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La serie “A” e la serie “B” dello sci

Credo che nello sci dei piccoli esista la serie A e la serie B. Nel mondo dei children, denominazione con la quale si raggruppano la categoria Ragazzi (Under 14) e Allievi (Under 16) c’è una bella discussione in ballo. Bella è un eufemismo. Ci sono molti genitori inviperiti. Non per un fatto o un episodio, bensì per un sistema balordo. Un meccanismo perverso per cui esistono ragazzini di serie A e di serie B. Quelli che hanno una famiglia facoltosa alle spalle e che per i loro figli non badano a spese. Chi invece si affida alla pura giovialità dello sport e non s’importa del risultato. Anche perché non ha altre possibilità. Praticamente la storia del mondo.

C’è il ragazzo che ha dieci paia di sci sotto il letto e chi ne ha uno solo ma talmente bello da considerarlo l’orsacchiotto che gli dorme a fianco. Il primo vince, il secondo perde. Il primo è apparentemente felice, il secondo non capisce perché continua a classificarsi tra gli ultimi. La purezza dello sport va inevitabilmente a farsi benedire. Per un po’ gliela racconti, poi, siccome non è stupido, inizia a lasciare la minestra nel piatto. Allo stesso modo esistono allenatori di serie A e di serie B. La capacità di allenare non ha nulla a che fare.

Non c’è tecnico che non sappia insegnare ai ragazzi ad andare sullo spigolo. Ciò che crea la differenza è la confidenza che l’allenatore si prende con la competizione. Le gare sono gare e in quanto tali bisogna fare il possibile per vincerle. Per cui, se è necessario svegliarsi alle quattro del mattino per mettersi in fila all’impianto così si è i primi a buttarsi nel pali, lo si deve fare. Lo sci è fatica, sudore e massimo impegno. Anche se hai 12 anni. Per cui, quando gli altri hanno appena fatto due giri, quel ragazzino è già in palestra per irrobustire il fisico. Col preparatore atletico naturalmente. Meglio se è personale.

 

L’allenatore di serie B è quello che ha avvisato subito i genitori: «Con me prima viene il divertimento, poi l’aspetto agonistico». Riceve tanti applausi e molta stima. Non per tanto, ma all’inizio è così. Poi padre e madre vedono che il figliolo non è felice di arrivare dopo la musica e allora bisogna cambiare sci club perché quel sistema non funziona. Per questo esiste un mercato degli atleti e degli allenatori. Si chiama business, parola che molti considerano una bestemmia. Lo sci club che ha un ragazzino forte tra i propri affiliati fa da traino per acquisirne altri.

 

Ma anche questa può rivelarsi una scelta infelice. C’è il rischio che quel ragazzino proiettato in un mondo idilliaco con il dovere di vincere non riesca a rendere felice i genitori. Una gara persa è un fallimento, quasi un piccolo dramma. Mamma e papà non danno la colpa ai figli, bensì al quadro tecnico che non ha fatto il massimo per portarlo alla vittoria. E allora ci vuole qualcosa di più. I genitori dei ragazzini di serie B, invece, quando capiscono che il loro figlio non potrà mai diventare di serie A perché non hanno i mezzi economici sufficienti o perché disdegnano questo approccio così estremo, vomitano veleni contro tutto e tutti. Perché loro sono normali e non drogati di adrenalina come gli altri.

Così quei genitori sono dei folli e così pure gli allenatori che approfittano della situazione per campare. C’è da dire che la maggior parte degli atleti giovani di Coppa del Mondo oggi protagonisti è passata da questo sistema così tirato. Staff personale fin da quando erano giovanissimi. Privazione del gioco, scuole private o quanto meno college sportivi, personal trainer, mental coach, skiman nel box di casa e tecnici di prim’ordine. Oggi sono sul podio del mondo. Il ragazzino normale che ha un solo paio di sci, che frequenta una scuola statale, che si allena quando lo può portare su papà e che fa ginnastica con scarpette non griffate, arriva ai vertici solo se è nato fenomeno.

Capita davvero di rado, perché magari ha doti eccezionali ma il rischio che non lo si saprà mai è elevato. Poiché facilmente arriverà il giorno che dirà: «Mi sono stufato di sciare». Ma il fatto è che in quella zona di noia potrebbe ritrovarsi assieme al ragazzino super accessoriato che ha il cervello talmente pieno di obblighi e doveri da vomitarli tutti assieme e di non poterne più. Oppure, se è così forte da resistere, tutto questo potrebbe capitare quando sarà entrato nella categoria Giovani. Dove i castelli diventano case di carte e all’arrivo non c’è nessuno che ti aspetta.

È qui che iniziano a fortificarsi le basi di un futuro promettente o dove il cronometro emette le sue sentenze: «Ci hai provato, ma più forte di così non potrai mai esserlo». «Ragazzo, vai forte, insisti perché stai facendo il salto di qualità». In entrambe le situazioni ci sono diversi profili. Chi da Children era scarsetto ma solo perché doveva crescere e chi da children era un fenomeno ma ha dato talmente tanto prima da non riuscire a dare più nulla dopo.

Dunque che fare? Si può cambiare il sistema children che considera ogni gara una specie di qualifica per poter andare avanti? Il coro è unanime: fate meno gare. Organizzate due circuiti, uno per chi gareggia solo per vincere, dove chi se lo può permettere gioca alla pari. L’altro per chi vuole fare solo del sano sport, con un solo paio di sci, ma senza il tormento di finire nel terzo foglio delle classifiche con un +10 secondi! Non sarà mai un campione però ci sono alte chance che si sia divertito. Ma siamo sempre lì. Un circuito di seria A e uno di serie B. Alla fin fine il sistema è questo e non si può sovvertire. Ma una sonora e bella calmata a tutti non farebbe di certo male. La serie A e


immagini di Alpe Cimbra Fis Children Cup scattate da Raffaele Merler

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).