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Antonio Squillante: “Così preparo Lara Colturi”

Antonio Squillante: “Così preparo Lara Colturi”.
Lara Colturi, 16 anni il prossimo 15 novembre, continua imperterrita il suo felice percorso agonistico. Sulle nevi sudamericane: 11 gare, 6 vittorie, 2 secondi posti, 3 quinti, uguale, vittoria della coppa e primo posto in gigante e slalom. Il che le permetterà di partire col pettorale numero 31 nelle due specialità in Coppa Europa! Ma non è questo l’argomento odierno e tantomeno abbiamo intenzione di risvegliare la polemica sulla nazionalità per la quale gareggia.

Ci siamo piuttosto chiesti se mamma Daniela Ceccarelli e papà Alessandro Colturi sono gli unici artefici della crescita tecnica di Lara o se c’è qualcuno che li sta aiutando. Ebbene quel qualcuno esiste da due anni e si sta occupando della preparazione atletica di Lara.

Si chiama Antonio Squillante, 35 anni di Padova, laureato in scienze motorie “Ma dopo la triennale mi sono dedicato alla preparazione atletica in sport di forza e potenza, come atletica leggera, rugby, football americano”.

Per amore di quest’ultimo si è addirittura trasferito negli Stati Uniti per lavorare come preparatore atletico. Qui ha iniziato a collaborare con diversi college e università proseguendo un percorso accademico che lo ha portato a superare quattro master di specializzazione: preparazione atletica, nutrizione sportiva,  ortopedia e riabilitazione e biomeccanica dello sport. Questo fino alle Olimpiadi del 2016 anno in cui “ho deciso di  dedicarmi di più  all’insegnamento e alla parte accademica iniziando un dottorato di ricerca in fisiologia muscolare alla University of  Southern California (Los Angeles) ormai prossimo alla conclusione”

Sull’argomento ha iniziato a scrivere e a pubblicare libri scientifici sia in Italia che all’estero ed è grazie a uno di questi che Daniela lo ha conosciuto. Prima il libro poi alcuni dei suoi podcast, le conferenze e quel messaggio scritto su Instagram.

Vuoi dire che non ti conosceva e ti ha contattato su Instagram?
È andata proprio così! Abbiamo iniziato a chiacchierare e mi ha spiegato il progetto di Lara dalla A alla Z, e devo dire che mi è piaciuto un sacco fin da subito.

Anche l’aspetto, diciamo, di politica sportiva?
Posso risponderti alla romana? Di quello nun me ne può fregà de meno!

Cosa ti ha affascinato del progetto?
Il fatto che Lara abbia già raggiunto un discreto livello col solo supporto della famiglia. L’allenamento in pista d’accordo, ce ne sono di papà e mamme che sciano coi figli, ma in questo caso il rapporto atleta-genitori è totale, quindi l’aspetto emotivo recita un ruolo determinante. Interagire in una situazione così particolare è molto interessante dal punto di vista professionale.

Beh, sarà anche un po’ merito tuo, o no?
Diciamolo subito per essere chiari, il mio contributo nei confronti di Lara è imparagonabile in confronto a quanto stanno facendo mamma Daniela e papà Alessandro. Ha una famiglia che poi è anche una squadra bellissima che la supporta. Dunque, la maggior parte dei risultati ottenuti finora sono il frutto del loro totale impegno. Nel mio piccolo ho solo cercato di fare un po’ la differenza nello stretto ambito della preparazione fisica, spesso sottovalutata dal momento in cui si tende a guardare l’atleta medio. Non sempre si considera che parte dei risultati ottenuti da un atleta di qualsiasi sport dipendono anche dalla preparazione fisica.

In percentuale quanto?
Sto basso, il 10 per cento, ma anche se può sembrare poco, credo sia proprio questa la parte capace di fare la differenza, soprattutto quando si compete con atleti del tuo stesso livello tecnico.

Allora entriamo nel merito, come prepari Lara?
Non si pensi a chissà quale programma complesso. Non l’ho nemmeno inventato io di punto in bianco. SI basa su 30 anni di ricerca fatta in Italia da alcuni professionisti del calibro di Carmelo Bosco, che ritengo tra i numeri uno al mondo tra i ricercatori del nostro paese. Non per niente ha firmato numerosi libri sulla preparazione atletica anche dello sci. Da lì ho attinto le situazioni per me più utili e interessanti che hanno coinvolto atleti di alto livello, vedi Alberto Tomba.

