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Gli strumenti dello psicologo

Saper misurare la testa di un atleta, effettuare cioè uno «screening psicodiagnostico», significa essere in grado di valutare quanto egli è dotato di alcune fondamentali  qualità mentali, come la capacità di memoria, apprendimento, attenzione, concentrazione, adattamento e intelligenza emotiva. Ma non solo, è utile anche conoscere la tipologia delle motivazioni di un atleta, i suoi pensieri ricorrenti, le sue emozioni associate al gesto tecnico e soprattutto il sistema in cui vive e svolge l’attività sportiva (la famiglia, l’allenatore, il gruppo e la scuola). Tra le varie metodologie utilizzate nella psicologia dello sport per acquisire informazioni specifiche dell’atleta vi sono: l’osservazione sul campo, il colloquio e i test. Per quanto riguarda gli sciatori, il primo metodo, l’osservazione sul campo da parte di uno psicologo, risulta essere un po’ difficoltosa da organizzare, oltre che costosa. Possiamo intuire il disagio che potrebbero vivere alcuni colleghi psicologi nel muoversi con sicurezza e disinvoltura sulle piste da sci: freddo, ghiaccio… Tuttavia, vi è un innegabile  vantaggio nell’utilizzo di un’osservazione diretta: l’acquisizione immediata di una numerosa quantità di informazioni utili riguardo ai comportamenti, agli stati d’animo, alle strategie e agli atteggiamenti vissuti dall’atleta. Al contrario, nel comodo studio dello psicologo si svolge il colloquio. È lo strumento più utilizzato nell’ambito della psicologia clinica ed è possibile servirsene anche per la psicologia dello sport, con eccellenti risultati. Durante il colloquio con l’atleta emergono dati riferiti al contenuto verbale, tutte quelle problematiche riferite al vissuto sportivo /agonistico: ansia da prestazione, mancanza di fiducia, conflitti personali, ecc. Inoltre il colloquio porta alla luce tutte quelle informazioni non verbali che accompagnano il discorso della persona: il ritmo, l’intonazione, le pause, la velocità, la postura, i gesti e le espressioni facciali, in particolare lo sguardo. A volte questi due livelli, verbale e non, sono tra loro incongruenti, spesso questo denota un disagio, una difficoltà, un conflitto o semplicemente una menzogna. All’opposto, difficilmente ingannabili, sono i «test carta e matita». Sono costituiti da una serie di domande scritte in cui serve contrassegnare una delle risposte già definite percepita come più vera oppure semplicemente ponendo una crocetta su una scala di valore graduata (ad esempio: assolutamente sì, sì, né si né no, no, assolutamente no) per le domande chiuse. Somministrati nella fase iniziale di screening psicodiagnostico, sono fondamentali per acquisire gli elementi caratteriali sport specifici utili alla conoscenza psicologica degli atleti sciatori. I test sono differenti rispetto all’età dell’atleta, ad esempio, viene utilizzato il disegno per indagare le emozioni associate allo sport, così facendo ci si avvicina al mondo interno del bambino attraverso uno dei canali a lui preferiti, senza rischiare di patologizzarlo. Un altro strumento utilizzato per i più piccoli è il completamento di frasi (Esempio: «Mi piace sciare perché …», «I miei genitori dicono che lo sci …») adatte a individuare le motivazioni allo sport e il sistema famigliare intorno a lui. Per i più grandi (categoria Giovani e oltre) test psicodiagnostici sono volti ad analizzare le capacità cognitive, mnemoniche e prassiche, la loro consapevolezza, il livello di autostima, il locus of control (modalità di attribuzione delle cause agli eventi), la durezza mentale, i vissuti emozionali e le dimensioni predisponenti al flow. Dopo aver misurato la mente (e il cuore) dello sciatore, ogni informazione viene assemblata e integrata per poi redigere il «profilo psicologico» dello sciatore, una sorta di radiografia della personalità dell’atleta, in cui si evidenziano i punti di forza, di debolezza e aree di miglioramento. Da qui è possibile ideare un progetto d’intervento personale (numero e durata degli incontri, esercizi e compiti, ecc.) utile per migliorare le potenzialità mentali dell’atleta e di conseguenza la performance sportiva. In definitiva: la preparazione mentale è simile a qualsiasi altro tipo di allenamento sportivo: l’allenatore osserva, misura (test, cronometro, video), integra le informazioni acquisite, per poi applicare un piano di intervento che sappia correggere i difetti tecnici ed esaltare le risorse dell’atleta, attraverso la pianificazione dell’allenamento. Qual è la differenza? Tutti si allenano in pista, ma quanti allenano la mente?

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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