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Mercato: Angelo Colombo diceva che…

Leggete il pensiero di Angelo Colombo (co-fondatore della Colmar), negli anni ’70, in tempo di crisi. Se sostituiamo alcuni problemi di allora con quelli di oggi, sembra quasi che il tempo si sia fermato… Si tratta di un’intervista che abboamo recuperato dal numero 97 di Sciare…

 – Una giacca vento è un bene di consumo?

E’ un indumento – dice Angelo Colombo  – che ha bisogno di una definizione più spettacolare. E’ un mezzo per la conquista del tempo libero nella nuova mentalità dell’italiano medio, non è un bene di consumo ma qualcosa di più importante., un’aspirazione e un traguardo”.

– E’ stato l’anno dell’austerity, della riscoperta dei pullman, delle targhe dispari, come hanno reagito le giacche a vento a questa crisi?

E’ stato soprattutto l’anno della mancanza di neve. Se fosse nevicato in novembre e in dicembre, la crisi degli sceicchi non avrebbe influenzato il mercato. La neve di gennaio e febbraio ha permesso soltanto un recupero. Però il significato di questa risalita ha un significato importante. Inserisce nel clima di preoccupazione generale e costante dell’industria invernale un dato rassicurante: lo sci e lo sviluppo del settore che riguarda gli sciatori è ancora influenzato soprattutto da un fattore climatico. I grandi problemi economici e politici non hanno toccato lo sci in modo proporzionale alle paure delle industrie. Noi abbiamo notato con sorpresa ai Saloni che il cliente dettagliante si trovava in una posizione molto più ottimistica di quanto avevamo previsto”.

Dal boom dello sci ad oggi l’Italia ha vissuto, a corti intervalli, situazioni congiunturali sempre più aspre. L’espansione degli sciatori è tuttavia stata costante, le crisi non sono mai state un ostacolo. Lo sci all’inizio è stato un hobby e uno sport, poi è diventato un modo di pensare. Per questo ha sempre vinto?

Io credo di sì. Posso pensare che in questo momento di inflazione, quindi di crisi dello stipendio l’italiano stia compiendo delle rinunce per non abdicare alla sua voglia di neve. Ma non è soltanto una voglia di neve. E’ una voglia di non-città, una corsa per allontanarsi dal cemento dei semafori., dal traffico, dai lampioni spenti, dalla nebbia e dal buio. E’ una risposta istintiva a tutto questo”.

– Che tipo di conquista è quella dello sciatore? Se si può dire che è una conquista di libertà, si può anche pensare che forse c’è gente che per questo scopo si trasforma in gente che scia.

“Penso – dice Angelo Colombo – che esistano due tipi di esigenze. Una esigenza sportiva che pretende un equipaggiamento funzionale ed accanto a questa quella che lei definisce voglia di libertà. Ho raccolto qualche dato che posso mettere a disposizione di questa osservazione. La gente va in ufficio col maglione e se il maglione si rompe non fa più vergogna il rattoppo o la pezza di finta pelle. Le etichette sono finite, non c’è la mentalità della divisa, non cè più. I maglioni rattoppati vestono una rassegnazione. Ma quando la gente scappa dalla città e diventa libera, vuole vestire la sua libertà con le cose più belle, lo sci si propone come cerimonia, la montagna è un rito in cui lo sciatore celebra la sua voglia di vivere offrendosi nell’immagine più dignitosa possibile”.

– L’antipopolarità di un’austerity non convincente, forse perché troppo politica, si è scontrata con la reazione dei pullman e dei viaggi collettivi. Lausterity non ha ucciso il turismo invernale, ma cosa c’è nel futuro?

Non lo sappiamo, noi siamo preoccupati per questo. Ci domandiamo fino a che punto lo sciatore possa resistere sotto i colpi dell’inflazione e finoa che punto in chiave industriale si possa fronteggiare una crisi di materie prime. La nostra paura continua”.

– All’estero com’è? L’espansione dello sci è dilagante ovunque. Angelo Colombo dice che l’industria ha scoperto persino nuovi mercati: la Grecia, l’Australia, il Libano. Paesi di poche montagne e di poca neve, dove però si è formata una mentalità che prima non c’era. Non sono soltanto gli italiani che scappano dalle scrivanie e dalle lampade al neon. Laggiù, in quei Paesi, è tutto più difficile. Ma se in Italia sono ritornati i Pullmann dell’era pionieristica, laggiù è stato scoperto,  allo scopo di sciare, l’uso del treno e dell’aereo.

– Chi scappa dalle scrivanie: impiegati, operai, funzionari, studenti?
"Tutti. 

Quest’anno –dice Colombo – è successo anche a me. Abbiamo chiuso la fabbrica per 11 giorni sotot Natale e dopo trentatre anni di soltanto lavoro sono andato con la famiglia a Verbier. E’ stato bello. E’ stato molto bello!

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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