Teorie un po’ datate le sue…
Quello che ha scritto negli Anni 80 e 90 è di assoluta attualità. Stiamo parlando di scienza. Naturalmente bisogna riferirsi alle linee guida più contemporanee e trovare i migliori adattamenti che ben si sposano con l’atleta. In pratica si tratta di monitorare costantemente il percorso di allenamento in modo tale che l’atleta arrivi in sala pesi così come in pista sia in allenamento che in gara sempre in un’ottima condizione fisica.

Quindi a livello fisico non ci sono alti e bassi?
È un approccio col quale la fatica viene ridotta al minimo così come il rischio di “over training”. Si basa, inoltre, su valori oggettivi. Ovvero non si chiede all’atleta come sta o come si sente per poi calibrare il lavoro. Di giorno in giorno vengono fatte analisi fisiologiche per poter controllare quella che è la fatica.

Che tipo di fatica?
Sicuramente quella neuromuscolare, ma anche quella metabolica, cardiovascolare e fisiologica in generale.

Quindi ti colleghi con Lara quotidianamente?
Certamente, con Lara e/o con Daniela perché il controllo dei dati non può avere soste prolungate. Il programma poi è abbastanza standard, si basa su step di due o tre settimane di lavoro, ma Lara non va mai dal giorno 1 al giorno 2 se prima non ci siamo sentiti, proprio per confrontare i valori di riferimento.

Puoi dirmi quali sono?
Sono sostanzialmente due. Uno è la variabilità cardiaca (HRV, Heart Rate Variability) ovvero la “prontezza” fisiologica misurata con l’ausilio di un dispositivo che si mette al polso, chiamato Whoop. Lo usano in tanti ma quello che fa la differenza è come vengono interpretati i dati che di base sono abbastanza blandi.

Tutto in relazione a ciò che capita in pista?
È fondamentale. Daniela mi dice che tipo di lavoro andrà a fare Lara in pista per capire quanta energia dovrà esprimere. In base a quello che sarà il suo obiettivo del giorno e alla sua forma fisica decidiamo cosa fare in termini di preparazione atletica, palestra, corsa, riposo…

Il secondo valore da controllare?
Si chiama “Athlete Readiness”, un test di salto, anche questo eseguito ogni giorno. Si effettuano tre salti verticali misurati da un dispositivo chiamato Chronojump, prodotto in Spagna. Per questo abbiamo dovuto spendere più tempo, trenta giorni di valutazione prima di capire quale fosse il valore normale di Lara come altezza di salto. Questo parametro viene poi confrontato di giorno in giorno: prima di iniziare il lavoro Lara si mette sul suo tappetino ed esegue il test che dura appena un minuto e mezzo. Daniela mi manda i dati che io inserisco in un’apposita tabella di confronto e in base al risultato si stabilisce il lavoro fisico atletico.

Lavoro fisico che può interferire, dunque, anche sul programma in pista?
Assolutamente no, il lavoro tecnico lo stabiliscono Daniela e Alessandro. Io non ci metto becco perché non è quello il mio compito. Se deve fare 100 pali non è che io le dica, no, oggi fanne 50 perché in base ai dati è più affaticata del solito. Io intervengo quando finisce quella fase e Lara torna in palestra. È solo in questa situazione che indico come e quanto “spingere” o se fermarsi addirittura.

Capita spesso che Lara si senta stanca?
Capita il contrario! Da quando è in Sud America il mio compito più difficile è stato quello di fermarla ad andare in palestra! È fondamentale gestire i carichi di lavoro perché affronti ogni competizione sempre più fresca possibile, anche per evitare il rischio di infortunio.

C’è un sistema efficace di preparazione atletica che possa evitarli?
È soltanto un mito che in sala pesi si possa lavorare per evitare gli infortuni. Un lavoro ben fatto può solo aiutarti a prevenirne il rischio, ma l’infortunio è sempre dietro l’angolo. La maggior parte degli infortuni accidentali avvengono quando l’atleta si trova in uno stato di fatica cronica. L’attenzione viene compromessa così come la capacità di assorbire l’impatto. Quello che dunque cerco di fare con Lara è evitare che si alleni in uno stato di fatica eccessivo. Condizione che non limita solo il rischio di infortunio, ma aumenta anche la possibilità di migliorare la prestazione.

