Copper Mountain non perdona: è una pista “facile”, dicono. Che poi è il modo più elegante per dire che qui sbagli di niente e paghi come se avessi sbagliato il mondo. Neve più dura del previsto, dossi che ti prendono alle caviglie, pendenza dolce che però ti spara addosso velocità senza margini. E una tracciatura che sembra scorrere… finché non ti accorgi che ogni porta va interpretata come un interrogativo.
È in questo contesto che Marco Odermatt fa ciò che Marco Odermatt fa da anni: prende una gara equilibrata, la mette in tensione e la piega a proprio favore. Lo svizzero parte con la consueta calma da predatore e costruisce la vittoria nel tratto dove tutti gli altri hanno frenato l’istinto: l’ultimo settore, la zona in cui di solito “alzi il piede”, lui invece lo tiene giù. Otto centesimi che diventano una sentenza: 1’07”70, e “la svizzera” che torna a imporsi in mezzo a un esercito austriaco pronto al monopolio.
Già, l’Austria. Fino a un attimo prima del numero 11 la classifica era una bandiera biancorossa: comandava Kriechmayr su, Haaser e, Babinsky con, Feurstein dietro solo a Mueller. Una muraglia, quasi una fotografia della Coppa del Mondo che fu. Ma Odermatt passa in mezzo alle fortezze come l’acqua tra le rocce: non rompe, modella.
Dietro di lui un Kriechmayr finalmente scorrevole, pulito come non sempre gli capita all’apertura di stagione. Otto centesimi di ritardo, niente di più: abbastanza per sorridere, troppo poco per rilassarsi. Haaser completa un podio che sa di grande inizio collettivo per l’Austria e che conferma una cosa sola: se non ci fosse Odermatt, oggi sarebbe stato un trionfo.
Bosca è tornato: ottavo, ma molto più di un ottavo
La storia italiana oggi non è nei primi tre, ma pesa come un podio. Guglielmo Bosca rientra dopo un anno durissimo, uno stop lungo che a molti avrebbe tolto la voglia. Lui invece torna con una qualità tecnica che sembra intatta: morbido sui dossi, attento negli ingressi curva, pulito dove tutti hanno sbagliato. E soprattutto autore di un terzo settore da manuale, quello che gli stessi commentatori ribattezzano “il settore Bosca”. Quando finisce la su corsa punta il dito verso il cielo per salutare Matteo!
Chiude ottavo a +0”61, miglior azzurro, davanti a molti dei “nomi grossi” del circuito. Ma soprattutto si mette di nuovo dove deve stare: dentro la gara, dentro il gruppo che conta. Per un rientro, è oro.
Paris e Casse: ombre e segnali. Domme è undicesimo (+0”85). Considerato che tre giorni fa si era preso una distorsione alla caviglia sinistra, è già un mezzo miracolo essere al cancelletto. La sciata è coraggiosa, leggermente frenata, con quella piccola “girata del piedino” che dice tutto su quanto volesse evitare di forzare. In fondo perde un po’ di continuità, ma la base c’è: la stagione può solo migliorare.
Mattia Casse, è in fondo (+1”29). Paga una lettura di linea troppo rotonda nel tratto centrale. È lui stesso, rivedendo il passaggio decisivo, a far capire quanto quei “due-tre metri lunghi” gli siano costati: su una neve che frena se incidi troppo, non c’era proprio margine per recuperare. Anche per lui: gara utile, non risolutiva. Giovanni Franzoni 13esimo (+0”91) può ritenersi soddisfatto: solido, continuo, intelligente nella gestione del fondo. È il suo quarto migliore risultato in carriera!
Il ritorno di Kilde: due stagioni dopo Wengen
Col numero 22 è sceso Aleksander Aamodt Kilde, il norvegese che il mondo attendeva più della gara stessa. Due anni dopo l’incidente di Wengen, due anni di fisioterapia, silenzi, foto dalla palestra e voglia di rimettere gli sci dove contano davvero.Chiude diciassettesimo (+1”25) con le lacrime agli occhi che si mischiano poco dopo a quella di Mikaela Shiffrin che l’attendeva al traguardo.
Ma il risultato dice poco: la cosa importante è che Kilde è tornato in Coppa del Mondo. Le linee sono ancora prudenti, la sciata meno aggressiva, la fiducia da ricostruire. Ma il corpo c’è, la testa anche. E questo, oggi, vale come una medaglia.
La gara che apre la stagione
Copper Mountain ha fatto subito il suo mestiere: ha mostrato gli equilibri, ha tolto illusioni e ha consegnato certezze. La più grande è la solita: Marco Odermatt è ancora l’uomo da battere. Subito dopo c’è la seconda: l’Austria è tornata compatta, profonda, capace di infilare quattro uomini nei primi sei. Almeno fino a quando gli attesi elvetici Von Allmen e Monney torneranno a fare i fenomeni della passata stagione. E poi c’è la terza, che vale per noi: Guglielmo Bosca è tornato. E questo cambia molte cose.






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