Lo slalom maschile di Levi si conclude con un’immagine destinata a restare: Lucas Pinheiro Braathen vince e firma la prima vittoria brasiliana nella storia della Coppa del Mondo. Dietro di lui, solido, intelligente, finalmente vicino ai suoi standard, c’è Clément Noël, secondo a +0”31. Completa il podio uno dei nomi nuovi più interessanti del panorama nordico: il finlandese Eduard Hallberg, terzo a +0”57 in una gara che ha ribaltato molte gerarchie.

Pista e tracciato: meno trabocchetti, più ritmo
È stato uno slalom tecnico, difficile da leggere e ancora più difficile da costruire. La neve — “vecchia”, compatta, da snow-farming — restituiva pochissima energia: per andare forte bisognava produrre velocità, non gestirla. La seconda manche, tracciata più fluida della prima, chiedeva continuità, precisione e poca dispersione: era uno slalom “di costruzione”, non di istinto.
Su questo terreno Braathen ha fatto la differenza. La sua run è stata un manuale di gestione: parte alta senza eccessi, muro con una linea sempre diretta, sci che non si scompongono mai, nessun cambio di ritmo brusco. Ha difeso i 41 centesimi di vantaggio su Noël come uno che non deve dimostrare niente, ma solo confermare. Ha dominato con naturalezza, trasformando Levi in un piccolo teatro personale.
Dietro di lui è tornato un Noël pulito, quello che per un paio d’anni era sparito. Ha affrontato la seconda manche con intelligenza, senza giocare tutte le carte nel muro — dove negli anni migliori dominava — ma dosando rischio e margine. Una sciata solida, senza guizzi ma senza errori, che vale un secondo posto pesante: per il francese è un rientro vero.
La sorpresa più luminosa porta però la bandiera finlandese: Eduard Hallberg, classe 2003, che ha sfruttato una seconda manche perfettamente calibrata. Parte alta pulita, muro deciso, bordo esterno sempre attivo, e poi una gestione del piano finale da atleta che ha confidenza con questa neve. Per uno slalomista di ventidue anni, salire sul podio di casa vale doppio: è un segnale che resterà.
La gara degli outsider ha scritto pagine molto interessanti. L’inglese Laurie Taylor ha completato il miglior slalom della carriera: parte alta aggressiva, muro preciso, finale in spinta. Quarto posto a +0”61 che pesa come una vittoria.

Il francese Paco Rassat, dopo un’ottima prima manche, ha gestito bene le difficoltà della seconda, chiudendo sesto: non ancora un big, ma ormai stabilmente nella fascia alta.
Il norvegese Timon Haugan, terzo a metà gara, aveva iniziato la sua run come un candidato al podio, ma due errori pesanti sul muro — entrambi sulle curve a sinistra — gli hanno tolto tutto: chiude quinto a pari merito con Hallberg, rimandando l’appuntamento con il podio.

Bilancio azzurro: Kastlunger sì, il resto…
Alex Vinatzer, dopo una prima manche iniziata benissimo, è uscito proprio nel tratto decisivo, tradito da un arretramento sul muro che ha mandato via le code. Era una sciata che prometteva molto: il DNF pesa.
Tommaso Sala resta fuori dai trenta, ma le sensazioni non sono negative: è un rientro vero, con un po’ di ritmo ritrovato e margini evidenti di crescita.
Gli altri azzurri faticano.
L’unico grande segnale arriva da Tobias Kastlunger, tredicesimo finale. La sua seconda manche è stata una combinazione di errori e coraggio. Ha sofferto nella parte alta, dove la pista chiedeva velocità autoprodotta; il suo gesto tecnico — molto basato sulla chiusura di curva con le ginocchia — lo penalizzava quando la pendenza non lo aiutava. Ma nel muro ha cambiato volto: ritardo controllato, conduzione continua, linee mai spezzate, sci tenuti sempre vivi anche quando la situazione sembrava sfuggire.
Ha recuperato sette posizioni, arrivando a soli sette centesimi da un Feller in grande giornata.
Le sue parole restituivano la fotografia della manche: «Nel tratto pianeggiante ho fatto più fatica, lì perdo sempre qualcosa. Sul muro sono riuscito a difendermi meglio. Era importante tornare, sentirmi bene. Questa è la base da cui ripartire.»
È proprio questo che conta: la base. Perché Kastlunger oggi non ha sciato pulito: ha sciato vero. E in uno slalom che ha mostrato quanto sia sottile la differenza tra controllo e caos, quel tredicesimo posto è forse il miglior segnale possibile per la squadra italiana.
Rimane poi il rammarico delle uscite di Matteo Canins e Tommaso Saccardi entrambe a portata di qualifica, mentre Corrado Barbera sembra ancora un po’ indietro anche se forse predilige tracciati un po’ diversi da questi.
La seconda manche ha detto che lo slalom maschile è vivo: Braathen è tornato grande, Noël ha ritrovato sé stesso, Hallberg ha acceso la Finlandia, Taylor si è confermato, Haugan ha mostrato persone e limiti. E l’Italia, almeno per un pomeriggio polare, ha ritrovato un uomo da cui ripartire.






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