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Le Slalomiste incomprese

Slalomiste incomprese
Le slalomiste Azzurre, Martina Peterlini a parte, nei due slalom di Levi, non sono riuscite a brillare. Hanno lasciato le simpatiche renne della località lappone col broncio. Attualmente il nostro range viaggia tra la trentesima e la cinquantesima posizione. In un paese dove il valore di uno sport si misura con criterio calcistico, dunque a colpi di tifo, lo scenario che ne deriva è catastrofico.

Chi segue lo sci in televisione è arrabbiato perché questo andazzo dura da troppo tempo. Il commento più benevolo si rifà alla parola disastro e ai suoi derivati a volte anche maleducati.

Dunque, la prima soluzione suggerita dal popolo degli incazzati è quella di cambiare l’allenatore, in seconda battuta rifondare il sistema agonistico nazionale, in terza, darsi all’ippica. La doppia qualificazione ottenuta da Martina Peterlini, con relative seconde manche di pregio, non ha trovato spazio nella benevolenza degli appassionati che si appellano al diritto di critica. Anche l’ex allenatore Azzurro Claudio Ravetto si è reso “socialmente” utile, con una provocazione: «Datele a me».

Nelle ultime tre stagioni la squadra delle slalomiste è passata da Matteo Guadagnini a Devid Salvadori (2022) fino a Roberto Lorenzi. Non ha funzionato (per ora). L’agonismo giovanile sta cercando soluzioni innovative per allontanarsi dal solo risultato e premiare il divertimento al fine di raggiungere l’alto livello con maggiore carica agonistica. Ci vorrà qualche anno per capire se è la strada giusta. Per quanto riguarda l’ippica, si tratta di uno sport troppo difficile da assimilare.

In questa attesa, dove potrà cambiare poco, il nostro fastidio nel sentire e leggere certe cose ha raggiunto il limite massimo di sopportazione. Poiché i numeri inchiodano le nostre slalomiste abbiamo consegnato la causa a un pool di avvocati dell’Antica Grecia, laddove ogni valore si fondava sulla competizione, legati alle virtù dell’eroe di guerra: areté, eudaimonia e dike, ovvero virtù, felicità e giustizia. Partiamo da un concetto basilare: il percorso dello sci che porta all’alto livello non è uguale ad altre attività sportive.

L’atleta deve imboccare una strada che se dovesse essere descritta a priori non verrebbe mai presa da nessuno. Se un 31esimo posto in Coppa del Mondo, seduti sul divano, è una schifezza, per l’atleta può suonare come una conquista. Non una vittoria, ma un passaggio obbligato per aspirare a conquistarla. È l’areté, la virtù, un mix tra carica emotiva e ira, quella che rende l’azione dell’eroe incontenibile sul campo di battaglia. Sintetizza la capacità di combattimento. Possiamo anche dire che le nostre slalomiste sbagliano la linea di curva, sono lente nella fase di cambio, perdono la centralità… ma che siano delle Belle Addormentate proprio no!

Nessuna di loro vive l’alto agonismo tanto per. Non ne varrebbe la pena dal punto di vista, fisico, morale ed economico. Si mettono in gioco anche in mancanza di vittoria perché non si arrendono, perché amano la sfida, perché sanno che senza fatica non si ottiene nulla. Prendono botte da tutte le parti ma non abbandonano il campo perché non sanno tradire.

È questa la loro «eudaimonia», la loro felicità, intesa come scopo fondamentale della vita. Commettono errori tecnici, a volte con una certa insistenza ma non abbandonano mai un comportamento virtuoso e moralmente ineccepibile. Tutto questo viene totalmente nascosto dalla classifica che diventa spietata.

Se però non si capisce che raggiungere il cancelletto di partenza di Levi è di per sé già un’impresa, allora anche un quarto posto diventa una sconfitta. Questo vale anche per l’allenatore, vulnerabile quanto l’atleta, pertanto soggetto a patire eventuali sensi di colpa che intervengono anche se c’è la piena coscienza di aver lavorato con onestà. Allora noi invochiamo Dike, dea della Giustizia, affinché incida sulla neve i principi morali dello sci agonistico.

Le nostre slalomiste meritano di proseguire il loro percorso perché sono l’emblema dell’eroismo che è insito negli sport invernali. Sbatteranno ancora il muso contro qualche palo, ma non si arrenderanno mai anche se dovesse essere chiara l’inutilità della resistenza. Compreso questo, un piazzamento fuori dai top 30, non sarà più una tragedia!

FIS ALPINE SKI WORLD CUP 2023/2024 – Levi Lapland (FIN) – 11/11/2023 –
Vera Tschurtschenthaler (ITA)
Photo: Gio Auletta/Pentaphoto

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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