Henrik Kristoffersen a caccia di record!
Non è facile affermarsi tra i migliori al mondo, arrivare al vertice, e restarci per dieci anni. Non è facile, ma Henrik Kristoffersen c’è riuscito. Dal 2013 il campione norvegese ha ottenuto tanti podi e vinto almeno una gara di Coppa ogni stagione, senza soluzione di continuità. Ha vinto coppe di specialità, titoli mondiali e medaglie Olimpiche, sfidando nelle discipline tecniche, Gigante e Slalom, il Marcel Hirscher delle otto coppe generali consecutive, e ha continuato ad affermarsi dopo il suo ritiro.
Più affamato che mai
Nonostante abbia cominciato a vincere da giovanissimo, ottenendo ai Mondiali Junior otto medaglie di cui sei ori, ed abbia puntato velocemente al massimo circuito, gareggiando poco in Coppa Europa, Kristoffersen ha sempre avuto, ed ha ancora fame.
«Dallo scorso anno ho più fame che mai. Soprattutto rispetto alle quattro stagioni precedenti agli sci Van Deer – Red Bull. Il cambio mi ha dato uno stimolo nuovo. Il focus è andato ancora di più sulla vittoria e sull’essere il migliore. Accedere alle conoscenze di Marcel (Hirscher, fautore del progetto Van Deer – Red Bull) e di tutte le persone che lavoravano con lui e con Red Bull, sono state una grande motivazione per me».
Non che il ragazzo di Raelingen, a Est di Oslo, avesse mai dato l’impressione di accontentarsi, di prenderla con filosofia. Henrik era solito a gesti plateali quando non primeggiava, mostrando e raccontando al mondo quanto ci tenesse a dare il meglio, a essere il più forte.
Ora è in una situazione ideale, perché si ritrova a «lavorare con persone che vogliono vincere, costi quel che costi». Il bilancio del primo anno, il 2022/2023, con un marchio di sci debuttante «è già «pazzesco: oro mondiale, 11 podi, 2 vittorie in Coppa. In questa seconda stagione, con il team di Van Deer – Red Bull, con cui ci conosciamo meglio, siamo riusciti a produrre sci davvero sulle mie esigenze. Stiamo facendo grandi passi avanti. Adesso mi sento ancora più affamato e motivato».
Vittorie, oro olimpico e coppa
Gli chiediamo che cosa ancora voglia vincere, dato che ha già conquistato così tanto, anno dopo anno. Risponde così: «Stenmark ha 86 vittorie, io ne ho 30. Ho ancora molto da fare», con una bella risata. Senza falsa modestia ammette che il suo palmares farebbe invidia a molti.
Snocciola tutti i suoi successi più importanti, con l’attenzione di chi sa di averli guadagnati e meritati sul campo, grazie a costanza e lavoro duro. Poi si ferma. «Ecco, l’oro Olimpico avrei dovuto vincerlo. Avrei dovuto fare meglio in Cina. Ho sciato proprio male sull’ultimo muro, ed è stata solo colpa mia. Ma lo accetto, perché chi ci prova, può anche fallire. Per me l’oro Olimpico sarà un obiettivo e comunque voglio continuare a vincere gare di Coppa, vincere il più possibile. Giocarsi la vittoria é la cosa che mi piace più di tutte».
Se alcuni sportivi evitano volentieri l’argomento record, Kristoffersen non fatica a parlarne apertamente.
«Stenmark ha 40 vittorie in Slalom, noi ne abbiamo 23. Se continuo così ogni anno, per i prossimi quattro o cinque anni, il suo record potrebbe essere alla portata. Vedremo. Ma la cosa più importante è fare del proprio meglio in ogni gara. Ho imparato ad accettare anche un quinto posto, se ottenuto dando il mio massimo. Io punto in alto semplicemente perché so che il mio potenziale adesso non è arrivare quinto».
Che ne pensa della Coppa generale, ancora mai ottenuta, in questa stagione in cui sono in programma più gare tecniche che veloci?
La sua riflessione è più ampia. «Penso che la maggiore differenza tra le discipline sia tra Gigante e Slalom. In passato eravamo molti a primeggiare in entrambe, ora sono quasi tutti specialisti. Quelli che vincono in Discesa e SuperG sono praticamente gli stessi. (Aleksander Aamodt) Kilde e (Marco) Odermatt hanno a disposizione 7 o 8 gare più di me (gareggiando in velocità e Gigante, non in Slalom). Ma non mi lamento per questo».
Ci confessa di come in passato abbia inseguito la classifica generale. «Ci pensavo quando c’era Hirscher. Ho provato a batterlo, ogni anno era il mio grande obiettivo. Ho tentato con tutti gli sforzi possibili, ma non ci sono riuscito, anche se sono stato quello che c’è andato più vicino. Lui era migliore di me, e l’ho accettato».
Prosegue, descrivendo come il suo sentimento verso il sacro Graal dello sci sia cambiato in un preciso momento.
«Alla fine della stagione successiva al suo ritiro ho cambiato prospettiva. Eravamo raccolti in pochi punti, (Aleksander Aamodt) Kilde, (Alexis) Pinturault ed io. Per il Covid, hanno annullato tutte le gare da Kranjska Gora in poi. Gare dove avevo ottime possibilità di rimonta, piste dove avevo già vinto. Mi sentivo forte, gli avversari avevano meno chance di me. Ma tutto si è bloccato e questo mi ha cambiato. Ho imparato a concentrarmi veramente su una gara dopo l’altra. È quello che conta, devi concentrarti a sciare. Prima pensi a sciare, poi fai il bilancio dei risultati».
