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Comuni montani, il Ministro Calderoli annuncia nuovi criteri di classificazione

La montagna, in Italia, è sempre esistita prima delle definizioni.
È stata paesaggio, fatica, isolamento, presidio umano. È stata cultura prima che categoria amministrativa. Eppure, per oltre settant’anni, è mancata proprio una cosa essenziale: una definizione chiara e condivisa di cosa significhi essere “Comune montano”.

Alla Giornata Internazionale della Montagna, celebrata a Cortina d’Ampezzo nel cuore delle Dolomiti, questo vuoto storico ha iniziato finalmente a colmarsi.

Nel corso della seconda sessione di incontri tecnici – tra esperti, associazioni di categoria e testimoni della montanità viva – il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, ha annunciato un passaggio atteso da decenni: nuovi criteri oggettivi per la classificazione dei Comuni montani, destinati a ridefinire in modo coerente e realistico cosa sia la montagna italiana. Non un intervento simbolico. Ma un atto strutturale.

Dalla percezione alla misura

Il dialogo con Luigi Borgo, presidente del Collegio dei Maestri di Sci, ha fatto emergere il cuore del provvedimento: la montagna non può più essere solo percezione o retaggio storico, ma deve diventare una condizione misurabile, fondata su parametri chiari e verificabili.

Il primo criterio individuato stabilisce che un Comune possa essere definito montano se almeno il 25% del suo territorio si trova sopra i 600 metri di altitudine e se il 30% della superficie presenta una pendenza pari o superiore al 20%.
Un criterio che restituisce centralità alla morfologia reale del territorio, al suo profilo fisico, alla sua complessità.

In alternativa, un secondo parametro consente la classificazione come Comune montano quando l’altimetria media supera i 500 metri, offrendo una lettura più ampia e meno frammentata dei territori.

Infine, per evitare esclusioni paradossali, viene introdotto un terzo criterio pensato per i Comuni “interclusi”: realtà che, pur non rispettando pienamente i primi due requisiti, risultano interamente circondate da Comuni montani. Una scelta che tiene conto della continuità geografica e della vita reale dei territori, non solo dei numeri.

Il Ministro Calderoli assieme ai prossimi aspiranti maestri. di sci del veneto. che tra un mese avranno l’esame finale

Un paradosso lungo settant’anni

L’intervento del Ministro Calderoli non nasce nel vuoto.
Nasce dalla necessità di risolvere un paradosso tutto italiano: se circa il 35% del territorio nazionale è montano, oltre il 55% dei Comuni figurava fino a ieri negli elenchi ufficiali come “montano”. Una sproporzione che ha generato nel tempo confusione normativa, distorsioni nei finanziamenti e difficoltà nella pianificazione.

Secondo le stime presentate, l’applicazione dei nuovi criteri porterà il numero dei Comuni montani da oltre 4.000 a circa 2.800. Non una sottrazione, ma una ridefinizione più onesta, che restituisce dignità e coerenza alla categoria.

I nuovi indicatori sono il risultato di una sintesi complessa: il lavoro degli esperti, i contributi di Regioni, Province e Comuni, i dati del Libro Bianco sulla montagna, le segnalazioni raccolte negli anni e il rispetto della legge 131 attualmente in vigore.

Un passaggio istituzionale decisivo

Dopo oltre settant’anni di immobilismo normativo, il processo entra ora nella sua fase conclusiva.
Il Ministro Calderoli ha annunciato l’invio del testo del regolamento alla Conferenza Unificata, già nei prossimi giorni, per l’avvio del confronto istituzionale e delle valutazioni formali nella prima seduta utile.

È un passaggio tecnico, ma anche profondamente politico: perché definire la montagna significa decidere come proteggerla, sostenerla e renderla abitabile.

Oltre i confini amministrativi

La scelta di presentare questi criteri a Cortina, durante la Giornata Internazionale della Montagna, non è casuale.
Qui, dove la montagna è ancora vita quotidiana e non cartolina, emerge con forza una verità semplice: le Terre alte non chiedono privilegi, ma riconoscimento.

Riconoscimento della loro complessità, della loro fragilità, del loro valore strategico.
Riconoscimento di un’identità che non può essere diluita in elenchi imprecisi o categorie elastiche.

Per la prima volta dopo decenni, l’Italia prova a dire con chiarezza cosa sia davvero la montagna.
Non per rinchiuderla in una definizione, ma per darle finalmente strumenti adeguati al suo futuro.

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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