Allenamento, le 10 mila ore come i 24 mila baci!
Sanremo, anno 1961, esordisce sul palco del Teatro Ariston Adriano Celentano, che in coppia con Little Tony, intonano un pezzo di storia della musica Italiana.
«24mila baci» arriva al secondo posto ma -come spesso accade- il successo di vendite e ascolti superò ampiamente la vincente «Al di là» cantata da Luciano Tajoli e Betty Curtis… e chi se la ricorda?
Al contrario il pezzo, composto da Adriano Celentano ed Ezio Leoni, su testo di Pietro Vivarelli e Lucio Fulci rimase in testa alle classifiche di vendite per cinque settimane consecutive, rivelandosi un enorme successo e pietra miliare della canzone italiana.
Non solo una «canzonetta», ma una vera e propria prova di forza, marchiata rock’n roll, che abbattè ogni rigido schema, sia per ritmica sia per atteggiamenti sul palco, della kermesse musicale sanremese.
Utilizzando lo stesso ritmo del rock’n roll, noi di Senza Scarponi, vogliamo concludere questa indimenticabile stagione, approfondendo una delle «voci», spesso fraintesa, maggiormente ricorrenti nello sci alpino agonistico.
Al termine del maggiore circuito agonistico internazionale dello sci alpino, la World Cup, in riferimento ad una storica vittoria della classifica «over-all», si è assistito ad un curioso e simpatico siparietto televisivo, in cui una nota commentatrice televisiva citava una affermazione/domanda/quesito (?), posta a suo tempo, ad un famoso Head Coach.
L’affermazione citata più volte dal piccolo schermo era -pressapoco- questa:
«Non si vince/rà una Coppa del Mondo con/su un foglio di Excel!?️»
Sempre con la stessa simpatia e rispetto che vige tra professionisti, la risposta del Team Leader, fu, pressapoco, questa:
«Ci rivediamo/risentiamo a fine stagione!️»
Com’è terminata «la Coppa», ormai lo sappiamo, e non sono certo le pagine di Senza Scarponi che andranno mai a commentarla, ma nella simpatica querelle sopra descritta, il metodologo ed esperto nella scienza dell’allenamento trova una miriade di spunti su cui riflettere e far riflettere.
Cosa c’entra un foglio di calcolo (Excel) con i risultati e l’allenamento dello sci alpino?
Come possono dei numeri dare significato ed essere fondamentali per un risultato agonistico?
Le parole chiave che emergono, dall’attenta contemplazione di una domanda e seguente risposta, non sono poi tanto «innocenti» come poteva sembrare in un primo momento:
1) Diario di allenamento
2) Raccolta dati
3) Memoria storica
4) Parametri allenanti
5) Statistica
6) Match Analysis
7) Modello di prestazione oggettivo e soggettivo…
…e chi più ne ha più ne metta!️
Queste sono solo le prime parole chiave che ci sorgono di primo acchito dall’ascolto del dialogo citato. Tale riflessione ci conduce ad un’importante e sistematica linea di pensiero ed azione, che è quella della raccolta dati e del significato da essi prodotto all’interno, di una più vasta strategia di allenamento.
Su questa strada e agli incroci con la stessa (e quindi con i punti sopra descritti) troviamo altre vie coincidenti con il risultato agonistico. Tra di esse possiamo citare la programmazione e la periodizzazione dell’allenamento, sia tecnico che fisico-atletico, e/o funzionale.
Per ora limitiamoci a riflettere sui primi punti in elenco.
Nell’ultimo numero di Senza Scarponi, abbiamo parlato del diario di allenamento. Questo è uno strumento fondamentale all’interno della memoria storica, di qualsiasi componente (atleta, allenatore, prep.atletico, dirigente, famigliare) della vasta organizzazione dello sci alpino agonistico.
Tra le peculiarità che contraddistinguono la compilazione di questo prezioso strumento, ne esiste una, fondamentale per tutti coloro che operano nell’ambito della pianificazione, progettazione e strutturazione d’allenamento.
L’esigenza di compilare un diario, da parte, -nel caso sopra citato- del Team Leader (o Head Coach), nasce dalla necessità di raccogliere più notizie possibili, sulla stato qualitativo e quantitativo degli stimoli allenanti e/o dell’allenamento in toto.
Tutti questi dati devono poi essere elaborati correttamente, per la giusta e oculata somministrazione di ogni input alla componente umana oggetto finale della procedura di allenamento: l’atleta.
La parola carico è identificabile come una sommatoria di elementi di calcolo che andiamo ad identificare come PARAMETRI del carico allenante.
