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Elezioni Fisi, Stefano Longo: l’appassionato, il manager e il piano d’impresa

Elezioni Fisi, Stefano Longo: l’appassionato, il manager e il piano d’impresa
Il programma scritto da Stefano Longo, candidato consigliere laico per la prossima legislatura Fisi è poco meno di 50 pagine. “Sono stato estremamente sintetico, ne occorrerebbero almeno 120”.

Un progetto talmente articolato da assomigliare tanto ai buoni propositi di un Presidente più che di un consigliere laico. “In effetti l’avevo buttato giù con quella prospettiva, poi l’ho convertito per la candidatura a consigliere.

Stefano Longo, classe ’56, di Padova, Presidente di Fondazione Cortina, da quarant’anni è nel settore Assicurativo, attualmente direttore esecutivo della Net Insurance (sponsor degli arbitri di calcio).

Stefano, che programmone…
L’ho mantenuto ben strutturato, perché ritengo possa essere una valida traccia per il prossimo consiglio federale allo scopo di farne un vero e proprio piano d’impresa. Per il quadriennio che ci attende sarà necessario ragionare anche con un’ottica aziendale. Per alcuni aspetti è già così, vedi la gestione amministrativa e finanziaria. Quello su cui invece bisognerebbe lavorare un po’ di più, riguarda l’aspetto culturale, la gestione dei rapporti con i collaboratori, dirigenti, atleti e tecnici. Un progetto di leadership non può prescindere da questo. Dunque, è nato un documento, naturalmente ridimensionato, ricco di suggestioni. 

Ritieni dunque, ci sia bisogno di un Consiglio più “tosto” del solito?
Assolutamente sì, dovrà essere un Consiglio di grande qualità costituito da gente unita, integrata con specifiche esperienze e diverse provenienze professionali, dello sport come dell’impresa. Solo così può evolvere un’organizzazione complessa come quella della Fisi. Poi sono convinto che il sistema della “nostra” federazione non potrà mai essere perfetto, perché si basa sull’evoluzione continua delle persone.

Questo sarà il tuo secondo mandato?
Volevi dire sarebbe? Sì, sarebbe il secondo, usiamo il condizionale perché si tratta di una elezione ed io, a parte la Fisi, ho ricevuto tante cariche ma per nomina e non per scelta di un elettorato.

Sei finito dentro alla “lista” di qualche Comitato?
Il principio delle liste lo vorrei mettere da parte, non mi piace e va a toccarmi su un nervo, quello dell’indipendenza. Cerco sempre di ragionare con piena libertà di giudizio che è anche la prima frase del mio programma. Perché la Federazione, alla fin fine, è lo specchio del suo elettorato. Se è libero lo sarà anche la Fisi. Poi non vivo sulla luna e mi rendo conto che non siamo arrivati a una totale indipendenza perché si tratta di un aspetto culturale. Quindi i Comitati faranno la loro parte.

Cosa ti è rimasto dentro in quest’ultimo quadriennio passato in Consiglio?
La qualità elevata delle persone che ho incontrato e che ho visto evolversi professionalmente, giorno dopo giorno. Persone che – è bene ricordarlo –  si sono assunte un impegno non da ridere con puro spirito volontaristico. Ma nel Consiglio non tutti hanno ricevuto una formazione manageriale nella loro carriera, dunque, il segreto del lavoro di un buon Consiglio è anche quello di prevederla, laddove ve ne fosse bisogno. Insomma, tutti sanno tutto dello sci e degli Sport invernali dal punto di vista tecnico, ma per crescere in qualità credo sia importante fare questo passo. Il nostro apparato tecnico è formidabile, oserei dire imbattibile, ma pensa se potesse offrire anche una formazione manageriale. Ce l’abbiamo in casa! 

Quale approccio dovrebbe avere un neoeletto consigliere privo di questa formazione?
Nella vita bisogna avere l’umiltà di ascoltare, osservare, analizzare. Poi chiedere. Alla fine di questo processo bisogna saper sintetizzare e prendere le proprie decisioni con le relative responsabilità. È quello che ho fatto io in questi quattro anni, ma non perché me lo sono inventato. È quello che fa normalmente un manager quando entra in azienda. L’errore più clamoroso che si possa commettere è iniziare a tirare cannonate a destra e a sinistra. In Federazione ancora di più, dal momento che il tuo prodotto non sono cose ma persone. La presunzione è uno dei mali peggiori che possa investire un dirigente.

