Belluno ha un modo tutto suo di custodire la memoria: non la chiude mai in un cassetto. La mette sulle piste, la lascia scorrere come neve nuova sopra storie lunghissime. Così, quando il Grand Prix Lattebusche compie quarantotto anni, non sembra una celebrazione: sembra un rito di passaggio. Un’altra traccia che dal passato spinge verso il futuro.
Sabato 29 novembre, nella sede di Lattebusche, si è respirato proprio questo:
l’idea che una tradizione possa ancora crescere, trasformarsi, parlare a un territorio intero e, quest’anno, perfino all’Europa.
Quasi cinquant’anni fa Ivano Giopp accese una scintilla semplice e rivoluzionaria: creare un circuito per i più piccoli, per i Baby e i Cuccioli, dove competere fosse meno importante che imparare a stare nel mondo con un paio di sci ai piedi. Da allora il Grand Prix è diventato la prima vera palestra emotiva e tecnica di migliaia di ragazzi veneti. Un luogo dove non si cresce soltanto: si diventa.
«Per noi è un onore continuare questa collaborazione con il comitato veneto Fisi» ha detto Matteo Bortoli, responsabile marketing di Lattebusche. Le sue parole non erano rito, ma restituzione: quella tra Lattebusche e la montagna bellunese è una fedeltà lunga settant’anni, una relazione genuina come il territorio che la ospita.
Stefano Longo, vicepresidente nazionale FISI, ha scelto la definizione più esatta: «un esempio virtuoso». Perché un circuito così non sopravvive per inerzia: sopravvive perché è radicato dove serve davvero — negli sci club, nelle famiglie, nei maestri che ogni giorno tengono acceso il motore del movimento. È lì che nasce lo sci italiano. Sempre.
Lo ha ribadito con forza Roberto Visentin, presidente di Fisi Veneto: «Le società, piccole o grandi che siano, sono il vero motore». Cinquant’anni di Grand Prix non hanno cambiato la sostanza: valori solidi, lavoro capillare, unione di intenti. E un orizzonte ancora aperto. «A breve presenteremo altre realtà che si uniranno a noi» ha anticipato Visentin. Perché crescere, oggi, non è un’opzione: è un dovere verso le nuove generazioni.
Il percorso della nuova edizione è imponente.
Ventidue gare per l’alpino, dodici per il fondo. Una stagione che partirà il 20 dicembre con i fondisti e da inizio gennaio con gli specialisti delle porte strette. «Dietro ogni evento c’è un lavoro enorme» ha ricordato Federica Monti, vicepresidente Fisi Veneto e responsabile del circuito. Un lavoro fatto di neve spalata, orari impossibili, volontari, ma soprattutto passione: quella che non si misura, ma si sente.
Le finali — il cuore, la festa, la prova che chiude un anno intero — si terranno dal 13 al 15 marzo tra Falcade e la Ski Area San Pellegrino. A organizzarle saranno tre società trevigiane: Sci Club Montebelluna per il fondo, Uoei Treviso e Sci Club Treviso per l’alpino. Tre realtà che hanno scelto la strada più difficile e più necessaria: la sinergia.
«Oggi collaborare non è più soltanto utile: è indispensabile» ha dichiarato Cinzia Bonetto, presidente Uoei Treviso e referente della sinergia organizzativa. E infatti le finali porteranno una novità importante: l’ingresso del Grand Prix nell’“European Week of Winter Sport”, una cornice che riconosce il circuito come modello di promozione dello sci giovanile e del territorio.
È qui che la storia torna al punto di partenza: ai bambini. A quei ragazzini che mettono il pettorale e non sanno ancora cosa saranno domani, ma sanno già cosa vogliono essere oggi. Veloci, curiosi, liberi.
Il Grand Prix Lattebusche vive da 48 anni per custodire esattamente questo: il destino dei piccoli passi, che poi diventano grandi.






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