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Italo Panzanini e il filo della passione

Un percorso che unisce sport e vita: dagli anni delle prime gare all’impegno per i giovani, fino al ritorno in pista accanto alle atlete svizzere, dopo una carriera costruita lontano dai riflettori

Vi sono figure che non calcano la ribalta, ma che sorreggono, quasi invisibili, l’architettura di un mondo intero. Lo sci, disciplina in cui il gesto individuale si specchia in un sistema complesso di persone, aziende e istituzioni, conosce bene questi interpreti discreti. Tra loro si staglia Italo Panzanini. Meranese, classe 1974, erede di una famiglia che della neve ha fatto linfa vitale, non rappresenta l’archetipo del campione celebrato. La sua parabola – atleta incompiuto, allenatore devoto, dirigente, manager e oggi skiman – restituisce il ritratto di una passione poliedrica, capace di attraversare decenni di sport e di incarnarne i valori più autentici.

Le radici

La vicenda inizia a Merano, nello storico Sci Club cittadino. Il padre, operaio con un intuito raro per la tecnica, trasmette ai figli l’amore per la neve. Non è maestro né allenatore, ma un artigiano di saperi empirici che si nutre di riviste, libri e osservazioni in pista. Le estati trascorse in tenda sul ghiacciaio della Val Senales diventano rito di formazione: mattinate di sci, pomeriggi di giochi e amicizie. Vacanze essenziali, quasi ascetiche, che incidono caratteri e generazioni.

Lo Sci Club Merano, fondato nel 1960 (nel ‘65 la sezione sci), è la seconda casa dei Panzanini. Ancora oggi Italo ne è presidente, tra riunioni serali e allenamenti. «Non formiamo solo atleti – afferma – ma persone capaci di affrontare la vita con disciplina, rispetto e passione». È la filosofia ereditata dal padre: lo sci come palestra di esistenza, più che come mera competizione.

Sabina, talento e destino

A emergere in famiglia è soprattutto Sabina Panzanini, sorella maggiore, protagonista in Coppa del Mondo negli anni ’90, in un’epoca segnata dal mito di Alberto Tomba e da una rinnovata attenzione mediatica per lo sci. Sabina vince tre giganti, il primo ad Alta Badia nel dicembre 1994, ma la sua carriera è costellata da ostacoli durissimi. Dopo il trionfo altoatesino rimane ferma mesi per un blocco alla schiena; nel 1997, nel pieno della maturità tecnica, conquista due successi consecutivi ma un grave strappo al polpaccio ne compromette la continuità.

«Due volte, nel momento più bello – ricorda Italo – è stata fermata dagli infortuni. È stato difficile, perché aveva ancora tanto da dare».

Sabina rimane comunque un’icona: elegante, combattiva, amata. Per Italo non è soltanto una sorella, ma una compagna di allenamenti, una presenza che segna le vacanze in famiglia trasformandole in giornate di preparazione serrata. La sua parabola sportiva insegna quanto lo sport possa innalzare e, nello stesso tempo, ferire, lasciando tuttavia tracce indelebili nella memoria collettiva.

Dalla pista alla guida dei giovani

Italo stesso gareggia fino alla categoria Allievi, mostrando buone qualità ma senza inseguire il sogno di una carriera assoluta. Gli studi a Bolzano e il servizio militare lo conducono a un bivio inatteso: la possibilità di entrare come skiman nella nazionale italiana di Coppa del Mondo. Un’occasione che svanisce perché il suo comandante lo trattiene alle gare di brigata. Una porta che si chiude, lasciando in lui un rimpianto che resterà a lungo come ferita simbolica.

Terminata l’esperienza agonistica, Panzanini sceglie la via dell’allenatore. Allo Sci Club Merano si dedica ai giovani, poi dal 2006 guida un progetto del Comitato Provinciale di Padova: cinque anni intensi, tra Coppa Veneto e circuiti FIS, che ne consolidano il profilo tecnico e lo mettono in contatto con nuove realtà.

EnergiaPura e la rivoluzione silenziosa

Il vero spartiacque arriva nel 2015, quando lascia la multinazionale in cui lavora e diventa responsabile estero di Energiapura. È il passaggio dall’industria tradizionale al cuore pulsante del mondo sportivo. Non è solo marketing: il rapporto diretto con i campioni di Coppa del Mondo segna un cambio di paradigma.

Marcel Hirscher, Henrik Kristoffersen, Lucas Braathen, Marco Schwarz: non semplici testimonial, ma interlocutori esigenti, capaci di plasmare i materiali. Con loro nasce la rivoluzione dei capi cut resistant, tessuti resistenti al taglio che trasformano la sicurezza da accessorio marginale a valore imprescindibile. I primi prototipi sono ingombranti e poco confortevoli, ma alcuni atleti ci credono subito. Hirscher vuole test e correzioni continue, Kristoffersen pretende due completi all’anno, Schwarz contribuisce allo sviluppo di pantaloni e sottotute sempre più performanti.