Un neo papà con radici in Austria
Il 14 luglio è nato il primogenito di Henrik e Sonje, che hanno chiamato Emil Henrik. «Diventare padre è una sensazione indescrivibile, che non puoi paragonare ad altro. L’amore che si prova per un figlio è diverso da tutto. Conosci già l’amore per i famigliari, per la moglie, ma questo è un altro tipo di sentimento», racconta il neo papà.
«Siamo diventati genitori proprio al momento giusto, penso non sia né troppo tardi né troppo presto, siamo fortunati. Sonje sta facendo tutto alla grande, e io ho la possibilità di dedicarmi serenamente alla mia attività». Il piccolo rappresenta per Henrik una motivazione aggiuntiva per la stagione alla porte, e lo descrive come «un bimbo fantastico, dorme anche otto ore a notte. Io mi occupo di lui principalmente la sera e qualche volta quando si sveglia di notte, ma sta andando tutto alla perfezione».
La scelta di abitare a Salisburgo risulta vincente per Henrik, sia per la comodità logistica, che per l’ambito famigliare.
«In inverno posso stare spesso a casa, perché mi alleno poco distante, a Reiterlam, Annaberg, Hinterreit. Dormire a casa è meglio che girare per alberghi, specialmente per chi come me è attivo per molti anni. A casa hai i tuoi affetti, la tua vita, stai meglio e ti riposi, recuperi meglio. La nostra base fissa è ormai in Austria anche d’estate, quando mi alleno al Red Bull Athletes Performance Centre, vicino a Salisburgo. Quando ci capita di tornare in Norvegia siamo ospiti dei miei genitori e dei genitori di Sonje che abitano a pochi minuti di distanza. Quest’estate abbiamo comprato un cottage in Svezia, vicino al confine della Norvegia, a Strömstad, ma solo per trascorrerci qualche periodo di vacanza».
Team no team
La Norvegia conta da anni su super campioni. Dopo l’epoca di Kjetil Andre Aamodt e Lasse Kjus, si sono succeduti grandi protagonisti come Aksel Lund Svindal, Kjetil Jansrud, Aleksander Aamodt Kilde. Ora non c’é un solo fenomeno, ma tanti atleti vincenti in diverse discipline. Gli «Attacking Vinking» sono un esempio studiato dalle altre Federazioni, che magari contano su una base maggiore, ma faticano a portare più atleti ad alto livello.Ci sono numerosi studi sullo spirito solidale e di emulazione che i grandissimi campioni norvegesi hanno cominciato anni fa, chiamato lagføelse, che li mantiene al vertice nello sci.
Ma Kristoffersen pur vestendo gli stessi colori, non fa parte della squadra. Fa vita a sé, si allena da solo, seguito da sempre dal padre Lars.
Gli abbiamo chiesto cosa pensa degli strepitosi successi dei suoi connazionali, come abbiano fatto a diventare tanto competitivi: «C’é stato uno grande sviluppo negli ultimi anni, certamente. I motivi penso siano da ricercare nel lavoro che avviene prima di entrare in nazionale. Con gli Sci Club, i Gymnasium e con i genitori. (Lucas Pinhero) Braathen ad esempio è passato quasi direttamente in Coppa del mondo, come me. Era formato prima di entrare in team. In Norvegia c’é una forte narrativa sulla squadra, ma le fondamenta sono gettate prima, a livello giovanile. E poi c’é qualcosa di speciale con i genitori. Atle (Lie McGrath) ha un padre che correva in Coppa. (Aleksander) Steen Olson ha sempre suo padre a supportarlo e Lucas (Pinhero Braathen) parla continuamente del padre. Il coinvolgimento dei genitori è una costante».
Il suo team personale resterà quest’anno simile al passato. «Oltre a mio padre, c’è lo stesso mio skiman dello scorso anno, è fantastico, Rafi (Raphael Hudler, che prima seguiva Katharina Liensberger). Degli scarponi continua ad occuparsi Hubert. Jojo (Jörg Roten) prosegue con noi come aiuto allenatore, mentre Andreas, dopo tre anni ha deciso di fermarsi con un Gymnasium in Norvegia. Adesso abbiamo con noi Daniel come preparatore atletico. Era da molto che volevo lavorare con lui, da quando era con le ragazze norvegesi e poi con Alice Robinson. Ci conosciamo bene perché sciava e abbiamo studiato allo stesso Gymnasium. Ci sarà lui alla casetta di partenza insieme a me. Stiamo definendo il fisioterapista, che sarà messo a disposizione da Red Bull».
Piccolo incidente di percorso autunnale
«La preparazione è andata abbastanza bene, tra lavoro atletico, sviluppo materiali e allenamento sugli sci, a Saas-Fee e Zermatt. In Sud America abbiamo fatto ottime sessioni e test», ci ha raccontato Henrik, a proposito del lavoro svolto nei mesi scorsi.
Gli sciatori non amano parlare di infortuni e acciacchi, ma Henrik, di solito discreto sui social media e in intervista, non ha problemi a raccontare che nella preparazione estiva ha subito un piccolo incidente di percorso. «A Ushuaia ho rinunciato agli ultimi giorni di allenamento per un’inforcata, una caduta in un allenamento in Slalom». Tornato a metà settembre a casa, a Salisburgo, ha potuto rimettere gli sci solo in questi giorni. «Abbiamo verificato che non ci fossero danni al ginocchio, e risolto un problema muscolare al quadricipite. Non è un infortunio grave, abbiamo perso solo alcuni giorni di sci».
Niente male la sua prima manche nel World Cup Opening di Sölden, poi cancellato: quarto tempo a 59/100 da Marco Schwarz. la caccia ai record è soltanto rimandata!
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