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Come si vive il Corso Maestri, l’esperienza di Luca Vanzini

Come si vive il Corso Maestri, l’esperienza di Luca Vanzini.
Più volte abbiamo parlato dei corsi per diventare maestri di sci, ma mai con una testimonianza diretta. Ecco allora come ha vissuto questa indimenticabile esperienza Luca Vanzini, neo maestro (come papà Carlo), che ha seguito il programma del Collegio Lombardia.

di Luca Vanzini:
Il percorso per diventare maestro di sci non può prescindere dalla parola passione, perché è assolutamente tutt’altro che scontato. 

Come tutti, si inizia da piccolini, messi sugli sci da genitori, come nel mio caso, amanti di questo sport e della montagna, ma ci sono anche tanti miei colleghi che hanno iniziato pur non avendo in famiglia dei praticanti. D’altra parte, come si comincia forse non è poi così importante, lo è come si prosegue. 

Lo sci è uno sport dalle molteplici facce. Insegna sicuramente a crescere in fretta, con le prime trasferte e i primi distacchi, emotivamente non sempre facili. Si impara ad arrangiarsi, con borse, materiali e quanto altro da portare e gestire in questi viaggi. E poi ancora, a innamorarsi della montagna di pari passo con lo sport. 

Questo però lo devi scoprire dentro di te, perché significa vivere un contesto di certo ben diverso da chi pratica altri tipi di attività più «comode». 

Tutto bello e stupendo fino a quando inizi a fare i conti con le alzatacce, i lunghi trasferimenti e non da poco, i risultati non sempre positivi. Ecco è in quel momento che la passione diventa il motore di tutto. Quella scintilla che ti fa sentire bene lì dove stai, sulla neve. Chiaramente quando fai agonismo non pensi alla possibilità di diventare maestro, ma a quella di poter essere un campione. 

Come in molti sappiamo quel salto in alto non è da tutti e c’è un momento della vita di uno sciatore che diventa un bivio: l’ultimo anno allievi che corrisponde al secondo di Liceo, uno dei più tosti! Non sono tanto gli impegni di quella stagione a preoccupare, le gare del circuito sono sempre sei. I Regionali, gli Italiani e qualche altra gara di contorno non sono probanti, ma gli allenamenti si intensificano, così come le assenze. 

Il vero problema è prendere consapevolezza del futuro. Il passaggio nei Giovani. A sentire chi c’è già si diventa professionisti a tutti gli effetti, nomadi a caccia di punti Fis con la scuola non sempre conciliabile. L’asticella si alza a livelli non da tutti, soprattutto per chi negli Allievi forse ha già spento le speranze di poter essere un giorno il nuovo Odermatt, ma basterebbe anche l’ultimo della coppa del mondo per sentirsi un fenomeno. 

Ecco, a questo incrocio sportivo hai tre soluzioni: mollare, come purtroppo tanti fanno, proseguire nei Giovani o, come nel mio caso, avere la fortuna di trovare una struttura come «impara e insegna» dello sci club Radici.

Come altre società ti mantiene viva la fiamma dell’agonismo, portandoti però sul percorso per poter diventare maestro di sci. Restare in forma, allenarsi e gareggiare è fondamentale perché il test di ammissione al corso di maestro prevede la prova di gigante e devi saperci dare dentro, ancor di più all’euro test che consiglio di affrontare il prima possibile per «volare» sui residui di una preparazione agonistica che se non tenuta viva anche durante il corso poi non basta. 

Con questo tipo di attività le settimane invernali si dividono tra agonismo e archi. Sembra facile per chi fa gare mettersi lì a tirare due curve, ma in realtà il passaggio dalla sciata agonistica a quella richiesta anche alla selezione non è immediato, anzi sul corto raggio è proprio un altro mondo. Un piccolo esempio: l’appoggio del bastone, sconosciuto a chi passa il suo tempo in tutina. Una volta pronti, non appena maggiorenni ci si butta nella selezione. Ti puoi iscrivere in più regioni, poi basta passare l’Euro test per essere tutti maestri, ma l’orgoglio di passare nella propria regione, nel mio caso la Lombardia, c’è sempre. 

Io, probabilmente in modo un po’ arrogante, non mi sono iscritto ad altre selezioni. Se dovevo diventare maestro dovevo farlo in Lombardia. È andata, passato! Poi ecco arrivare un altro incrocio. L’incompatibilità o quasi tra 90 giorni di corso spalmati in un anno, e l’università. O prendi un anno sabbatico dagli studi o è davvero difficile. In realtà c’è anche chi riesce a conciliare entrambe le situazioni o, viceversa, ritarda il corso all’anno successivo, per partire, intanto, con gli studi. Quello che succede nei 90 giorni è semplicemente fantastico. Intanto si forma una famiglia, aspetto per niente secondario.  Ci si diverte imparando e, ve lo assicuro, si impara davvero tanto. 

A volte penso che se avessi fatto prima il corso maestri sarei stato un atleta migliore, perché è nell’esecuzione degli esercizi più semplici che scopri quanto, nel fare pali su pali, hai tralasciato la cura di alcuni particolari importanti. Indietro non si torna, ma può essere un suggerimento per chi fa agonismo a testa bassa: non dimenticarsi delle basi. 

La professionalità degli istruttori è altissima. Non fanno pesare il «grado», sono lì per renderti uno sciatore migliore e soprattutto un bravo maestro di sci che da lì a poco avrà a che fare con bambini effervescenti, ma anche con adulti alle prime armi, probabilmente spaventatissimi. 

Ho trovato fondamentale il periodo di affiancamento fatto nel corso dell’anno, nel mio caso con la Scuola Sci Play del Monte Pora. Stare vicino ai maestri per aiutarli è stata una pratica fondamentale per cercare di farsi trovare pronti quando si sarà soli con un esercito di marmocchi. O peggio, nel convincere chi è frenato dalla paura che quelle prime scivolate sul campo scuola non sono la cosa più spaventosa del mondo. 

Ho visto davvero persone alle prime armi nel panico, sta a te dargli sicurezza e strumenti per imparare. 

Forse è per questo che il primo maestro di sci non si scorda mai. 

Perché ti porta a provare una gran bella emozione e soprattutto riconduce a quella parola motore di tutto: passion! Un bravo maestro non solo deve insegnare, ma anche far appassionare. Per questo è stato importante durante il corso provare altre discipline come il fondo e lo snowboard, avere nozioni di sicurezza e di conoscenza della montagna e del meteo. 

Diventando così padroni o almeno ci provi, non solo dell’insegnamento, ma di tutto ciò che ti circonda. 

L’Eurosecurité è un test molto importante per l’abilitazione a diventare maestro. Saper utilizzare gli strumenti che possono essere decisivi per salvare una vita in momenti imprevedibili, ma che purtroppo accadono è fondamentale. Ecco quando finisci tutto e passi anche gli ultimi esami pratici e di teoria hai due sensazioni contrastanti.

La prima è senz’altro di vuoto, perché finisce la convivenza con una bellissima famiglia di amici. In secondo luogo ti senti più grande della comunque giovane età che hai, perché sei diventato maestro di sci, per certi versi la chiusura di un cerchio, di un percorso bellissimo anche per chi non ha sfondato come atleta, ma ha comunque ottenuto tanto dai tanti insegnamenti ricevuti con la bellezza adesso di poter a tua volta trasmettere questo insegnamento.

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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