I valori scientifici che rilevi sono sufficienti per capire tutto questo?
I valori ti aiutano molto, ma una parte importantissima del percorso che sta facendo Lara lo si deve, come dicevo all’inizio, al binomio atleta e genitori. Sai Lara è giovane, molto competitiva, ha voglia come tanti atleti della sua età di spaccare, per cui potrebbe non essere in grado di essere obiettiva in una valutazione personale. Le chiedi come sta e ti risponde sempre benissimo, carica! Qui interviene Daniela, un tecnico estremamente intelligente. Intuisce quando Lara è in grado di spingere un po’ di più o quando ha bisogno di recuperare. Di fatto a loro serviva un approccio alla preparazione atletica più strategico e sistematico.

Pesi ne fa tanti?
Guarda, test di forza – pesistica e preparazione atletica in generale – non li abbiamo quasi mai fatti. Che Lara abbia un massimale di accosciata di 100 kg piuttosto che di 200 kg non è così rilevante. A noi interessa altro, ovvero in quale modo possiamo migliorare a livello neuromuscolare perché la sua prestazione in pista sia ottimale. Significa individuare la capacità di saper assorbire l’urto, di sviluppare forza eccentrica, di essere esplosivi in movimenti più simili all’azione sulla neve. In tutto questo la forza in sé è un concetto abbastanza relativo. Una volta che capisci quanta te ne serve per lo sport che stai praticando, poi è bene concentrarsi su ciò che ho elencato.

Lara sembra stia bruciando le tappe…
Ha una predisposizione all’allenamento completamente differente rispetto ad atleti, anche di altri sport, della sua età. Per loro in generale è relativamente facile allenarsi per lo sport che praticano perché lo amano e ne sono appassionati. La differenza qual è? Ciò che si è disposti a fare fuori dal campo della prestazione. E pochi atleti che ho seguito – e non sono pochi – hanno messo lo stesso impegno che vedo in Lara, disponibile a curare tutti gli aspetti della preparazione atletica. Non c’è soltanto il divertimento dello sci. Mi riferisco all’alimentazione, test di valutazione funzionale, modalità di recupero, gestione delle modalità di viaggio in modo che tutto sia calcolato per ottimizzare la prestazione. Per un adulto è facile, ma seguire un programma così ben sviluppato per una ragazza così giovane, è una rarità. Può darsi che stia bruciando le tappe ma i risultati finora ottenuti sono soltanto frutto di un lavoro ben fatto.

Non sarà troppo per una ragazza così giovane?
Non patisce per nulla questa situazione perché, lo noto tutti i giorni, le piace tantissimo quello che fa. Quando parliamo è sempre estremamente positiva e non cerca motivazioni degli altri. Non si allena perché vuol far piacere a sua mamma o a suo papà, se è qui che mi vuoi portare. Me ne sarei accorto e me ne sarei andato via all’istante. Lara vuole dare il massimo in pista in qualsiasi occasione, che si tratti di allenamento o di gara. Non scia per il piacere degli altri, ma soltanto per il suo. Anche quando ha dovuto seguire periodi di allenamento particolarmente intensi e provanti non l’ho mai sentita esternare l’aspetto negativo della situazione. Capita di sovente che l’atleta ti dica, dormo male, sono stanca, faccio fatica, ho male dappertutto… Mi ha sempre detto che sente il bisogno di dedicarsi all’allenamento in questo modo perché la spinge a far meglio. Il suo obiettivo è sciare veloce e vincere, una motivazione interna incredibile.

Ma uscire ogni tanto con le amiche?
È brava anche in questo, perché il tempo per trovare e vivere le sue distrazioni riesce comunque a trovarlo. Quello che per noi è un evidente sacrificio per Lara non lo è perché non le manca niente: ha tutto ciò che può desiderare. Il fatto di mettersi lì a far esercizi alle 8 di sera invece di uscire a mangiare un gelato con le amiche non le pesa affatto. È una sua scelta perché, rispetto a tante colleghe coetanee, non ha davanti a sé obiettivi immediati. Non si allena per vincere la prossima gara perché è consapevole che si tratta soltanto di una competizione che la preparerà all’appuntamento successivo. Insomma, il traguardo che ha in mente è ben più in là.

Quindi avete già stilato un programma finalizzato all’ingresso in Coppa del Mondo?
Viaggiamo per periodi di 2/3 mesi alla volta, ma senza perdere d’occhio una visione d’insieme. Ad esempio, abbiamo pianificato la trasferta sudamericana per cercare di portare a casa determinati risultati, però tutto è in funzione dell’intera stagione, di quella successiva e di quell’altra ancora.
I periodi brevi servono per non dare tutto e subito perché si rischia di rovinare l’atleta. Dare il giusto con una prospettiva più lunga permette di raccogliere più frutti nel tempo.

