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La grande scuola degli sci club

 A me (ma sono pronto a scommettere di non essere il solo) viene spontaneo dividere l’umanità in due macro categorie: chi ha vissuto l’esperienza dello sci club e chi no. Trovandovi, in questa distinzione, molti più significati di chi si ostina a cercare un briciolo di senso nelle vecchie e logore categorie: ebrei e gentili, bianchi e neri, essere di destra o di sinistra. Termini oggi completamente svuotati, come guelfi e ghibellini o come riformisti e conservatori. Faccio solo un esempio: Messner in una bella intervista che vi consiglio («La mia vita al limite») si definisce un riformista, ma in tema di tutela dell’ambiente dice di essere un convinto conservatore. Invece, basta essere in un luogo qualsiasi, meglio se non sciistico, e si percepisce subito chi ha ricevuto un’educazione sportiva e chi no. In spiaggia, al supermercato, in autostrada i non sciclubbisti si distinguono a colpo d’occhio. Primo, perché sono imbranati. In spiaggia possono inciampare sulla sabbia, al supermercato accorgersi di aver dimenticato il portafoglio al momento di pagare, in autostrada viaggiare a 100 all’ora sulla corsia di sorpasso, che se così facessero in coda a uno skilift sarebbero ancora lì chissà da quale stagione. Secondo, perché sono maleducati: sporcano, gridano, fanno i prepotenti, che per loro magari vuol dire avere carattere, ma è vero il contrario. Terzo, perché sono brutti, forse non necessariamente in senso genetico, sono brutti perché, la frase è di Winston Churchill, «non sono baciati dalla simmetria classica tra mente e corpo». Corpi casualmente belli con teste fatalmente vuote; intelligenze brillanti in corpi grossi, grassi, goffi. Chi invece ha frequentato fin da piccolo uno sci club ha una luce diversa. Dei modi di comportarsi differenti. È più sveglio, sa organizzarsi, è indipendente. È educato. Pochi sport hanno tanta attrezzatura come lo sci e tutta necessaria. Chi dimentica un guanto, anche se in pista c’è il sole, non si dimenticherà più nulla per il resto della propria vita. La montagna è una grande educatrice. Certe regole scendono dall’alto naturalmente. Come le cascate di ghiaccio. Forse il senso di certi valori a molti ragazzini sfugge mentre vivono lo sci club, forse talvolta anche qualche genitore non capisce la severità degli allenatori, il loro pretendere impegno, serietà, determinazione, forse non si capisce il significato di allenarsi alle prime luci dell’alba, di sciare in un pendio dove non c’è un raggio di sole, di lisciare la pista dopo ogni allenamento anche se c’è il battipista tra l’altro pagato, eppure sono convinto che alla lunga ciascun ragazzo di sci club intuisce che dietro a tutto ciò c’è uno spirito razionale dalla cui obbedienza si assicura una società più seria, più ordinata; una società di belle persone. Questo è la vera mission di un vero sci club. Chi parla di vittorie, poverino, è di un’altra razza, una sottospecie insignificante. III

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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