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Come affrontare lo stato d’ansia

Sempre più spesso, nel quotidiano vivere, sentiamo parlare di ansia, attacchi di panico, stati di forte irritazione o scatti impulsivi. Il termine «ansia» ha messo in pensione parole ormai quasi fuori moda come: stress, pressione, paura, tensione. Così anche nel nostro ambiente sportivo l’espressione più utilizzata prima di una competizione è diventata: «che ansia che ho!»
Ma cosa significa il termine ansia? Quanti tipi di ansia esistono? Come differenziarla da una sana attivazione pregara? E soprattutto, come fare a gestirla?
La distinzione più nota è quella esistente tra l’ansia di tratto e l’ansia di stato.
La prima si riferisce a una predisposizione soggettiva stabile della personalità di un individuo, infatti c’è chi nasce più predisposto a sentire una certa «agitazione» quando è sottoposto a prove, esami o competizioni sportive. La seconda si riferisce a uno stato emotivo transitorio contraddistinto da sensi di apprensione, timore e tensione in prossimità di situazioni d’esame.
Ad esempio, in una gara di sci tutti i concorrenti vivranno una normale dose di ansia di stato, poiché gareggiare significa confrontare il proprio valore in modo oggettivo (il cronometro) con altri concorrenti. Gli atleti con un’elevata ansia di tratto percepiranno tale dose di ansia, originata dalla gara, in modo sproporzionato compromettendo la prestazione. 
L’ansia non deve avere solamente un’accezione negativa, infatti è una sorta di «campanello d’allarme» che ci mette in guardia e ci attiva da eventuali pericoli esterni. Quindi, una buona dose di ansia, fa sì che il nostro organismo sia pronto e reattivo alla prestazione che gli verrà richiesta. 
Purtroppo, se tale prestazione viene percepita in modo distorto (una minaccia alla nostra autostima e alla nostra salute) oppure se noi non ci percepiamo all’altezza del compito, l’ansia cresce talmente tanto da bloccarci totalmente nella nostra performance. Infatti scattano dei meccanismi psichici che irrigidiscono il corpo e spesso confondono la nostra mente. Questo porta al fallimento del risultato con la logica conseguenza di essere ancora più in ansia nella gara successiva. Si rischia così di iniziare un circolo vizioso senza fine.
I sintomi dell’ansia rispecchiano le vie di scarico che essa utilizza attraverso il nostro corpo. 
L’ansia somatica si scarica attraverso il sistema somato-motorio. A tutti è capitato di essere un po’ in ansia e grazie ad una corsetta, una passeggiata, o semplicemente un’attività che ci metta un po’ il corpo in movimento, provare beneficio immediato sentendosi più rilassati. Dall’ansia così detta somatica, si può passare a un’ansia ancora più invalidante: quella cognitiva.
Diciamo che a questo livello l’atleta inizia ad avere problemi più gravi, per esempio la deformazione della visione: è tipica la visione a tunnel, vedere solo una piccola sezione del campo visibile, negli sciatori si manifesta saltando improvvisamente una porta del tracciato senza nessuna causa visibile. 
L’ansia agonistica si caratterizza da due particolari condizioni: l’importanza del risultato e l’esito incerto della gara. Il primo fattore è associato alla percezione che l’atleta attribuisce alla gara: la possibilità di fare punti, oppure vincere soldi, gloria, successo, o addirittura poter entrare nella storia dello sport vincendo Olimpiadi o Mondiali, o semplicemente la prima gara di un bambino della categoria baby sprint. Il secondo fattore è associato alle variabili connesse all’incertezza dell’esito, quali: l’allenamento, la forma fisica, il livello tecnico, gli avversari, le condizioni atmosferiche, le condizioni di pista, ecc.
Nella psicologia dello sport esistono varie strategie cognitive per evitare che l’ansia comprometta la giusta attivazione: il blocco del pensiero disfunzionale, la reazione corretta dopo l’errore, il rituale pregara, un corretto dialogo interno, la visualizzazione e l’allenamento ideomotorio. 
Tutte strategie che servono ad allenare la mente per poterla utilizzare come acceleratore della propria prestazione piuttosto che un continuo freno inibitore! III

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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