La cosa curiosa è che sono due anni che alleni Lara da Los Angeles senza mai averla incontrata!
Allenare a distanza non è come allenare in presenza. Ne seguo diversi di ragazzi con questo sistema e devo dire che non è così facile. Ma con Lara lo è! Primo, perché Daniela è bravissima a darmi feedback. Anche se fossi accanto a lei, a livello raccolta dati, di più non potrei fare, ho tutto quello che mi serve. Dove non posso esserci è in sala pesi, ma Lara non lavora mai da sola. Daniela poi, che è stata atleta e sa come si impugna un bilanciere, mi manda video in continuazione e passiamo tantissimo tempo al telefono. Anzi, a dire il vero è Alessandro l’asso delle foto e dei video! Abbiamo trovato un perfetto equilibrio perché sappiamo ascoltare l’un l’altro. Ma anche con la stessa Lara c’è molto dialogo. Io disegno la tabella di marcia, lei esegue e poi mi racconta per filo e per segno ogni sua sensazione, positiva e negativa. Sa che lo può fare e che deve farlo. Tra noi c’è la massima fiducia reciproca, dunque che sia a Los Angeles o a casa con loro alla fin fine cambia poco.

La tua tabella di marcia è ferrea?
Per carità. Certo la disegno, ma essere troppo rigidi non ha alcuna valenza scientifica. Può funzionare in laboratorio ma non nella reale preparazione atletica. Cerco di sviluppare tutto quello che serve all’atleta ma il mio approccio, come ho detto precedentemente, è che Lara sia in grado di gareggiare tutto l’anno e che abbia sempre un adeguato stato di forma. Non voglio mai trovarmi nella situazione in cui si troverà giù di tono o che abbia un picco per un determinato evento. Questo sistema l’ho abbandonato dieci anni fa e non ternerò mai più indietro. È di esperienza comune ma manca di validità scientifica. Come in tutte le cose si tratta di un sistema che ha dei pro e dei contro. Il vantaggio è che la fatica viene gestita molto meno e il rischio di infortunio è minimizzato. L’atleta può anche gareggiare di più il che non guasta per acquisire esperienze e ottimizzare la parte tecnica. Lo svantaggio è che un approccio più diluito richiede più tempo per lo sviluppo dell’atleta. Lara potrebbe migliorare anche in sei mesi volendo, ma so che patirebbe molta fatica. Preferisco che arrivi al suo traguardo dopo 12 mesi invece di sei ma con la gestione del progetto più graduale, con la possibilità di allenarsi e gareggiare tutte le volte che vuole in sicurezza, indipendentemente dal risultato della competizione.

Sei in grado, comunque, di prevedere quando raggiungerà il suo apice atletico?
Ci vorranno almeno 15 anni! I cambiamenti che sta vivendo in questo periodo sono ovviamente molto rapidi per motivi fisiologici. È in fase di crescita, dunque il processo è veloce ma la curva nel tempo si appiattirà perché quando avrà 20 anni il suo fisico sarà già formato in modo definitivo. Tuttavia, sulla carta, continuerà a progredire fino a oltre 30 anni.

Utilizzi strumenti tecnologici per “studiare” l’atleta?
In Italia insegno un corso di laurea magistrale dal titolo “Misure Oggettive Nello Sport”, ovvero come utilizzare i dati frutto della tecnologia per indicare il percorso di allenamento. Dico questo: i dati servono sempre, così come è un beneficio conoscere il punto di partenza di un atleta. Lasciare però che questi dati influiscano al punto da identificarsi come unico metodo di valutazione per costruire un programma, è sbagliato. La tecnologia mi può dire quale sia la capacità aerobica, la forza massimale o la forza esplosiva di un certo livello perché le ho testate e quindi posseggo valori oggettivi, ma di certo non mi dice se Lara è brava o non è brava.

Piuttosto posso sapere prima su cosa è meglio concentrare il lavoro. Confronto i valori di base di qualsiasi atleta, forza, resistenza e reattività con i valori della media… perfetto so da dove partire e quanto mi manca per raggiungere il top. Che poi l’atleta ci metta un mese, due mesi o un anno non ha importanza. Può anche accadere che quei valori non cambino eppure si riesca a vincere ugualmente. Alla fine, l’unica prova di un buon lavoro è il risultato. Quindi, bene per avere una direttiva ma non da assumere come punto di riferimento per sviluppare un programma.

