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Solden: arrivano i Nostri!

Janka contro Raich, Svindal, Cuche e, se ne avrà voglia, Bode Miller. Vonn contro Riesch, Paerson e Maze:  i grandi duelli di coppa dovrebbero ancora una volta essere questi, fra le donne si attende con curiosità il ritorno di Lara Gut dopo il lungo stop agonistico per infortunio e la possibile esplosione del talento di Viktoria Rebensburg, la campionessa olimpica di gigante che per puntare alla polivalenza è stata l’ombra di Maria Riesch da maggio in poi. Italiani? Assenti, almeno nella previsione per la lotta alla coppa generale che comincerà sabato 23 ottobre a Sölden con un gigante femminile seguito il 24 da uno maschile. Ci siamo dunque, fra pochi giorni avremo le prime indicazioni della stagione, e saranno attendibili visto che da sempre Sölden fotografa perfettamente la forza degli atleti. Il fatto poi che si apra con un gigante, specialità base per ogni atleta che ambisca alla coppa generale, è una garanzia in più. Come detto, l’Italia non ha aspiranti al massimo trofeo dello sci, una pecca che il nostro DT Claudio Ravetto spiega con poche e semplici parole: «Non abbiamo fuoriclasse». Ravetto, direttore agonistico delle squadre maschili dalla primavera del 2007, a conclusione del quadriennio olimpico è stato confermato nel suo ruolo e, anzi, si è visto raddoppiare l’incarico: oltre che degli uomini infatti ora si occupa anche delle donne (al posto di Much Mair), una novità quasi assoluta nella sua lunga e fortunata carriera di allenatore visto che, a parte un’esperienza in sci club tanti anni fa, non aveva mai avuto a che fare con le femmine. Il primo impatto con il sesso cosiddetto debole (?!) è stato, a suo dire, più che positivo: «Nessun problema, nessuna situazione strana o ingestibile, nessuna gelosia, anzi, solo un ambiente super motivato e, se devo proprio dire la verità, nelle squadre femminili ho trovato più entusiasmo che in quelle maschili». Ahi ahi, ora sì che potrebbero scattare le gelosie, ma, in caso, lui saprebbe sicuramente come risolverle, senza nemmeno alzare troppo la voce. Ravetto è un uomo calmo, molto calmo, ma anche determinato con tante idee chiare in testa. Il suo ruolo ora è più dirigenziale, ma lui non dimentica il passato di allenatore e non perde occasione per andare in pista a seguire il lavoro di tecnici e atleti, che ama ancora correggere. DT perfetto? No, ovviamente, se proprio dovessimo trovargli un difetto, riconosciuto peraltro da lui stesso, è il fatto di non sapere parlare lingue straniere, un limite e un handicap non da poco, soprattutto in occasione di riunioni internazionali dove senza l’inglese e un minimo di tedesco si resta proprio tagliati fuori. Ma così è. «Per le lingue ero negato anche da ragazzo, a scuola ero bravo in tutto tranne che in inglese, di sicuro quindi non potrò imparararlo ora, a 50 anni». Al rientro da Ushuaia, dove tutte le squadre nazionali dalla A alla C, hanno svolto la parte più importante della preparazione estiva e dove «le condizioni erano perfette, le migliori mai trovate finora», Ravetto ha avuto ben poco tempo per riposare. La stagione è alle porte e oltre ai problemi tecnici e organizzativi, da risolvere ci sono quelli di budget, che al momento per fortuna non destano troppe preoccupazioni, tanto che nessun atleta quest’anno ha dovuto pagarsi la trasferta argentina e persino gli aggregati hanno avuto parte delle spese coperte dalla federazione.  «Il fatto di avere unito i budget di uomini e donne è un vantaggio, perché si può essere più elastici, il costo grosso sono gli allenatori, a qualcuno dei quali è stato aumentato lo stipendio. Il vero problema però è far capire ai dirigenti federali e al Coni che per lavorare bene nel nostro sport il rapporto fra tecnici e atleti di alto livello deve essere quasi di 1 a 1, diversamente mancherebbe la qualità». Per ora Ravetto non sembra pentito di aver accettato il nuovo incarico, che oltre al budget intercambiabile ha portato altre novità, fra cui quella auspicata da Alberto Tomba durante le ultime Olimpiadi e cioè raduni misti: da fine settembre, sul ghiacciaio austriaco di Mölltal, gigantisti e gigantiste hanno preparato assieme la gara di Sölden. Partiamo allora da loro, dai gigantisti/e, alla cui guida sono stati confermati Matteo Guadagnini fra gli uomini e Stefano Costazza fra le donne, con qualche novità di contorno (nuovi tecnici in entrambe le squadre, vedi box) e il rientro di Max Blardone nel gruppo. «Le donne hanno una squadra eccezionale, sono in sette nelle prime 30 mondiali, mi sono sembrate tutte forti e in particolare mi ha impressionato Denise Karbon, che a Ushuaia era in super forma. Gli uomini sono i nostri soliti  “vecchietti”, fortissimi anche loro, sono in 6 nei top 20 e nel 2010 hanno vinto la classifica di coppa a squadre della specialità, che in realtà non esiste, ma va bé… Per loro questa sarà la stagione verità, la cosiddetta ultima spiaggia, da anni questo gruppo è fortissimo ma per un motivo o per l’altro non ha mai vinto né una coppa del mondo né una medaglia. La nuova pista di Garmisch, dove a febbraio si correranno i Mondiali, è perfetta per loro (e infatti alla finale di coppa sono andati tutti molto bene, ndr), stavolta non ci saranno alibi». 
> Blardone si è reinserito bene nel gruppo?
«Direi proprio di sì, non mi sembra ci siano problemi. L’esperienza di fare da solo è stata positiva, ora Max sta bene come anche gli altri. Ploner, come sempre, ha preferito evitare la trasferta argentina così come Nicole Gius. Non ho osteggiato questa scelta visto che sarebbe assurdo obbligare qualcuno a fare qualcosa controvoglia. Entrambi hanno una certa età e molta esperienza, sanno gestirsi da soli e io do loro fiducia. Di certo non mi offendo se decidono di stare a casa, così come non mi ero offeso l’anno scorso per la scelta di Blardone». 

