta occupandomi un po’ di tutto. In Rai Sport è così.
L’ho chiesto anche ai tuoi colleghi, la pista che trovi più impegnativa?
Non c’è una pista più difficile dell’altra. Tutto dipende dalle condizioni che trovi, sia di tempo che di neve. In questo momento sto proprio guardando il muro di Adelboden. Quel tratto di pista è pazzesco! Lo ricordo bene, quasi sempre è una lastra di vetro incredibile. Arrivi lì, in prossimità e guardi giù. L’arrivo sembra sotto i tuoi piedi ed è un peccato che le immagini TV non riescano a rendere bene l’idea.
E cosa fai, ti butti sperando che tutto vada bene?
Dopo un po’ ci fai l’abitudine e non ci pensi più. L’unico pensiero fisso che hai sempre in testa è che non puoi permetterti di cadere se no finisci male tu e non parliamo nemmeno della telecamera… finisce in pezzi! Poi, sai, devi anche presentarti in pista preparato sia fisicamente ma anche come attrezzature. I miei sci tengono sul ghiaccio come quelli degli atleti.
Rispetto alle prime ricognizioni che hai fatto che differenza c’è con quelle di oggi?
Uh… tantissima. Le prime volte entravo in pista da solo e giravo ciò che reputavo più interessante. Riprendevo anche gli sguardi degli atleti concentrati a memorizzare il tracciato e le indicazioni degli allenatori. Quindi non era lo studio del tracciato ma il momento della ricognizione. Durante le telecronache i tecnici poi descrivevano sommariamente il percorso. Erano immagini per così dire solo rappresentative, senza approfondimenti. Ora invece sono Paolo o Daniela che decidono cosa riprendere e commentano in presa diretta. Tutta un’altra cosa.
Tra tutti gli sport che riprendi lo sci è il più complesso?
Senza ombra di dubbio, gli altri sono quasi tutti statici per noi. In pista invece dobbiamo badare a un sacco di cose e siamo in movimento poco agevole. Ma è bellissimo perché ci troviamo in luoghi meravigliosi. Mi piacciono un po’ tutte le piste, ma sono particolarmente affezionato a Cortina, una meraviglia. Ci andrò anche quest’anno dopo la trasferta di Altenmarkt.
A 58 anni non ti è ancora passata la voglia di essere lì?
Macchè, mi tengo ancora molto attivo, sono atletico e faccio un po’ di tutto. Lo sport, soprattutto in montagna, non dico sia tutto per me, ma quasi!

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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