Senti ma, questa ragazza, brava, bravissima, probabile fenomeno, un difetto ce l’ha?
La prendo un po’ larga: io sono un fan sfegatato di Alessandro Zanardi che ho conosciuto grazie alle mia collaborazione con i ragazzi di Obiettivo 3. Lo seguo dai tempi della Formula 1 e della CART  quale appassionato di motorsport fino alle paralimpiadi. Libri, interviste, podcast… ho tutto su di lui. Qualche anno fa disse: “La mia carriera in Formula Uno non è stata tanto buona quanto quella del paraciclismo per un motivo ben preciso. Se la macchina al massimo poteva arrivare sesta, io volevo comunque tagliare il traguardo per primo. Quindi spingevo troppo, finivo fuori pista, rompevo. Il limite, dunque, non era dettato dalla mia capacità oggettiva di valutare il potenziale della mia monoposto  ma piuttosto dal mio desiderio di vincere ad ogni costo. Questo può diventare devastante.” Alex prosegue: “Nello sport come nella vita ci sono due curve: quella dell’intelligenza emotiva e quella della capacità fisica. Quest’ultima va a diminuire negli anni mentre nel tempo cresce la coscienza emotiva. Nel punto in cui si intercettano, se hai una condizione fisica ottimale e le condizioni sono quelle giuste, hai la possibilità di vincere la medaglia alle Olimpiadi. E’ quello che è successo a me durante la mia carriera in handbike.” 

Parole sante. Dal momento in cui non sei consapevole dei tuoi limiti e provi a strafare è là che i problemi arrivano. La voglia di eccedere fa parte della gioventù e in qualche occasione ho notato che Lara sia tentata di fare più di quanto sia logico attendersi da lei. Questo potrebbe portarla a considerare un secondo o un terzo posto come una sconfitta perché non comprende ancora che quel giorno più di così non poteva ottenere. La fortuna di Lara qual è? I suoi genitori sono stati atleti e queste cose le conoscono perfettamente, dunque, sanno come filtrare tali informazioni nel percorso di crescita di loro figlia. Le dicono ad esempio questo: “Potenzialmente eri da quarto posto, non hai vinto ma sei arrivata seconda, bene il tuo goal lo hai messo a segno comunque!”.

Siamo al confine delle competenze tra preparatore atletico e il mental coach…
Soltanto il “marciapiede” può dare queste facoltà al preparatore atletico. Sicuramente mi sbaglio ma se prendiamo due preparatori atletici con lo stesso curriculum, identica formazione e medesima esperienza, quello che fa la differenza è colui che riesce a creare l’empatia migliore con l’atleta. C’è invece chi si adopera per il palmarés e tratta l’atleta da atleta evitando di considerarlo anche come persona. Questa cosa gli studi non te la insegnano, o ce l’hai o non ce l’hai.

È per questo che Daniela e Alessandro si sono affidati a te?
Dai, questo, dovresti chiederlo a loro. Quello che posso dirti è che non avevo mai allenato prima un atleta dello sci, anche se fa parte della professione di un preparatore atletico occuparsi di tanti sport, compresi quelli che non conosce. La letteratura scientifica nel nostro settore è molto usata e ricca di materiale. Ma prima ancora di accedere a questi strumenti mi sono affidato a un concetto base per me imprescindibile: parlare con l’atleta! Prima di stendere progetti, tabelle e obiettivi ho trascorso parecchie ore al telefono e in video con tutti e tre. Solo dopo un’approfondita conoscenza di Lara e non parlo a livello agonistico, abbiamo affrontato il discorso della possibile collaborazione. Diciamo che ci siamo trovati non per scommessa ma per affinità.

Dì la verità, questa esperienza ti sta facendo venir vogli di iniziare a sciare!
Bella questa, ma mi sa che hai ragione! In realtà ci ho già provato con lo snowboard tempo fa ed è stato più il tempo passato a rialzarmi dalla neve che altro. Ma ci proverò

Magari assieme a Lara. Vi incontrerete prima o poi?

Assolutamente sì, forse a ottobre quando rientrerò in Italia per una serie di seminari per conto della Federazione Italiana Fitness. Forse Lara sarà in trasferta, vedremo. Altrimenti avverrà a marzo al 100 per 100, quando sarò a Roma per il primo corso di formazione per preparatori atletici organizzato in collaborazione  NSCA Italia al quale avrò il piacere e l’onore di insegnare. Il posto ideale per una cena tutti assieme!

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About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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