Questi parametri si sono modificati nel tempo, dal solo volume, siamo passati a varie tipologie che elenchiamo secondo una delle più recenti classificazioni:
1) Parametro QUANTITÀ e/o VOLUME
2) Parametro INTENSITÀ
3) Parametro DENSITÀ
4) Parametro QUALITÀ
Da quanto abbiamo scritto, si deduce che i primi dati da apporre sul diario ideale sono «dei» numeri. Tali numeri non servono a nulla se non sono gestiti ed interpretati statisticamente, anche attraverso fogli di calcolo tipo excel, in modo tale che possano dare utili indicazioni al complesso e articolato processo allenante.
Ma cosa c’entra una canzone di Celentano con quanto scritto fino ad ora?
È ormai da tempo che, nell’ambito dell’allenamento tecnico e della preparazione fisico-atletica dello sci alpino, si sente un po’ ovunque un «leitmotiv» che ha come cantilena, il numero 10.000. Diecimila ore di allenamento, di passaggi, di ripetizioni, di esecuzioni, di…
Ma questo leitmotiv da dove nasce? Trova giustificazioni e bisogna assolutamente tenerne conto? È il numero magico che «fa vincere»? Oppure si tratta di una bella e buona «mandrakata»?
Accendiamo gli amplificatori, avviamo i distorsori, facciamo vibrare le corde: abbia inizio il rock’n roll.
La Carica dei Diecimila
Il mito delle 10.000h nasce da uno studio pubblicato nel 1993, dal professor Anders Ericsson dell’Università del Colorado intitolato «The role of deliberate practice in the acquisition of expert performance».
Nel suo saggio, lo psicologo americano esaminava le abitudini di un gruppo di violinisti della Hochschule für Musik di Berlino.
Tale studio nasceva dalla volontà di avvalorare una tesi esposta da un gruppo di psicologi negli anni Trenta, che riteneva che il merito, per riuscire ad arrivare alle vette di qualche abilità, era da attribuirsi più all’ostinazione e al tempo passato ad esercitarsi che da qualche forma di predisposizione innata.
Da qui è nata la cosiddetta regola delle diecimila ore: riuscire a diventare eccellenti musicisti e/o campioni sportivi, sarebbe alla portata di tutti, purché si sia disposti a sudare ripetendo inesorabilmente un gesto per le fatidiche ore richieste.
Vi segnaliamo due ottimi libri da leggere nei prossimi mesi, entrambi editi da Calzetti-Mariucci Editori:
1. Schmidt R.A. – Lee T.D. (2012) «Controllo motorio e apprendimento». Il testo è un vero e proprio manuale che analizza in modo accurato e competente lo stato dell’arte sulle conoscenze che riguardano l’apprendimento motorio nell’essere umano.
2. Vladimir B. Issurin (2020) «La preparazione fisico-sportiva nel XXI secolo: fondamenti, nuovi percorsi ed evidenze scientifiche».
Di recente pubblicazione, il libro sintetizza le conoscenze attuali sulle procedure di allenamento e al legame che intercorre con le tecniche di preparazione fisico-atletica.
Come se non bastasse; «Outliers» di Malcom Gladwell, «Talent is overrated» di Geoff Colvin e «The talent code» di Daniel Coyle sono tre dei più noti saggi usciti negli ultimi anni che esaltano la “deliberate practice” come principale prerogativa di successo in ogni scibile umano.
Peccato che tutto questo non sia vero e gli studi succeduti nel tempo, e tra essi citiamo:
• Macnamara, B.N., Hambrick, D.Z., & Oswald, F.L. (2014). Deliberate Practice and Performance in Music, Games, Sports, Education, and Professions: A Meta-Analysis Psychological Science DOI
• Brooke N. Macnamara, Megha Maitra (2019). The role of deliberate practice in expert performance: revisiting Ericsson, Krampe & Tesch-Römer (1993)
hanno avvalorato la tesi che sebbene la pratica deliberata possa migliorare l’esecuzione di un gesto, la percentuale che la stessa sia sinonimo di successo nella pratica sportiva è pari al 18%… tutto il resto (82%) è un insieme di predisposizioni congenite e acquisite, determinanti la condizione di talento.
Questo non significa che basta essere talentuosi per diventare un campione, ma anche che non basta allenarsi come un campione per diventarlo. La complessità di un risultato agonistico di eccellenza si cela nel lavoro e nell’assiduità di un confronto con la scienza dell’allenamento.
Magari andando a ricercare nelle neuroscienze alcuni concetti che spiegano come certi stimoli allenanti abbiano maggior successo di altri e come i fattori condizionanti la prestazione sportiva non siano solo da attribuirsi a mere diecimila ore di meccanico allenamento.
Senza Scarponi vi da appuntamento col primo numero di Sciare della prossima stagione, ma continuate a seguirci sulla piattaforma web di SciareMag… importanti novità vi aspettano.
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