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Elezioni Fisi: quando il voto è palese

Il prossimo 12 aprile, quando ancora gli atleti di quasi tutte le specialità invernali si troveranno sui campi di gara per giocarsi gli ultimi podi, a Bologna si deciderà chi governerà la federsci per il prossimo quadriennio. Ci sono tre candidati, l’attuale Presidente Flavio Roda, l’ingegner Pietro Marocco, capo del dicastero delle Alpi Occidentali, e Manuela Di Centa. Come accade sempre nel periodo prossimo alle elezioni, i Comitati si scaldano per ottenere forza e potere. Il Veneto si schiera con Roda, le Alpi Centrali con Marocco. In realtà a loro del presidente interessa relativamente poco, l’importante è che, in cambio di una promessa di voto, i propri uomini entrino a far parte del Consiglio. Così Bortoluzzi invita a votare Roda, ma anche Alberto Piccin e Guido Carli, mentre Carmelo Ghilardi tifa per Marocco ma anche per se stesso e Marco Mapelli. In ballo ci sono poi altri aspetti. Se Cortina riuscirà a ottenere i Mondiali (quarto tentativo), dalla Fis arriveranno un bel po’ di milioni. Di questi alcuni finiranno nelle casse della Fisi, altri sul territorio che li ospita, il Veneto. In questo senso Bortoluzzi, che da sempre ha condizionato il voto nazionale, ha in mano un’arma micidiale. E così pure altri Comitati. Poi c’è il Trentino, che ha già chiesto ai propri sci club di votare per Roda, se non altro per la candidatura della città di Trento (per statuto Cio solo una città può candidarsi), ma in realtà tutta la Regione, alle Olimpiadi del 2026, come ha dichiarato Tiziano Mellarini, Assessore della Provincia. Chiaro che un appoggio del presidente federale sia necessario. E Manuela Di Centa da chi è sostenuta? Da nessuno. Non perché sia antipatica, ma perché non ha elargito promesse e perché si attiene allo Statuto e come la pluricampionessa olimpica sostiene: «Sono gli sci club che votano sia il Presidente che i consiglieri, perché mai io dovrei formare una mia squadra o creare alleanze?». Addirittura si verifica che il presidente del Friuli, Ferrari, abbia dichiarato di volersi candidare da consigliere ma non ha speso una parola su Manuela che è di Paluzza, nel cuore della Carnia! Insomma, Manuela mette solo se stessa, esattamente come quando correva sui binari del fondo dove ci ha regalato 7 medaglie olimpiche, di cui due d’oro, sette medaglie Mondiali, due coppe del Mondo e una trentina (nel senso di 30) di podi. Manuela («voglio restituire alla Fisi le gioie che mi ha dato») in salita è sempre andata come un treno, ma in questo caso l’acido lattico finirà per sfinirla. Non potendo contare sulla forza di un Comitato che può facilmente raggiungere i propri sci club con proclami diretti, sfruttando mezzi e  persone che appartengono non ai candidati ma agli sci club stessi (non ci sembra così etico), la sua forza è il suo programma che è racchiuso in 5 cerchi (uno per ogni punto), guarda caso! Il suo progetto punta in toto ad allargare la base e al concetto di fare squadra. Lo dice anche Roda. Poteva farlo in questi due anni di governo, ma lui stesso aveva annunciato che il biennio di lavoro a sua disposizione serviva più che altro per organizzare la nostra partecipazione a Sochi, ma nel quadriennio successivo una sua conferma avrebbe dato il via a un progetto unitario e fortemente votato all’allargamento della base. Marocco probabilmente scende in campo perché Roda non ha agito in questo senso fin da subito. In realtà molti punti del nuovo Statuto, che dovrà essere approvato nella stessa giornata dell’Assemblea elettiva, sono stati aggiunti o modificati per aumentare il numero degli associati e dare loro agevolazioni. È stato sottoposto all’approvazione degli sci club il giugno scorso, ma si sono presentati in pochi o comunque non in numero sufficiente e lo statuto è rientrato nel cassetto. Se il 12 aprile non si dovesse raggiungere il quorum, sarà un segnale diretto contro Roda. Cosa curiosa. In realtà, allargare la base è un esercizio estremamente dispendioso, soprattutto quando le idee sono poche e antiquate. Ricordiamo che la Fisi è figlia del Coni e al Coni interessano solo le medaglie. Il Presidente della Fisi non ha il compito ma il dovere di portarne a casa il più possibile. Certamente allargare la base significa avere più atleti a disposizione in grado di lottare ai Cinque Cerchi, ma nel frattempo c’è la Coppa del Mondo e poi i Mondiali e il tempo da dedicare ai non agonisti non c’è. E si sa che i successi portano, in teoria, denaro. La soluzione ideale sarebbe avere una federazione sdoppiata, un ramo che si occupa delle gare, l’altro degli sciatori. Mentre si pensa al da farsi, gli atleti diminuiscono assieme agli sci club, ma, delle oltre 1600 società in vita, un centinaio vive bene, duecento tirano a campare, le altre dormono sotto i ponti. La beneamata passione arriva fino a un certo punto e il disamore per chi li rappresenta avanza inesorabile. C’è poca voglia di andare a votare per una sfiducia totale che si manifesta in tutta la sua protesta su centinaia di blog, siti e social network. Per fortuna c’è la magia delle deleghe. Lo sci club consegna la propria scheda elettorale a un altro sci club indicandogli il nome del presidente e dei consiglieri prescelti. Il reclutamento delle deleghe è sistematicamente messo in opera da comitati provinciali e regionali. Cosa accade nella cabina però è ovviamente segreto. È come se alle elezioni politiche consegnassimo la nostra scheda, bianca e intonsa, a un nostro amico che voterà per sé e per noi. Un meccanismo fagocitato dalla provincia e dalla Regione, il cui presidente userebbe i mezzi di comunicazione istituzionali per dire ‘la Lombardia vota per quel candidato’. Ovviamente il meccanismo politico è differente, ma il senso sarebbe proprio questo. Quello sci club che si arrabbia perché non viene aiutato nemmeno nelle piccole cose è il primo poi a dire: «ma sì, fate pure quello che volete». Una specie di sottomissione, di auto castrazione, di autolesionismo. Se invece i Presidenti degli sci club capissero che sono soltanto loro ad avere in mano il potere (se non altro per il mazzo che si fanno), ma non quel potere proprio di chi lo insegue per un proprio vanto personale (purtroppo o per fortuna i soldi qui non esistono), il voto avrebbe un senso maggiore, un peso importante. Che il Radici, il Goggi o il Lecco, solo per citare tre grandi sci club Lombardi, votino per uno dei tre candidati per quello che dicono, propongono e promettono e non perché glielo ha detto il Comitato, in nome di una millantata unità. Così avremmo finito di eleggere un Presidente che ha promesso solo degli incarichi. 

Cari sci club, vi dannate l’anima per stare in piedi, sopportate sacrifici enormi, molte volte per raccogliere una semplice carezza, e ciò vi basta e vi fa andare avanti, fieri, però questo è il momento di dare un senso al vostro voto, di far capire che la vostra esistenza non conta solo un mese prima delle elezioni, ma per l’intera vita. Solo così la vostra passione potrà ottenere il rispetto che merita. 

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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