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La discesa è ancora libera?

Sciare 1 novembre 2010 – Certo, la domanda può sembrare in effetti abbastanza stupida, ma ce la siamo posta dopo aver messo in fila alcune congetture. Per essere banali potremmo dire che non ci sono più le libere di una volta, quando sì che i discesisti dimostravano di avere un pelo fuori dal comune. E non ci riferiamo a quello di residenza. Per essere originali potremmo tirare un sospiro di sollievo che fa così: «E meno male che son cambiate». I materiali, ci mancherebbe, sono mille volte più facili e più veloci, appiattendo un po’ i valori in campo, ma la difficoltà generale sembra essersi limata. E non solo perché si sono spostate le porte direzionali di un paio di metri più in là. Qualcosa dev’essere successo, perché la Streif è sempre quella, così come la discesa del Lauberhorn di Wengen, ma l’atleta, pur utilizzando sci più veloci di qualche anno fa, non sembra affrontare le medesime difficoltà, che emergevano anni addietro. Quelle situazioni che tenevano lo spettatore col fiato sospeso. Quei passaggi che solo un discesista puro sa superare differenziandosi da ottimi interpreti. E questo vale sia per gli uomini che soprattutto per le donne. Sia mai, non vogliamo sminuire il lavoro dei discesisti di oggi, perché per buttarsi giù da lì hanno pur sempre delle gonadi grandi così. Che sia solo un effetto ottico? Oggi le piste di discesa sono molto più larghe e lisce, per cui alcune sensazioni si appiattiscono. Sarà, ma a livello epidermico, la discesa è oggettivamente cambiata. È demoralizzante vedere alcuni passaggi mitici scomparire quasi del tutto. La Steilhang della Streif deve avere un terreno mosso e durissimo, altrimenti diventa «niente». 

Le gobbe di Cammello della Sasslong le vogliamo porre al discesista come un dilemma… ne salto una o due? – oppure facciamo in modo che diventino solo due mammelloni innocui? Ci sono, ma in Tv non si notano. La «S» del Lauberhorn assomiglia più a una «J» . La tremenda diagonale della Carcentina, dove il discesista chiede pietà alle lamine dei suoi sci per salvare le corna, si è trasformata per gli uomini jet in un semplice cristiania a monte. Quand’è così non si divertono più. Ci sta che alcune di queste situazioni siano solo il frutto del caso, determinate cioè dalla neve e dalle temperature, ma forse dietro c’è un disegno. Parrebbe essere questo: la Fis è alla disperata ricerca di personaggi capaci di trascinare l’interesse delle folle per lo sci. Il terreno fertile c’è, ma per creare un super uomo è bene costruire situazioni favorevoli. Non ci sono più la discesa, il superG e il gigante (teniamo a parte lo slalom), ma gare con curve a 80, 100 e 120 all’ora. Chi meglio sa violentare gli sci in queste situazioni vince. Perché ciò accada è necessario togliere dalle libere un po’ di pepe ai passaggi più incasinati per spianare la strada a quegli atleti che discesisti lo sono diventati senza possederne i cromosomi. È il senso del combinatista «parvenu», la figura peggiore che possa andare in scena. A meno che il tuttofare dimostri di avere davvero doti straordinarie, quasi soprannaturali, vedi Bode Miller o ancora meglio Carlo Janka, la rappresentazione perfetta di questo quadro. Nessuno meglio di lui sa sfruttare, grazie a sensibilità e talento, la costruzione degli sci di oggi, perché è capace di trarre il massimo dal motore dei suoi Atomic. Se la gioca con Svindal, sintesi di potenza e precisione, e con Raich, anche se il suo stampo ha già una matrice più antica, ovvero lo slalomista che pian piano riesce a spalmare la sua classe immensa anche in velocità. 
Il problema però è che alcune discese oggi annoiano. Piste larghe e passaggi tecnici limati, creano un «ritmo lento», anche se, per assurdo, l’atleta va più veloce. Se è solo per questioni di sicurezza, chiudiamola qui, senza più nemmeno sfiorare l’argomento, ma ci rimane un sospetto: la Fis sta creando le condizioni migliori per costruire eroi assoluti e quindi personaggi globali. Di un pazzo scatenato che vince tutte le discese e basta non se ne fa più nulla. Ora, poiché quanto detto non è sorretto da statistiche, andremo a fondo della questione, interrogando il Palazzo di Oberhofen. È interesse di tutto il comparto neve poter contare su un campionissimo ma il Super Uomo nasce da sé. Lo è perché lo sarebbe in qualsiasi campo. Sarebbe un peccato togliere la corona alla Regina delle specialità per raggiungere questo sogno. Ecco perché, forse, la discesa non è più libera, ma occupata da interessi diversi. La questione rimane aperta e poiché non ci piace sentenziare, ci limitiamo a provocare. 
È per una buona causa. Liberare la discesa. III

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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