È mancato Dorino Bettineschi, “storico” Istruttore nazionale, tra Fink e Bosoni
Se n’è andato a 75 anni Dorino Bettineschi, una figura che non ha solo insegnato lo sci: lo ha interpretato, scolpito, ridefinito. È stato un pioniere della didattica moderna, tra i padri nobili della Supertecnica di Maurizio Bosoni, dopo essersi formato alla scuola severa e illuminata del grande Hubert Fink. Una genealogia tecnica che basterebbe da sola a raccontare il peso specifico del suo sapere, ma Dorino era molto più di una firma nel panorama dell’insegnamento.
Bergamasco di Colere, era uno di quelli che, anche in silenzio, facevano rumore. Un riferimento per generazioni intere, un maestro di maestri, che ha vissuto la neve con la stessa dedizione con cui un artigiano lavora il marmo: cercando la perfezione nascosta nella materia. Alla tecnica ha donato tutto se stesso, anche nel ruolo di rappresentante di articoli sportivi, con quella sua visione completa dell’attrezzo e del gesto atletico.
È stato colonna portante del leggendario team Völkl Italia capitanato dall’avvocato Tullio Romelli Gervasoni, negli anni d’oro dei P9 e P10. Tempi ruggenti, fine Anni Ottanta, in cui lo sci italiano splendeva di luce propria, grazie a una costellazione di nomi che ancora oggi evocano rispetto: Giancarlo Baccon, Roberto Avogadro, Martin Corradini, Lino dal Doss, Riccardo Florian, Giovanni Herin, Arturo Jaquemod, Boris Luzui, Mirko Maistri, Dino Merelli, Patricia Motta, Ermes Pedranzini, Gianni Poncet, Elio Presazzi, Modesto Santus, Gottardo Stuffer, Tommaso Tomasetti, Giuliano Vitton. Un team stellare come non c’è mai stato!
Poi, da padre e maestro, ha costruito un’altra squadra: quella con il figlio Luca, anche lui Istruttore, anche lui rappresentante. Un passaggio di testimone non solo affettivo ma tecnico, perché con Luca ha continuato a confrontarsi, ad aggiornarsi, a pensare lo sci come una scienza in continuo divenire.
Parlava di tecnica con l’ardore del ricercatore, con il rigore del geometra del gesto, con la curiosità di un ragazzo che sa di non sapere. Aveva una predilezione particolare per lo “scodinzolo”, esercizio che considerava fondamento di una sciata raffinata e intuitiva. Lo spiegava con precisione chirurgica, sempre animato dal desiderio di trasformare l’automatismo in consapevolezza.
“Lo scodinzolo – diceva – ha una modalità d’esecuzione identica al superparallelo: si parte però dalla discesa di massima pendenza e i movimenti sono interpretati in modo più rapido e meno evidente rispetto al precedente tipo di curva in conduzione. Il bacino e il busto rimangono rivolti verso la linea di massima pendenza e gli sci s’allontanano di poco dalla stessa”.
Ironico quanto bastava, coerente sempre, difendeva le sue idee con fermezza e intelligenza, guidato da una logica che andava ben oltre la semplice opinione. Non sappiamo quanti maestri abbia formato – sono tantissimi – ma tutti ricordano i suoi “Bravo” ma anche i “Così non va bene!” come motti scolpiti nella memoria, momenti di crescita che hanno lasciato il segno.
Dorino, qui interprete della tecnica anni 65-70
La redazione di Sciare, alla quale Dorino ha dedicato passione, articoli e dimostrazioni, si unisce al cordoglio, onorando un uomo che ha trasformato la tecnica in arte e l’insegnamento in eredità.
Le più sentite condoglianze alla famiglia.
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