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Addio a Giuliano Besson, discesista e protagonista della Valanga Azzurra

All’alba, quando la montagna è ancora silenzio e respiro, se n’è andato Giuliano Besson. Aveva 75 anni. Un malore improvviso lo ha portato via oggi, 24 ottobre, a Sauze d’Oulx — il suo paese, la sua casa, la culla della sua vita e dei suoi sogni.

Un nome che appartiene alla Valanga Azzurra, ma anche a qualcosa di più profondo: l’anima di una generazione che ha cambiato per sempre lo sci italiano. Era un discesista puro, uno che affrontava la velocità come un linguaggio. Negli anni Settanta, mentre il Paese imparava a conoscere Thöni, Radici, Anzi e Stricker, lui c’era. Sempre con quello sguardo limpido e ironico, più da uomo di montagna che da eroe sportivo.

Besson è stato campione e artigiano di se stesso. Dopo la Coppa del Mondo, la pista non è mai davvero finita: l’ha proseguita trasformando la sua esperienza in impresa, fondando con Stefano Anzi il marchio Anzi-Besson, diventato simbolo di eleganza tecnica e di un modo nuovo di vestire la neve.
Dalle gare al design, dalla velocità alla sartoria sportiva. Sempre con lo stesso istinto, la stessa precisione del gesto che lo aveva portato a sciare come si scrive una storia.

Spesso al centro di polemiche, fu “licenziato” dalla Fisi quando con Anzi si improvvisò capo del Sindacato degli atleti minacciando uno sciopero del cronometro. Poi li lasciarono soli! Aveva fatto arrabbiare non poco recentemente Paolo De Chiesa e Pierino Gros perché stava promuovendo una linea firmata Valanga Azzurra, con tanto di carte finite in tribunale. Alla mitica recente reunion della Valanga avvenuta all’hotel Bella vista di Trafoi, a casa di Gustavo, non potè esserci perché si trovava in un letto di ospedale in seguito a un bruttissimo incidente in moto. Si era rotto da tutte le parti, ma ancora una volta riuscì a uscirne. Forse ancora più forte di prima.

Sauze lo considerava un fratello, un cittadino illustre, ma soprattutto uno che non aveva mai smesso di sorridere. Di ascoltare. Di credere che la montagna potesse ancora insegnare valori più grandi di qualsiasi medaglia.


Pochi mesi fa, alla vigilia dell’uscita del film di Giovanni Veronesi sulla Valanga Azzurra, aveva presentato la sua biografia scritta dal giornalista Augusto Grandi.
Un libro sincero, dove Besson si raccontava senza filtri: l’adrenalina delle discese, la complicità con i compagni, la popolarità improvvisa di un gruppo di ragazzi che divenne mito. Ma anche le ferite, i contrasti, le polemiche — come quella “scomunica” subita dalla Federazione di allora, un episodio che ancora oggi racconta la difficoltà di gestire l’autonomia e il carisma di chi pensa con la propria testa.

Non c’era rancore, nelle sue parole. Solo la lucida consapevolezza di chi ha vissuto davvero. E forse proprio per questo, Besson resterà nel ricordo di chi l’ha conosciuto non solo come atleta, ma come uomo capace di unire eleganza, intelligenza e semplicità

Un uomo che ha continuato a sciare anche quando la pista finiva.

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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