Tra i tanti candidati al consiglio molti non lo sono mai stati. In caso di elezione quanto tempo dovrebbero dedicare per assolvere a tale impegno?
SI tratta di un impegno time consuming. Ci sono le presidenze di commissione e gli incarichi sul territorio. Nel quadriennio ci sono i consigli federali (39 nell’ultimno), le consulte (riunione di Comitati), presenza nei consigli regionali quando ti invitano, presenza alle competizioni, ma non solo di Coppa del Mondo, anche regionali e provinciali, dei grandi come dei baby e cuccioli, come rappresentante della Fisi. Poi ci possono essere incarichi ad personam, nel mio caso le sponsorizzazioni. Senza dimenticare le relazioni e l’elaborazione eventuale di progetti che ricalcano il tuo ruolo. Un impegno non indifferente che richiede disponibilità di tempo. Sia chiaro che se non si lasciano le proprie impronte sulla neve per seguire gare, premiazioni ed eventi non capisci nemmeno quello che devi fare, perché fa parte di quel momento di ascolto che accennavo prima. L’assenza provoca due conseguenze: il mancato supporto dell’Istituzione Fisi di cui i club hanno dannatamente bisogno e la realizzazione dei progetti di tua competenza sostenuti soltanto dalla teoria. In questo caso falliscono sempre. Infine, ci sono gli occhi. Devi guardare in faccia le persone se voi capire fino in fondo i loro problemi e necessità. Il lockdown mi è pesato tantissimo in questo senso.

Nel tuo programma si denota un particolare “insistere” sullo sci di fondo…
È uno scandalo storico. Noi, vent’anni fa, alle Olimpiadi del 2002 abbiamo fatto 25 top twenty, otto a Pyeongchang, 4 a Pechino. Non è possibile che un paese che ha generato campione su tutto l’arco alpino, sia ridotto nei termini attuali, ovvero tutto sulle uniche spalle, per fortuna ben robuste, di Pellegrino e De Fabiani. Ci deve essere un progetto finalizzato all’inserimento e all’individuazione di nuovi atleti. Non mi sembra, anzi, non è proprio possibile, che gli italiani siano così cambiati “geneticamente” da non essere più in grado di emergere. È cambiata la mentalità. Probabilmente ancora non si è capito che il fondo è uno sport di sacrificio e di fatica. Se non ti abitui a questo fin da piccolo, magari in Nazionale ci arrivi, ma in campo internazionale finisci dopo la musica. Una situazione a dir poco fastidiosa per uno come me che ha vissuto l’epoca De Zolt e compagni, l’era Di Centa, Belmondo, Paruzzi.

Sacrificio, fatica, tutti qui?
È evidente che, terminato quel periodo storico indimenticabile, la Federazione non ha più aggredito e pianificato. Faccio anche una considerazione personale: mi sbaglierò, ma ho la sensazione che alcuni tra atleti e tecnici, quando arrivano in un Gruppo Sportivo Militare ritengono di aver raggiunto il traguardo. Prendono uno stipendio, entrano in squadra nazionale, si sentono arrivati, psicologicamente si siedono. Lo percepiscono, involontariamente, come un punto di arrivo, anziché di partenza.

Cinque candidati presidenti: sono troppi o è il trionfo della democrazia?
È il trionfo della democrazia, è giusto che non ci siano limiti e che tutti possano mettersi in gara, ma aggiungerei un però. Chi si candida, con un minimo senso di responsabilità, e spero non sia mancato a nessuno dei cinque, deve capire se la sua candidatura può creare confusione istituzionale. È quello che ho pensato io ed è per questo che ho evitato di essere il sesto! È quasi un anno che da più parti mi arriva questa richiesta, ma poi le cose sono andate diversamente è ho virato in corsa. Chi mi conosce sa bene che mai e poi mai potrei sfidare chi di fatto mi ha portato lì. È una questione di lealtà e qualità di rapporto che per me hanno la precedenza su tutto. E poi sarei stato il sesto candidato, immagina un po’ quanta confusione si sarebbe creata in più di quella che già c’è”. Elezioni Fisi, Stefano Longo Elezioni Fisi, Stefano Longo

 Qui sotto il programma di Stefano Longo scaricabile in PDF
Stefano Longo_programma

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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