«I più forti – osserva Panzanini – sono anche i più sensibili alla sicurezza. Non la vivono come un obbligo, ma come un valore. È stata una rivoluzione silenziosa che ha cambiato il nostro sport».

In quegli anni Energiapura diventa anche simbolo culturale: un marchio italiano capace di distinguersi non solo per qualità tecnica, ma per l’attenzione all’identità dell’atleta, con linee personalizzate e prodotti su misura. Una scelta che rende l’azienda riconoscibile a livello mondiale e rafforza il senso di appartenenza degli stessi atleti.

L’equilibrio tra lavoro e passione

Il ruolo internazionale lo porta a viaggiare costantemente: fiere, distributori, federazioni, parterre di Coppa del Mondo. Eppure, Merano resta il suo porto sicuro. Qui continua a guidare lo Sci Club, a incontrare settimanalmente il direttivo, a organizzare gare giovanili. «Non metto gli sci per me stesso da vent’anni – confessa -. Lo faccio per i ragazzi, per piantare pali o seguire le competizioni».

È la filosofia di una vita: lo sci non forma soltanto campioni, ma persone. «Chi cresce sugli sci impara il senso della fatica, dell’attesa, della sconfitta. Anche chi smette giovane porta con sé una ricchezza che lo accompagna per sempre».

Le ombre del sistema

Dall’osservatorio privilegiato del Circo Bianco, Panzanini coglie anche contraddizioni profonde. «In una gara di Coppa del Mondo partono settanta atleti. Il pubblico paga per vederli tutti, ma a guadagnare sono solo i primi quindici. Gli altri restano invisibili. È come se a teatro venissero pagati soltanto gli attori che pronunciano due battute».

Un disequilibrio che scoraggia i giovani e impoverisce il futuro. «La stagione dura tre mesi, i sacrifici sono enormi, e troppi talenti abbandonano perché non riescono a sostenere i costi. È un peccato, e rischia di diventare un limite strutturale per lo sci».

La svolta svizzera

Nel 2025 arriva il tempo di una scelta radicale. Panzanini lascia Energiapura e accetta di entrare nello staff tecnico della squadra femminile C della Svizzera come skiman. Una decisione che sorprende e commuove, perché chiude un cerchio.

Il suo primo grande passo nello sci poteva essere proprio quel ruolo, tanti anni fa, nella nazionale italiana. Gli venne negato. Oggi, a distanza di decenni, realizza il sogno: non con l’Italia, ma con la Svizzera. «È un salto nel vuoto, ma anche un ritorno alle origini. Rimettere le mani sulla neve è quello che sentivo di dover fare. E quando sono a casa, sono davvero a casa, senza telefonate e mail continue».

È un cambiamento che significa anche più tempo per la famiglia: «Così so che, quando rientro, posso dedicarmi davvero a loro. Non è poco».

Dal 15 settembre Panzanini è dipendente della federazione elvetica: tredici ragazze affidate a quattro skiman, tre sciatori a testa da seguire. Un lavoro concreto, fisico, a contatto diretto con gli atleti, che lo riporta al punto in cui tutto era cominciato.

Un’eredità di passione

Dalla Merano degli anni ’80 ai parterre della Coppa del Mondo, dall’ufficio di una multinazionale ai laboratori di Energiapura, fino al nuovo capitolo svizzero: la vita di Italo Panzanini attraversa decenni di sci con discrezione e fedeltà.

Non cerca riflettori, ma costruisce relazioni, opportunità, esperienze. La sua storia ricorda che lo sci non è soltanto spettacolo televisivo, ma comunità. È un crocevia di persone che offrono tempo, energie e cuore.

E dentro questa comunità c’è anche la nuova generazione. I figli Daniel e Alessandro diventano maestri e allenatori, proseguendo la tradizione familiare. Alessandro custodisce anche una passione inattesa: il modellismo aereo, disciplina che lo consacra campione del mondo. Con lui l’officina di casa diventa laboratorio di precisione: ali e fusoliere al posto degli sci, ma la stessa ricerca del dettaglio perfetto. È un talento che richiede pazienza, disciplina, concentrazione: le stesse virtù che hanno guidato il padre lungo il suo cammino.

Così Italo Panzanini rimane ciò che è sempre stato: un uomo di sport e di valori, custode silenzioso di una passione che non conosce confini. Un testimone prezioso della bellezza e della fragilità dello sci, ma anche della forza educativa che esso conserva, oggi come ieri. r

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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