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Morzenti non darà le dimissioni

A poche ore dalla condanna, Morzenti ha rilasciato alla stampa le prime dichiarazioni. Raccogliendole un po’ tutte viene fuori che tutto sommato è andata bene,. Per una delle due imputazioni è stato assolto e i 4 anni e 6 mesi in primo grado sarà facilmente ribaltata in appello. Sostanzialmente non ci sono le condizioni per dimettersi, soprattutto in un momento in cui le cose stanno andando bene e il lavoro assieme al Consiglio sta dando ottimi frutti.
Il prossimo scoglio da superare sarà l’assemblea di giustizia sportiva federale che dovrà esprimersi riguardo alla richiesta del Sai Roma di ricontare tutti i voti dell’ultima assemblea federale che aveva incoronato Presidente Morzenti su Ghilardi.

L’istanza deriva da una querelle sull’assegnazione della delega di voto dello sci club di Frosinone, delega che era stata data al Sai di Roma, sostenitore di Ghilardi, ma era stata erroneamente conteggiata al gruppo Sciatori Subiaco, sostenitore di Morzenti. Si parla di 700 voti che ritornerebbero a Ghilardi. Cosa succederà ora non è ancora dato a sapere, certo è che non dovrebbe passare troppo tempo per capire come la Fisi potrà proseguire nei lavori con una situazione del genere. In teoria, davanti a dimissioni spontanee o costrette, Antonio Noris, attuale Vice presidente vicario, dovrebbe prenderne il posto, anche se Morzenti non ha alcuna intenzione di andarsene.

Per la cronaca (GUARDA IL VIDEO DELLA SENTENZA), La sentenza è arrivata al termine di 9 ore di camera di consiglio. Dal sito locale www.targatocn.it si apprende che la sentenza è giunta al termine di una camera di consiglio durata circa 9 ore, dove si è deciso di condannare anche il co-omputato Maurizio Carboni (finanza) a 7 anni di reclusione. Ecco come sono andati i fatti:

I giudici hanno condannato Caboni per 4 dei 6 capi di imputazione che gli erano stati contestati dal pubblico ministero dott. Alberto Bernardi, e in particolare è stato ritenuto colpevole per la concussione all’imprenditore Valter Lannutti, in merito ai due episodi da quello denunciati, vale a dire il contributo per la partecipazione ad una cena elettorale avvenuta nella primavera del 2004: una cena che gli era stata proposta dal Caboni e a cui Lannutti non partecipò per motivi familiari ma per la quale lasciò ugualmente il proprio contributo di 3000 euro, e per la consegna, avvenuta nel giugno dello stesso anno presso il casello autostradale di Marene, di 15.000 euro, in seguito alla esplicita richiesta di denaro avanzata dal Caboni. Caboni è stato anche condannato per l’episodio di concussione ai danni di Giuseppe Sarvia e Luigi Trigari, i due titolari della Bi.esse di Fossano, ai quali il tenente colonnello chiese la somma di 330.000 euro, somma di denaro successivamente “scontata” a 130.000 euro, per l’interessamento che avrebbe speso nel risolvere una pendenza col fisco che ai due imprenditori era stata contestata nel corso di una verifica avvenuta nel mese di giugno del 2006 e per mettere al riparo l’azienda da altri controlli futuri.
La condanna è venuta infine, questa in concorso con Giovanni Morzenti, per l’episodio che ha visto come accusatore il dott. Francesco Pejrone. I giudici hanno ritenuto attendibile il racconto dell’imprenditore cuneese e hanno giudicato sufficienti i riscontri probatori portati in aula dall’accusa: secondo loro Pejrone fu vittima di un episodio di concussione, la richiesta di denaro affinché il suo nome non entrasse nell’inchiesta presso la procura militare di Torino a carico dell’ex comandante provinciale della Guardia di Finanza Alberto Giordano. Una tutela che Morzenti e Caboni quantificarono in 50.000 euro, consegnati dal Pejrone al Morzenti nell’aprile del 2006.
Caboni è stato invece assolto, perché il fatto non sussiste, dal reato di concussione ai danni del commercialista Stefano Beltritti e del costruttore Osvaldo Arnaudo ( da questo capo d’imputazione è stato assolto anche il Morzenti ); con la differenza che nel primo caso i giudici hanno assolto con formula piena perché il fatto non sussiste, mentre nel secondo caso hanno assolto per il mancato raggiungimento della prova della concussione.
Ad entrambi gli imputati i giudici non hanno applicato le attenuanti generiche e li hanno dichiarati, in base all’articolo 317 bis del codice penale, interdetti in perpetuo dai pubblici uffici. In base alla legge 241/06 sull’indulto per entrambi è stata dichiarata condonata la pena di 3 anni di reclusione. Tutti e due dovranno risarcire le parti lese dai reati dei quali gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli: Francesco Pejrone – 60.000 euro a fronte dei 100.000 chiesti dalla parte civile – e 10.000 euro ciascuno per Giuseppe Sarvia e Luigi Trigari, più le spese di costituzione di parte civile, da liquidare nella somma di 25.000 euro per ognuna. “Una sentenza ingiusta – ha commentato a caldo Maurizio Caboni – “e ricorreremo in appello. Mi risulta incomprensibile la condanna per l’episodio di Pejrone  le cui dichiarazioni sono state prive di fondamento. Per quanto riguarda l’episodio della Bi.esse, mi rendo conto della gravità del fatto compiuto, ma ritengo che sarebbe stato giusto infliggere a me e ai due titolari dell’azienda una condanna per corruzione. L’intera vicenda, in cui sono stato coinvolto insieme a Morzenti  è comunque frutto dell’accavallarsi di vicende non corrispondenti al reale andamento dei fatti”.

La sentenza ci lascia stupefatti e amareggiati – hanno commentato gli avvocati di Giovanni Morzenti, Gianandrea Anfora e Alessandro Ferrero – “Infatti se da un lato assolvendo Morzenti per i capi relativi alle imputazioni mosse da Arnaudo, la sentenza demolisce l’impianto accusatorio cosi come prospettato nella sua interezza dalla pubblica accusa, smentendo completamente la tesi di una continuità e sistematicità delittuosa dell’ imputato, dall’ altro la sentenza lascia del tutto sconcertati per una condanna su fatti che non sono mai stati supportati da elementi oggettivi ma solo dalle discutibili, lacunose e a tratti reticenti dichiarazioni di Francesco Peyrone. Siamo convinti che la corte d’appello porrà rimedio ad una sentenza iniqua e ingiusta. Una sentenza che offusca l’ operato di una persona onesta. Attenderemo le motivazioni e proporremo certamente l’appello”.

 

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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