Mikaela Shiffrin ricomincia da Levi come se l’inverno fosse ancora un territorio personale. Vince lo slalom inaugurale in 1:48.92, una prova senza incrinature, precisa come un gesto antico. Dietro di lei, a +1”66, c’è però una storia che merita attenzione: Lara Colturi, piemontese che corre per l’Albania, nel giorno del suo 19° compleanno, conquista il miglior risultato della carriera. Terza, a +2”59, la tedesca Emma Aicher, ventidue anni e la sensazione di essere una delle nuove polivalenti destinate a segnare il decennio.
La pista di Levi, dura, compatta, nervosa nelle transizioni e insidiosa nel muro, ha mostrato fin dalla prima manche le sue due nature: leggerezza nella parte alta, severità nel ripido, precisione assoluta nel raccordo che conduce al piano finale. Un tratto dove si vincono o si perdono slalom interi, e dove Shiffrin ha subito imposto una distanza che sembrava già definitiva: 56”08, un tempo che ha dato la misura della giornata.
Colturi, però, non si è lasciata schiacciare dal peso della statunitense. La sua prima manche è stata un esercizio di compostezza: appoggi solidi, una centralità sorprendente per età e contesto, e un muro affrontato con la naturalezza delle grandi. Terza parziale, con l’impressione che qualcosa fosse rimasto lì, in attesa. Aicher, poco dietro, aveva già messo in mostra quella leggerezza tipica della scuola tedesca: piedi morbidi, sci pulito, nessuna forzatura, una gestione della velocità che sembrava promettere una seconda manche più incisiva.
Ed è proprio nella seconda manche che la gara ha cambiato tono. La tracciatura più diretta, la neve più veloce, il ritmo che aumentava curva dopo curva hanno trasformato lo slalom in un esercizio di continuità: chi aveva risparmiato qualcosa al mattino si è fatto vedere subito, chi aveva dato tutto ha cominciato a pagare. È qui che si è inserita, come un lampo, Paula Moltzan. Diciannovesima dopo la prima manche, ha costruito una rimonta furiosa: spinta potente sul piano, ripido aggredito senza tentennamenti, passaggi netti e appoggi sicuri. È rimasta a lungo al comando, trattenendo la classifica come si trattiene un respiro. Alla fine chiuderà quarta (+2.74), ma la sua manche resta una delle più intense dell’intera gara.
Poi è stato il turno di Emma Aicher, che ha confermato di essere molto più di un talento emergente. La sua sciata è una geometria semplice: niente esagerazioni, niente strappi, solo precisione. Sul muro ha lasciato correre gli sci con una fluidità che non appartiene alle atlete che cercano la giornata buona: appartiene alle atlete che stanno trovando una forma stabile. Il terzo posto è la prova che la Germania ha ritrovato una figura capace di lasciare il segno su più discipline. E non accadeva da tempo.

La parte più attesa, però, è arrivata con Lara Colturi. La seconda manche della piemontese – sì, piemontese: lo è nel sangue, anche se corre per l’Albania – è stata un piccolo romanzo di crescita. È partita con attenzione, quasi a pesare ogni appoggio, poi dal secondo dosso ha cambiato ritmo: sci che si liberano, traiettorie più dirette, una continuità che ha dato subito l’impressione di qualcosa che cresceva dall’interno. Nel muro è stata eccezionale: linee strette, precisione chirurgica, nessuna esitazione. È uscita da quel tratto con un vantaggio netto sulla concorrenza e nel finale ha mantenuto la velocità che negli anni scorsi spesso le mancava. Al traguardo, seconda con margine, nel giorno dei suoi 19 anni: un simbolo più che un risultato.
E poi, come sempre, è arrivata Mikaela Shiffrin. La sua seconda manche è stata il compendio di ciò che la separa dal resto del mondo: sette porte, tre decimi; un muro scolpito come una superficie a lei nota; una continuità che non conosce pause; un finale da supercampionessa. Ha gestito, sì, ma gestire per Shiffrin significa comunque guadagnare. La vittoria numero 102 della carriera, la 65ª tra i pali stretti, la decima a Levi. Nessuna sorpresa: solo conferme.
La giornata italiana ha avuto una protagonista vera: Emilia Mondinelli, classe 2004, unica azzurra qualificata alla seconda manche. Ha portato a casa punti per la seconda volta in Coppa del Mondo, con una manche coraggiosa nella parte alta e più faticosa nel finale: fa esperienza, cresce, costruisce.
Fuori dalla seconda manche per un’inezia Alice Pazzaglia, pettorale 70, trentunesima per soli 2 centesimi, ma con una sciata credibile e ben impostata.
Molto bene fino al muro Giorgia Collomb, poi costretta all’uscita da un’inforcata proprio nella sezione più tecnica: un peccato, ma dentro una manche che aveva mostrato continuità e intensità.

Più indietro Giulia Valleriani, precisa ma lontana dai tempi di qualificazione, Beatrice Sola, attenta ma non incisiva, e Annette Belfrond, in una giornata che non ha restituito il suo potenziale.
Tra le big, giornata di ombre per Zrinka Ljutic, detentrice della Coppa di Slalom: rapida sul piano, più trattenuta nel ripido, distante dalle linee che l’avevano resa dominante nella scorsa stagione. Dürr, Holdener, Hector, Liensberger, Dvornik: tutte solide, nessuna davvero capace di avvicinare il livello della zona podio.
Il podio finale – Shiffrin, Colturi, Aicher – è più di una classifica: è un’immagine. La miglior slalomista della storia, la diciannovenne che sta imparando a morderle i tempi senza paura e la tedesca che sta nascendo oggi come atleta completa. La stagione parte così, con tre generazioni che si guardano negli occhi e una neve che, come sempre, non mente mai.






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