> Passiamo al resto, facci una panoramica sintetica della situazione negli altri settori.
«Quello in cui soffriremo di più sarà lo slalom femminile, perché Chiara Costazza ha problemi fisici e fatica un po’ e la Karbon va forte, ma partirà fuori dalle 30. Fra gli uomini va molto meglio. Razzoli prima dell’infortunio al polso andava davvero bene, peccato lo stop, ma credo recupererà in tempo per Levi. Moelgg come sempre si è allenato con puntiglio, in Argentina non era velocissimo, ma per lui non vedo problemi. Sono abbastanza ottimista anche per le discipline veloci, Heel in estate era ancora un po’ indietro anche a causa del cambio materiali, ma è molto migliorato in gigante, vedremo se schierarlo in coppa o meno. Innerhofer (che ad aprile è stato operato per un’ernia inguinale, ndr) sembra ritrovato, anche Fill sta bene, ma se dovessi puntare su un cavallo il suo nome è Dominik Paris. Il meranese potrebbe essere la grande sorpresa dell’inverno in velocità e combinata, va davvero forte, non  so cosa aspettarmi, ma in ogni caso ho molta fiducia in lui. Per le donne (che dopo l’addio di Ghidoni sono seguite da Raimund Plancker, ex Coppa Europa maschile, ndr) è stato impostato un programma diverso rispetto al passato, hanno lavorato molto sulla tecnica di curva e meno sulla scorrevolezza, all’inizio erano un po’ spaesate, ma i riscontri ora sono positivi». 
> Parliamo di giovani?
«Fra quelli della Coppa Europa ho visto muoversi bene Mattia Casse. Ho seguito poco la squadra C, ma ho fiducia in Stefano Dalmasso che è il nuovo responsabile del settore. Se vogliamo parlare di giovani oltre a Paris vorrei nominare Federica Brignone che mi è piaciuta molto per il talento e la mentalità, credo però che se vorrà andare forte in più discipline, obiettivo alla sua portata, dovrà crescere ancora fisicamente».
> Torniamo allora al punto di partenza, all’assenza di un aspirante nostrano alla coppa generale in cui l’ultimo podio maschile risale al 1995, Tomba 1°, e fra le donne al 2003, con Putzer 2°. Negli anni scorsi sembrava che almeno l’ambizione di puntare in alto ci fosse, con la creazione di squadre chiamate «super team» e «team 1000 punti». Ora siamo tornati con i piedi per terra? 
 
«Quelle squadre erano state create con il semplice obiettivo di far lavorare assieme i più bravi, ma è inutile nascondersi dietro a dei nomi: noi un talento come Carlo Janka non lo abbiamo, abbiamo tanti bravi atleti come nessun’altra squadra, ma non il fuoriclasse, quello non lo inventi, anche se uno come Cuche, negli ultimi quattro anni sul podio finale di coppa, da giovane non era un gran fenomeno e ha cominciato a farsi notare a 28 anni, l’età di Fill, Moelgg e Heel oggi. Come allenatore dico che avere tanti atleti diversi da podio non è male, dimostra che il lavoro di squadra è valido, mentre il fuoriclasse non lo si crea, lo si trova e lo si gode indipendentemente da tutto e tutti. Certo sarebbe bello se in Italia nascesse un altro Tomba, servirebbe a tutti, ma che devo dire? Speriamo nei giovani!». 
> A proposito di giovani, in primavera sono nate polemiche per l’esclusione dalla squadra di Hagen Patscheider, uno dei più promettenti. 
«L’esclusione in realtà è stata fatta a fin di bene, l’anno scorso non si è gestito come doveva anche a causa di infortuni e di gravissimi problemi personali, volevamo che maturasse, che facesse delle scelte. Lui non ha fatto polemiche e ora è sereno, sa che può dare di più e ha lavorato bene con i Carabinieri e anche con noi in Argentina. Con me direttore agonistico le porte delle squadre e della coppa del mondo sono sempre aperte per tutti e mi sembra di averlo dimostrato in questi ultimi anni, basta andare forte».  
> Ultima domanda, settore gossip: come gestisci le diverse coppie all’interno delle squadre, Heel-Manuela Moelgg e Simoncelli-Irene Curtoni solo per citare le più famose?
«Fin quando tutto fila liscio, la situazione non nuoce al gruppo ed è gestita con intelligenza, per me non c’è nessun problema, in estate sono stati tanto assieme, diverso sarà forse in inverno, quando le strade di uomini e donne si separeranno, allora avranno i problemi di tutte le coppie del mondo!».

Che, purtroppo, sono ben diversi e spesso ben più gravi di quelli della coppa del mondo!III 

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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