Vince Atle Lie McGrath lo slalom dell’Alta Badia. E lo vince perché, nella seconda manche, capisce prima degli altri cosa stava chiedendo la Gran Risa.
Non potenza. Non strappi. Ma scorrimento sotto carico, soprattutto quando la pista smette di aiutarti. La gara cambia lì, nel cuore della seconda manche, quando la pendenza si spegne e le porte si allontanano. È il punto in cui molti provano ad accelerare “facendo”, e invece rallentano. McGrath no. Entra alto, non spreca energia nel tratto iniziale, e arriva al settore centrale con lo sci già orientato, pronto a lavorare. Non carica sopra il palo, carica prima. Non rilascia per liberarsi, rilascia per andare avanti. È una differenza minima, ma continua, che porta velocità dove altri la vedono sparire.
Il suo 51.11 non è un lampo. È una linea che non si interrompe mai. Ed è per questo che, quando arriva al piano finale, può ancora accelerare. Gli altri, in quel punto, stanno già difendendo.
Clément Noël perde la gara lì. Non sbaglia, non commette errori evidenti, ma nella seconda manche scia come se la pista fosse ancora ripida. Anticipa l’azione, stringe meno del necessario, esce corto dal settore centrale e si ritrova senza lancio. La sua è una manche controllata, ordinata, ma non incisiva. Sulla Gran Risa, oggi, non basta.
Loïc Meillard completa il podio con la sciata più elegante. È quello che cambia ritmo meglio, che assorbe la tracciatura con naturalezza. Ma proprio la sua rotondità gli fa perdere qualcosa nel tratto in cui serviva restare più aggressivi sull’esterno. Porta meno pressione continua, rilascia un attimo dopo, e la velocità si disperde. Terzo posto che racconta qualità, non dominio.
Subito dietro Timon Haugan, quarto e ancora leader della specialità. La sua seconda manche è una scelta: non forzare, non perdere. Nel settore centrale accetta di non guadagnare pur di non pagare. È una gara da classifica generale, e funziona.
Lucas Pinheiro Braathen resta appena fuori dal podio perché nel terzo settore entra un filo arretrato. Deve rialzare lo sci, perde conduzione e lì se ne va il risultato. Fino a quel punto la sua manche era tra le più veloci.
E poi ci sono gli azzurri, che leggono la gara in due modi diversi.
Alex Vinatzer chiude decimo. La sua seconda manche è corretta, solida, ma prudente proprio dove serviva fidarsi di più dello sci. Nel settore centrale resta un filo troppo alto, carica tardi, e quei centesimi non tornano. Il finale è buono, ma il treno passa prima.
Diversa, molto diversa, la storia di Tommaso Sala. Parte ventiseiesimo e risale fino al quattordicesimo posto perché fa esattamente l’opposto: sopra paga qualcosa, ma nel settore centrale decide di stare dentro la linea, di caricare presto, di tenere pressione continua anche quando la pista non spinge. È uno dei pochi che lì guadagna davvero. Non è una manche pulita, ma è una manche letta. E questo, oggi, fa la differenza.
La Gran Risa ha scelto così. Non ha premiato chi ha forzato. Ha premiato chi ha lasciato correre lo sci quando sembrava non correre più.






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