La tragedia di Matteo Franzoso ha scosso in profondità il mondo dello sci alpino. La Federazione Italiana Sport Invernali, riunitasi in sessione straordinaria sotto la guida del presidente Flavio Roda, ha voluto trasformare il dolore in un’azione concreta. Venerdì mattina, il Consiglio federale ha osservato un minuto di silenzio in memoria del giovane discesista piemontese, prima di affrontare un tema che non può più essere rinviato: la sicurezza nelle piste di allenamento.
Un’urgenza non più rinviabile
Il messaggio di Roda e del Consiglio è chiaro: gli standard attuali, soprattutto durante le sessioni di allenamento, non sono più sufficienti. Se in Coppa del Mondo l’organizzazione delle gare garantisce barriere, reti, medici, elisoccorso e protocolli rigorosi, negli allenamenti la situazione cambia radicalmente. È qui che gli atleti si preparano, testano materiali e affrontano situazioni spesso più rischiose delle gare stesse, con margini di sicurezza ridotti.
Da questa consapevolezza nasce una proposta articolata su due fronti: internazionale e nazionale.
La proposta internazionale: piste certificate e condivise
A livello internazionale, la FISI chiede alla FIS di identificare un numero limitato di piste dedicate esclusivamente agli allenamenti di velocità.
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Dove: un paio di tracciati nell’Emisfero Sud per la preparazione estiva, altri in Europa e Nord America per l’autunno e l’inverno.
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Come: le piste dovranno essere omologate e allestite con le stesse dotazioni della Coppa del Mondo: reti di sicurezza A, B e C, fondo curato, vie di fuga sicure, elisoccorso e servizio medico sempre presenti.
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Chi paga: i costi di adeguamento dovranno essere a carico della FIS.
Una volta individuati i tracciati e portati agli standard richiesti, sarà obbligatorio per tutte le Nazionali allenarsi solo su quelle piste, con un calendario condiviso. Anche le discipline tecniche, spesso sottovalutate sul fronte della sicurezza, dovranno adeguarsi agli stessi parametri.
La proposta nazionale: poli di eccellenza in Italia
La stessa logica verrà applicata in Italia. La FISI intende individuare alcune piste di velocità dislocate sul territorio nazionale – dalle Alpi centrali al Nord-Est – da destinare unicamente all’allenamento.
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Chi potrà usarle: non solo le squadre nazionali, ma anche i gruppi sportivi militari, i comitati regionali e gli sci club.
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Chi coprirà i costi: la spesa per le dotazioni di sicurezza sarà sostenuta dalla FISI, con il supporto del Ministero dello Sport.
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Quali dotazioni: reti, vie di fuga, fondo preparato con standard da Coppa del Mondo, elisoccorso e presenza costante di personale medico.
In questo modo, ogni livello del movimento – dai giovani emergenti ai campioni affermati – potrà allenarsi con garanzie di sicurezza finora riservate soltanto alle gare internazionali.
Non solo piste: materiali e ricerca
Il progetto, però, non si limita alla scelta delle piste. La FISI chiama in causa anche aziende e produttori, invitandoli a intraprendere percorsi di ricerca su sci, attacchi, protezioni e sistemi di laminatura. Ogni dettaglio può fare la differenza, soprattutto nelle fasi delicate degli allenamenti, quando si testano materiali nuovi e si spinge oltre il limite.
In particolare, l’attenzione sarà rivolta a:
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sci sempre più stabili e sicuri
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sistemi di attacco capaci di ridurre i traumi in caso di caduta
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protezioni innovative
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nuove tecniche di lavorazione delle lamine per migliorare la gestione delle forze in pista.
Una svolta culturale
Il progetto rappresenta una svolta culturale per lo sci alpino. Fino a oggi, la sicurezza era stata pensata soprattutto per la gara, considerata il momento più esposto. La vicenda di Franzoso ha mostrato con drammaticità che è invece l’allenamento l’anello debole della catena. Portare in quel contesto gli stessi standard della Coppa del Mondo significa cambiare prospettiva: l’atleta deve potersi sentire protetto sempre, non solo sotto i riflettori delle televisioni.
Con questa iniziativa, la FISI prova a guidare un cambiamento che non riguarda solo l’Italia, ma l’intero sci mondiale. L’attesa ora è per la risposta della FIS, che dovrà decidere se raccogliere la sfida e investire sulla sicurezza come valore comune e non negoziabile.
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