Lucas Pinheiro Braathen chiude al comando la prima manche dello slalom di Levi in 54”13, davanti a Clément Noël (+0”41) e a Timon Haugan (+0”49). Subito dietro Strasser, McGrath e Gstrein. Fuori Alex Vinatzer, autore di un’ottima partenza prima del solito errore sul muro.
Fin qui la notizia. Poi arriva Levi, che non è una pista ma un carattere: luce tagliente, neve che non perdona, aria che sembra tirare le porte più di quanto faccia il tracciatore. E dentro questa mattina artica Braathen ha danzato come uno che la Lapponia non la vive, la interpreta. Le sue linee non sembravano scelte: sembravano già scritte. Muro pulito, nessuna vibrazione, un finale che scivolava piano verso il traguardo, senza mai perdere armonia. Sciava libero, sfrontato, capace di restare leggero anche dove il pendio si fa cattivo. E Levi, oggi, gli ha restituito tutto.
Dietro di lui è tornato Clément Noël, quello vero. Nessun gesto largo, nessun urlo nello sci, solo una continuità che non mostrava da tempo. Ha infilato la pista con un’attenzione quasi chirurgica: un filo di margine in partenza, una precisione da metronomo sul ripido, un finale che teneva la pressione senza cedere. Un tempo “buono”, non irresistibile, ma finalmente solido. Uno di quei tempi che ti fanno pensare: adesso Clément c’è.
E poi Haugan, lo slalomista che vive sempre a metà tra il lampo e il burrone. Ha cominciato come un cavallo imbizzarrito, una spinta eccessiva che lo ha quasi tradito nelle prime curve. Ma il muro lo ha rimesso al centro: lì ha costruito la sua manche migliore, fatta di direzioni nette e un coraggio senza fronzoli. Lì si è rimesso dentro la gara. Lì ha meritato il terzo posto. Senza quel caos iniziale, avrebbe potuto guardare più da vicino Braathen.
La gara, però, non è stata solo delle prime tre.
È stata anche dei ritorni timidi — Strasser preciso come un orologiaio, McGrath elegante come non sempre sa essere — e delle ombre: Kristoffersen ancora incerto, Feller molto spettacolare ma poco efficace, Yule risucchiato in un errore duro da digerire. Ogni nome aveva una storia, ma la neve di Levi è una lente: amplifica, non perdona.
E poi c’è la storia italiana, breve ma intensa.
Alex Vinatzer era partito a razzo: primi venti secondi da atleta in stato di grazia, ritmo, verticalità, fluidità. Sembrava la giornata giusta, quella in cui finalmente la velocità non avrebbe bruciato il controllo. Ma il muro — quel muro che non fa sconti, mai — gli ha strappato la manche dalle mani: un arretramento, un micro errore amplificato dalla pendenza, e poi tutto che scivola via. Un DNF che pesa perché la sensazione era quella buona, quella che valeva per davvero.
Tommaso Sala, tornato in gara dopo lo stop forzato della scorsa stagione, non ha fatto sfracelli e con la sua sciata ordinata ma non così all’attacco ed è fuori dai 30, mentre Tobias Kastlunger tiene accesa la speranza con un 22º posto provvisorio.
«Ho lasciato un mezzo secondo di troppo sul muro – ha detto Tommy – e nell’ultimo lancio ho preso un rimbalzo… ma sono felice di essere qui. Era importante rompere il ghiaccio. Tornare, sentirmi bene, ritrovare ritmo. Per me questa è la base da cui ripartire. C’è già un altro slalom sabato prossimo. Il rientro non è mai facile, ma sono felice di esserci e di potermi giocare una stagione lunga».
Tobias Kastlunger che conclude al 23esimo posto, tra le migliori manche delle ultime stagione:«Nel tratto pianeggiante ho sempre fatto un po’ più di fatica, e anche oggi ho perso qualcosa lì. Ma sul muro sono riuscito a difendermi meglio.».
È uscito, piò o meno nello stesso punto di Vinatzer, Matteo Canins che stava però sciando abbastanza bene contenendo il gap. Peccato. Tommaso Saccardi è invece al parterre con le dita dei guanti completamente mangiati! Si sarebbe qualificato ma a 4 porte dal traguardo si è inclinato troppo per un lieve ritardo di linea, saltando per aria. Un’occasione buttata davvero via!
La classifica racconta che Braathen guida e comanda.
La neve, invece, racconta qualcos’altro: racconta un ragazzo che sembra aver ritrovato ciò che lo sci gli aveva tolto, racconta un Noël di nuovo luminoso, racconta un Haugan che vive sospeso tra genio e follia. Racconta anche che l’Italia, oggi, aveva una possibilità grande e l’ha lasciata nel punto più crudele della pista.
Ora resta la seconda manche.
E a Levi, dove il freddo non è un clima ma un criterio, le seconde manche sono quelle che rivelano davvero chi sei.
In aggiornamento






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